T.A.R. Lazio Roma Sez. I bis, Sent., 23-05-2011, n. 4461 Trattamento economico

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

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Svolgimento del processo – Motivi della decisione

I ricorrenti, qualificatisi tutti sottufficiali ed ufficiali dell’Aeronautica Militare, Marina o Esercito – lamentano la violazione dell’art. 10 della legge n. 231 del 1990 nella parte in cui l’Amministrazione non ha computato le ulteriori due ore settimanali obbligatorie di servizio ai fini della tredicesima mensilità.

Essi chiedono, in un con l’annullamento della determinazione prot. 66388/1995 e della circolare 22/9/1004, n. 89247:

il riconoscimento del proprio diritto al computo nella tredicesima mensilità del compenso relativo alle due ore settimanali obbligatorie di lavoro ex art. 10, L. n. 231/1990;

la condanna dell’intimata amministrazione al pagamento delle differenze economiche maturate e non percepite, oltre interessi e rivalutazione;

la condanna, in via gradata, dell’amministrazione al pagamento del’indennizzo ex art. 2041 Cod. civ..

Si è costituito il Ministero della Difesa.

In limine, va osservato che a seguito dell’avviso inoltrato dalla Segreteria della Sezione ai sensi dell’art. 9 della L. n. 205/2000 solo alcuni degli originari ricorrenti hanno sottoscritto e depositato in giudizio la nuova istanza di fissazione d’udienza, e precisamente:

A.G., B.G., C.G., F.F., G.G., G.P., G.C., I.F., L.P., G.M., M.P., M.V., M.G., N.P., P.L., P.S., P.G., S.G.F., S.F., S.M., S.C.D., S.S., S.G., S.V., T.P.D., U.F., Z.E., T.A., M.G., M.R., S.M., M.A., T.O., A.E., M.F., P.R., D.A., V.R., F.E., C.G., M.V., S.V., C.L., G.A., S.M., G.P., S.C., C.G.G., L.M., M.D., D.E..

Ne consegue, che nei confronti di tutti i restanti ricorrenti il ricorso in esame va dichiarato perento non avendo costoro presentato una nuova istanza di fissazione di udienza nonostante l’avviso di Segreteria datato 13 marzo 2009.

Nel merito, il ricorso è infondato.

I ricorrenti muovono dalla premessa in diritto che gli emolumenti da essi percepiti a titolo di corrispettivo per il servizio prestato ai sensi dell’art. 10 della L. n. 23171990 devono essere computati nel calcolo della tredicesima mensilità, atteso il carattere di emolumento fisso e continuativo del compenso in questione.

Il Collegio, aderendo alla (ormai consolidata) giurisprudenza amministrativa (cfr. Tar Lazio, sez. I bis n. 2381 del 2009 – Consiglio di Stato, sez. IV, n. 3259 del 2010), reputa il ricorso infondato.

Come chiarito dalla Sezione, la questione per cui è causa, inizialmente definita in giurisprudenza con soluzione favorevole alla tesi propugnata dagli odierni ricorrenti, è stata tuttavia successivamente sottoposta a nuova e diversa valutazione alla luce dell’opposto indirizzo espresso dal giudice di appello (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 13 gennaio 1999 n. 16).

Con tale pronunzia è stato, condivisibilmente, precisato che il compenso per il lavoro straordinario in argomento non può essere considerato come una quota o frazione dello stipendio tabellare, la quale, in quanto volta ad adeguare al maggiore orario settimanale imposto al personale contemplato dalle indicate disposizioni lo stipendio stesso, partecipi alla natura di questo e ne divenga parte integrante.

Lo stipendio tabellare – che pure è rapportato alla durata prestabilita della prestazione lavorativa – non è infatti volto a remunerare la sola quantità del lavoro, ma è determinato sulla base di complessi fattori che tengono conto della professionalità del dipendente e, dunque, della qualità della prestazione stessa.

Per questo motivo, secondo la indicata sentenza, il compenso orario per il lavoro straordinario, di regola, non è proporzionato alla quota di stipendio corrispondente alla unità oraria lavorativa normale "e ciò, anche, per la considerazione che tale lavoro viene ad accrescersi a mano a mano in penosità ed a diminuire, correlativamente, in redditività".

Siffatta differenza ontologica non viene meno per il carattere obbligatorio imposto alla prestazione straordinaria, in quanto il relativo compenso non costituisce semplice maggiorazione stipendiale, ma è determinato sulla base di distinti parametri e, come tale, pur presentando natura retributiva, non è riconducibile alla locuzione "stipendio" di cui all’art. 38 del D.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1032.

Ne deriva che il medesimo compenso, così come connotato, non può essere computato nella tredicesima mensilità.

La giurisprudenza amministrativa, di seguito all’adozione della citata pronunzia del Consiglio di Stato, si è costantemente espressa in modo conforme alle indicazioni precedentemente esposte, non ritenendo computabile il compenso di lavoro straordinario in discorso ai fini della tredicesima mensilità (cfr. ex multis Cons. St. IV^, n. 3812 del 2007; n. 1110 del 2006; n. 6671 del 2003).

Di recente, il Consiglio di Stato (cfr. sez. IV, n. 3259 del 2010) ha ulteriormente precisato che l’indennità in questione ripete la sua natura dal medesimo emolumento in precedenza previsto per gli appartenenti alla Polizia di Stato da cui, appunto, deriva ( d.p.r. 10 aprile 1987 n. 150), e della quale è indiscussa la natura di compenso per lavoro straordinario svolto oltre le obbligatorie 36 ore settimanali, che rappresentano il limite di durata settimanale del servizio anche per l’Arma dei Carabinieri (art. 63, commi 2 e 3, della legge n. 121 del 1981).

Del resto è pacifico che l’obbligatorietà delle due ore di servizio in parola riguarda esclusivamente la prestazione alla quale il militare è tenuto per far fronte alle specifiche esigenze di turnazione del plesso di appartenenza che, ex art. 10, comma 1, legge n. 231 del 1990, viene previamente autorizzata ad avvalersene.

Ciò conferisce alla prestazione in parola, eccedente appunto le trentasei ore di servizio, connotazione di attività aggiuntiva, rispetto a quella normale, di natura straordinaria.

Non vi sono, quindi, ragioni per discostarsi dall’orientamento ormai unanime della giurisprudenza (di primo e secondo grado), in particolare secondo cui "Non è computabile nella tredicesima mensilità la retribuzione delle due ore settimanali supplementari che il personale militare è tenuto a prestare in aggiunta al normale orario d’obbligo di 36 ore, ai sensi dell’art. 5 comma 1 D.P.R. 10 aprile 1987 n. 150, atteso che le stesse hanno natura di lavoro straordinario, essendo il compenso per tale prestazione commisurato a quello per lavoro straordinario a norma dell’art. 10 comma 1 L. 8 agosto 1990 n. 231" (Cons Stato. Sez. III 29 gennaio 2008, n. 3754; Sez. IV, 30 maggio 2005 n. 2764).

I ricorrenti hanno chiesto, in via subordinata, la condanna dell’intimata amministrazione al pagamento dell’indennizzo a titolo di ingiustificato arricchimento ( art. 2041 Cod.civ.).

Anche questa pretesa è infondata.

E’ inconfigurabile, nella fattispecie, l’azione di indebito arricchimento prevista dall’art. 2041, Cod. civ. perché l’actio de in rem verso postula, quale indefettibile presupposto, un’effettiva diminuzione patrimoniale sofferta in conseguenza dei fatti dedotti a sostegno della pretesa mentre nel caso in esame i lavoratori non hanno sopportato alcun depauperamento che li legittimi all’esercizio dell’azione di arricchimento.

Il ricorso in esame va, dunque, in parte dichiarato perento – nei confronti dei ricorrenti che non hanno presentato, ai sensi dell’art. 9 della L. n. 205/2000, nuova istanza di fissazione di udienza – e per il resto respinto, nei confronti dei ricorrenti oneratisi di presentare la nuova istanza di fissazione di udenza e sopra nominativamente indicati.

Le spese di giudizio, liquidate in Euro 10.000,00 (diecimila/00), seguono la soccombenza e restano a carico dei ricorrenti, in solido, nei cui confronti la pronuncia di merito è stata resa.

Per quanto riguarda, invece, il rapporto processuale tra gli altri ricorrenti ed il Ministero della Difesa ciascuna delle parti sopporta le proprie spese nel giudizio ai sensi dell’art. 83 del D.Lvo n. 104/2010.
P.Q.M.

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese del giudizio come in motivazione.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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