T.A.R. Lazio Roma Sez. II, Sent., 23-05-2011, n. 4530

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

l verbale;
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1.- Con il proposto ricorso, meglio indicato in epigrafe, la Signora D.T. ha impugnato il provvedimento con il quale il Comune di Roma le ha ingiunto di liberare l’immobile da lei abitato sito in Roma, alla Via Capparoni nn. 1519 nonché i provvedimenti, prodromici rispetto al provvedimento di sgombero, in virtù dei quali l’immobile da lei abitato è stato dapprima trasferito al patrimonio indisponibile del Comune di Roma dall’Agenzia del demanio e successivamente attribuito al Dipartimento III dall’Amministrazione comunale.

La ricorrente sostiene che la pretesa comunale sia priva di legittimo fondamento di talché il provvedimento di sgombero deve considerarsi illegittimo e di esso, la stessa ricorrente, chiede il giudiziale annullamento, insieme con gli atti ad esso presupposti, oltre al risarcimento dei danni.

2. – Si è costituita l’Amministrazione comunale contestando analiticamente le avverse deduzioni e chiedendo la reiezione del gravame.

Si è altresì costituita in giudizio l’Agenzia del demanio sostenendo la sua sostanziale estraneità alla controversia e quindi evocando il proprio difetto di legittimazione passiva.

3. – Con ordinanza n. 4946 del 23 ottobre 2008 questo Tribunale ha accolto l’istanza cautelare proposta dalla parte ricorrente, al solo scopo (per quanto precisato nella motivazione della decisione) di mantenere integre le garanzie della ricorrente medesima nelle more della decisione del giudice ordinario investito della questione petitoria.

Le parti hanno successivamente prodotto memorie e documenti confermando le già illustrate conclusioni.

Mantenuta riservata la decisione all’udienza di merito del 13 ottobre 2010, la riserva è stata sciolta nella camera di consiglio del 17 dicembre 2010.

4. – La documentazione presente in atti consente di ricostruire, sia in punto di fatto che in diritto, la vicenda sottesa alla controversia qui oggetto di scrutinio.

L’immobile in questione fu fatto oggetto di confisca, con decreto 14 luglio 1987, dal Tribunale penale di Roma e con decreto n. 35791 del 2007 l’Agenzia del demanio lo trasferì al patrimonio indisponibile del Comune di Roma che, a propria volta, lo assegnò al Dipartimento V per essere utilizzato come sede di una casa famiglia (con ordinanza sindacale 16 novembre 2007 n. 96), di talché l’Ufficio competente per la gestione del patrimonio comunale, il Dipartimento III, ebbe ad adottare il provvedimento qui principalmente impugnato, la determinazione dirigenziale 13 maggio 2008 n. 280, con la quale ingiunse lo sgombero dell’immobile confiscato nei confronti della Signora T. e di altre persone. Va precisato che, per quanto si legge negli atti depositati dalla stessa parte ricorrente:

a) il bene rientra tra gli immobili intestati a taluni soggetti, poi condannati dal giudice penale, nei cui confronti fu adottato, in data 1 aprile 1986, un decreto di sequestro penale dalla Procura della Repubblica di Roma, in quanto detti beni costituivano il profitto o provento di reato;

b) l’appartamento in questione fu poi confiscato dal Tribunale penale di Roma in danno dell’intestatario T.P., padre dell’odierna ricorrente.

A questo punto la difesa della Signora T. evidenzia che:

a) la vicenda ha inizio con il procedimento penale a carico del padre della ricorrente Signor P.T.;

b) tra gli immobili sequestrati e successivamente confiscati compare un non meglio identificato appartamento di Via Copparoni n. 15 che non era in proprietà del suddetto ma dei suoi genitori T.G. e M.G.;

c) in seguito al decesso di T.G., avvenuto nel 1986, oltre alla moglie succedevano nella proprietà dell’immobile i figli P. (il padre dell’odierna ricorrente, come si è detto) e R.T.. Alla morte della Signora M., avvenuta nel 2005, i figli di costei divenivano comproprietari;

d) deceduto poi il Signor P.T. nel 2008, l’odierna ricorrente accettava la successione con beneficio di inventario e subentrava nella quota del padre.

5. – Orbene, precisato quanto sopra, la difesa della ricorrente rammenta che non risultano trascritti sull’immobile in questione né il provvedimento di sequestro né quello di confisca, in quanto non identificavano l’immobile che, anni dopo, è stato fatto oggetto dei provvedimenti qui impugnati.

Conseguentemente, quando nel 2007 su segnalazione dell’Agenzia del demanio il Tribunale di Roma ebbe a correggere l’errore materiale contenuto negli atti di sequestro e confisca, l’odierna ricorrente propose ricorso per cassazione eccependo la nullità assoluta del provvedimento adottato.

La Corte di Cassazione, con sentenza 26 marzo 2009 n. 241, annullava con rinvio la decisione del Tribunale di correzione dell’errore materiale. In esito al giudizio di rinvio il Tribunale penale di Roma, Sezione III, con ordinanza 6 ottobre 2009 apportava (nuovamente) la correzione ai provvedimenti di sequestro e confisca onde individuare precisamente l’immobile fatto oggetto dei due suindicati provvedimenti.

Anche tale provvedimento è stato fatto oggetto di un nuovo ricorso per cassazione dalla Signora D.T. (nonché dalla zia R.T.) ed attualmente non è stato ancora deciso.

Sulla scorta del successo giudiziale ottenuto con il primo ricorso per cassazione ed in virtù della attuale pendenza di un nuovo ricorso volto ad ottenere l’annullamento della reiterazione della correzione dell’errore materiale e, quindi, sul presupposto che gli atti identificativi dell’appartamento siano errati, con la conseguenza che l’appartamento abitato dalla ricorrente non è mai stato né sequestrato né confiscato, la difesa di parte ricorrente chiede l’annullamento dell’atto di sgombero.

6. – Il ricorso si presenta infondata e quindi non può essere accolto.

Premesso che nessun dubbio si pone in merito alla sussistenza della giurisdizione in capo al giudice amministrativo a conoscere la controversia de qua, atteso che essa ha principalmente ad oggetto l’asserita illegittimità del provvedimento di sgombero di un immobile acquisito al patrimonio indisponibile del Comune di Roma, per effetto del decreto n. 35791 del 2007 dell’Agenzia del demanio e che, quindi, con detto atto si è inteso esercitare il potere di autotutela con riferimento ad un bene destinato al pubblico servizio, per come emerge ancor più dalla specifica destinazione operata con ordinanza sindacale 16 novembre 2007 n. 96 (cfr., in argomento, pur se a contrario, Cass., SS.UU, 3 dicembre 2010 n. 24563), il Collegio rileva che l’unico presupposto giuridico sul quale si fonda l’intero gravame, costituito dalla asserita erroneità nella identificazione dell’immobile fatto oggetto della procedura di confisca penale e quindi di acquisizione al patrimonio indisponibile del Comune di Roma nella quale sarebbero incorsi dapprima l’Autorità giudiziaria penale, poi l’Agenzia del demanio e quindi il Comune di Roma, in virtù dell’errore originario nella corretta indicazione dell’immobile confiscato al Signor P.T. (padre della ricorrente), è venuto meno per effetto dell’esito del giudizio di rinvio dinanzi al Tribunale penale di Roma, Sezione III che, con ordinanza 6 ottobre 2009, ha indicato nuovamente (come fece in un primo tempo nell’ordinanza del 2007 poi annullata con rinvio dalla Corte di Cassazione con la sentenza 26 marzo 2009 n. 241) e correttamente l’immobile a suo tempo fatto oggetto dei due suindicati provvedimenti di sequestro e confisca e, quindi ed in tal modo, legittimamente pervenuto al Comune di Roma che lo ha acquisito nel patrimonio indisponibile per poi destinarlo ad una casa famiglia.

Deriva da quanto si è sopra osservato, dunque, l’infondatezza dei motivi di censura dedotti dalla parte ricorrente, non potendosi considerare rilevante la mera circostanza che anche il nuovo provvedimento di correzione materiale sia stato sottoposto al vaglio della Corte di Cassazione che ancora non si è espressa sul punto, in quanto non affiorano da tale contesto giudiziario elementi utili per considerare illegittimo il provvedimento di sgombero adottato dal Comune di Roma.

7. – In ragione delle suesposte considerazioni, palesandosi l’infondatezza delle censure dedotte, il ricorso deve essere respinto.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in complessivi Euro 3.000,00 (euro tremila/00), come da dispositivo.
P.Q.M.

definitivamente pronunciando sul ricorso indicato in epigrafe, lo respinge.

Condanna la Signora D.T., a rifondere le spese di giudizio in favore del Comune di Roma, in persona del Sindaco por tempore, che liquida in complessivi Euro 3.000,00 (euro tremila/00), oltre accessori come per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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