Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 15-04-2011) 24-05-2011, n. 20493

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Tribunale di Novara giudicava con il rito ordinario X.X.Y. alias C.D.;

Imputato: – del reato di rapina aggravata consumata ( artt. 110 e 56 c.p., art. 628 c.p., comma 3, n. 1, art. 61 c.p., n. 5) commessa in danno di Y.X. nonchè:

– del reato di tentata estorsione ( art. 56 c.p., art. 629 c.p., comma 2) e:

– del reato di lesioni personali volontarie ( artt. 582 e 586 c.p., art. 576 c.p., n. 1) in danno della predetta parte offesa; fatti commessi in (OMISSIS);

al termine del giudizio l’imputato veniva condannato con sentenza del 26.09.2006 alla pena ritenuta di giustizia;

La corte di appello di Torino investita del gravame, confermava la decisione impugnata con sentenza del 15.04.2010;

L’imputato ricorre per cassazione a mezzo del difensore deducendo:

MOTIVI:

ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b), c) ed e).

1)- Il ricorrente censura la decisione impugnata per violazione degli artt. 143 e 180 c.p.p. atteso che, pur essendo uno straniero alloglotta, non si era provveduto alla traduzione degli atti processuali, a cominciare dal decreto di citazione a giudizio e quindi dell’intero giudizio;

– al riguardo la Corte di appello, investita di tale nullità in sede di impugnazione della sentenza di primo grado, ha ritenuto superata la questione sulla base dell’avvenuta dichiarazione di irreperibilità dell’imputato, circostanza che rendeva non necessaria la traduzione degli atti e del decreto di citazione;

– il ricorrente censura tale motivazione osservando che, in realtà, l’imputato non era irreperibile, tanto che poi il decreto di citazione era stato notificato a sue mani (ma sotto un altro nome) e tanto che il tribunale aveva revocato la dichiarazione di irreperibilità;

– a parere del ricorrente perdurava l’obbligo di predisporre la traduzione degli atti, sicchè l’omissione della traduzione comportava la nullità dedotta;

CHIEDE l’annullamento della sentenza impugnata.
Motivi della decisione

La questione sollevata dal ricorrente è stata affrontata e risolta in sede di legittimità ove, le Sezioni Unite di questa Corte hanno affermato che la mancata traduzione nella lingua dell’imputato alloglotta del decreto di citazione a giudizio, in presenza delle condizioni richieste dall’art. 143 c.p.p., come interpretato dalla Corte Costituzionale del 12.01.1993 n.10, integra una nullità generale di tipo intermedio ( art. 178 c.p.p., lett. c e art. 180 c.p.p.) la cui deducibilità è soggetta a precisi termini di decadenza e che resta sanata dalla comparizione della parte (Cass. Pen. SS.UU. 31.05.2000 n. 12 Rv. 216259).

Nella specie emerge dalla lettura del verbale dell’udienza di costituzione delle parti ( artt. 484 e 491 c.p.p.) che il difensore dell’imputato, presente, non ha sollevato eccezioni di alcun genere ed il giudizio è andato avanti con le richieste istruttorie del PM e difensore, sino alla sentenza;

ne deriva che la nullità in questione risulta sanata ex art. 181 c.p.p., comma 3 atteso che nè l’imputato, all’atto della comunicazione della citazione, nè il difensore durante il giudizio, hanno eccepito la mancata traduzione. (Cass. Pen. Sez. 4, 28.10.2005 n. 14174).

Tale conclusione è assorbente degli altri motivi proposti.

I motivi di ricorso articolati collidono con il precetto dell’art. 606 c.p.p., lett. e) in quanto trascurano di prendere in considerazione principi ormai consolidati della Giurisprudenza di legittimità, sicchè sono da ritenersi inammissibili.

L’inammissibilità dei motivi proposti in diritto ed in fatto riverbera i suoi effetti anche riguardo alla prescrizione di uno dei reati contestati (ex art. 582 c.p.), atteso che l’inammissibilità del ricorso per cassazione conseguente alla manifesta infondatezza dei motivi non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell’art. 129 c.p.p. ivi compreso l’eventuale decorso del termine di prescrizione nelle more del giudizio di legittimità; (Cassazione penale, sez. 2, 21 aprile 2006, n. 19578) corre l’obbligo di rilevare, infatti, che all’atto della pronuncia di appello nessun termine prescrizionale era decorso.

Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità- al pagamento a favore della Cassa delle Ammende della somma di Euro 1000,00, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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