Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 15-04-2011) 24-05-2011, n. 20494

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Tribunale di Nocera Inferiore giudicava con il rito ordinario A.G. imputato del reato di estorsione tentata e continuata in danno di B.R. dal quale, mediate minaccia, tentava di costringere e in parte riusciva a farsi versare somme di denaro;

fatti avvenuti in (OMISSIS);

al termine del giudizio l’imputato veniva condannato con sentenza del 17.12.2001 alla pena ritenuta di giustizia;

La corte di appello di Salerno investita del gravame, confermava la decisione impugnata con decisione del 04.05.2010;

L’imputato ricorre per cassazione a mezzo del difensore, deducendo:

MOTIVI:

ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. c) ed e).

1)- Il ricorrente censura la decisione impugnata per violazione di legge ed illogicità della motivazione, atteso che:

– a) – la richiesta di giudizio immediato è stata effettuata fuori dei casi consentiti ed in violazione dei termini previsti dall’art. 454 c.p.p., con conseguente nullità del giudizio;

– b) – era stata rigettata la richiesta di rinnovazione dibattimentale per sentire F.A., presente ai fatti e che avrebbe potuto chiarire le contraddizioni esistenti tra i fatti esposti nella denuncia del B. e la deposizione dibattimentale di quest’ultimo;

– c) – era stata illogicamente ritenuta attendibile la testimonianza della parte offesa che, invece, non lo era affatto;

CHIEDE l’annullamento della sentenza impugnata.
Motivi della decisione

I motivi di ricorso sono infondati.

– Quanto alla violazione dei termini prescritti dall’art. 454 c.p.p. il ricorrente si limita a dedurne l’inosservanza ma non spiega in qual modo si sarebbe consumata la violazione di legge, sicchè il motivo risulta del tutto aspecifico e, come tale, inammissibile.

Ad ogni buon conto, corre l’obbligo di osservare:

– per un verso, che la motivazione impugnata osserva come, in effetti, sia stato indicato in maniera errata il numero dei giorni a disposizione dell’imputato per richiedere il riti alternativi (7 anzichè 15) rilevando, nel contempo ed in maniera del tutto corretta, che tale errore comportava una nullità a regime intermedio, che risultava sanata perchè l’imputato non aveva formulato la richiesta di rito alternativo nei termini di legge;

con tale motivazione la Corte di appello si è uniformata ai principi della suprema Corte, sicchè risulta del tutto incensurabile. (Cass. Pen. Sez. 4, 29.09.2009 n. 41830 – rv.245461).

– per altro verso, la sentenza impugnata affronta l’altro aspetto della questione del rispetto dei termini, disattendendola con l’osservazione che il termine di gg. 90 per la presentazione della richiesta di giudizio immediato, decorre dalla data di iscrizione della notizia di reato come previsto dall’art. 454 c.p.p. e, nella specie era stato pienamente rispettato.

Il ricorrente ripropone nel ricorso il motivo di inosservanza dei termini ma, da un lato solleva l’eccezione in maniera del tutto generica e, dall’altra trascura di confutare la motivazione della Corte di appello ora richiamata, così che il motivo deve ritenersi inammissibile.

Deve, infatti, ritenersi inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi che ripropongono le stesse ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice del gravame, dovendo gli stessi considerarsi non specifici: la mancanza di specificità del motivo, infatti, deve essere apprezzata non solo per la sua genericità, intesa come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, questa non potendo ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificità conducente, a norma dell’art. 591 c.p.p., comma 1, lett. c), all’inammissibilità. Cassazione penale, sez. 3, 19 ottobre 2006, n. 41287.

Ugualmente infondata risulta la censura relativa alla mancata rinnovazione dell’istruzione, atteso che il ricorrente si limita a dedurre che l’esame del teste F. "avrebbe potuto chiarire le confusioni e le contraddizioni" riscontrate tra le dichiarazioni rese dal B. in dibattimento rispetto a quelle rese in sede di denuncia ma non indica in quali termini si sostanzierebbero tali contraddizioni.

La precisazione ora formulata risulta tanto più necessaria in quanto nel giudizio d’appello la rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale è istituto di carattere eccezionale, in relazione al quale vale la presunzione che l’indagine istruttoria abbia ormai raggiunto la sua completezza nel dibattimento svoltosi innanzi al primo giudice.

L’art. 603 c.p.p., comma 1, infatti, non riconosce carattere di obbligatorietà all’esercizio del potere del giudice d’appello di disporre la rinnovazione del dibattimento, anche quando è richiesto per assumere nuove prove, ma vincola e subordina tale potere, nel suo concreto esercizio, alla rigorosa condizione che il giudice ritenga, nella sua discrezionalità, di non poter decidere allo stato degli atti. (Cassazione penale, sez. 4, 06 novembre 2009, n. 43966).

La sentenza impugnata precisa appieno le ragioni per le quali ha ritenuto di poter decidere allo stato degli atti, osservando che la penale responsabilità del ricorrente e la sua identificazione risultavano dalle dichiarazioni della parte offesa B., ritenuto del tutto attendibile perchè riscontrato:

– dall’esattezza del numero di targa indicato in sede di denuncia;

– dall’obiettivo rintraccio dell’ A. a bordo di tale auto in successivi controlli di polizia;

– dalla ricognizione di persona effettuata nei confronti dello stesso A.;

– dalle parziali ammissioni dello stesso A., confermative di alcune delle circostanze riferite dal B.;

Si tratta di una motivazione del tutto congrua, che evidenzia il percorso logico-motivazionale seguito dal giudicante, immune da illogicità evidenti e, pertanto, incensurabile in questa sede;

per converso, le deduzioni difensive si risolvono in valutazioni – in fatto – fondate su interpretazioni alternative delle prove, inammissibili in questa sede, ove in tema di sindacato del vizio della motivazione, il giudice di legittimità non è chiamato a sovrapporre la propria valutazione a quella compiuta dai giudici di merito in ordine alla affidabilità delle fonti di prova, essendo piuttosto suo compito stabilire – nell’ambito di un controllo da condurre direttamente sul testo del provvedimento impugnato – se questi ultimi abbiano esaminato tutti gli elementi a loro disposizione, se ne abbiano fornito una corretta interpretazione, dando esaustiva e convincente risposta alle deduzioni delle parti, in modo da fornire la giustificazione razionale della scelta di determinate conclusioni a preferenza di altre.

Cassazione penale, sez. 4, 29 gennaio 2007, n. 12255.

Segue il rigetto del ricorso atteso che alcune delle questioni proposte, pur se non manifestamente inammissibili, sono comunque infondate.

Ai sensi dell’art. 592 c.p.p., comma 1, e art. 616 c.p.p. il rigetto o la declaratoria di inammissibilità dell’impugnazione proposta dalla parte privata comportano la condanna di quest’ultima al pagamento delle spese del procedimento. Cassazione penale, sez. 6, 03 giugno 1994.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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