T.A.R. Lombardia Brescia Sez. I, Sent., 23-05-2011, n. 760 Bellezze naturali e tutela paesaggistica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso notificato il 23.4.2010 e depositato presso la Segreteria della Sezione il successivo giorno 10.5.2011, C. SRL impugna il decreto, in data 19 febbraio 2010, del Soprintendente per i Beni Architettonici e per il Paesaggio delle Province di Brescia, Cremona e Mantova, con il quale è stato disposto l’annullamento dell’ autorizzazione paesistica n. 10224 del 14 dicembre 2010 (concernente la pratica edilizia n. 284/09), rilasciata dalla Comunità Montana Parco Alto Garda bresciano ed avente ad oggetto il progetto di realizzazione di un nuovo complesso residenziale in via Panoramica, in Comune di Toscolano Maderno.

La ricorrente articola le seguenti doglianze:

1) Violazione e/o falsa applicazione di legge di legge (art.10 bis L. n. 241/90, art. 159 D.Lgs. n. 42/2004) per omessa preventiva comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’originaria istanza;

2) Violazione e/o falsa applicazione di legge (art. 146 e 159 del D.Lgs. n. 42/2004; art. 4 e 82 DPR n. 616/77; art. 3 L. 241/90; DPCM 12.12.2005 – Deliberazione della G.R. n. 8/2121 del 15.3.2006 -Accordo Ministero Beni Culturali e regione Lombardia 4.8.2006); Eccesso di potere per sviamento della causa tipica e travisamento dei presupposti avendo la Soprintendenza operato una nuova valutazione di merito; Travisamento dei fatti anche in ordine all’asserito difetto di istruttoria e di motivazione dell’atto annullato ed all’asserito contrasto con il vincolo; Difetto di motivazione e di istruttoria del decreto impugnato; Violazione dell’art. 3 L. n. 241/90.

Si è costituita in giudizio l’intimata Amministrazione dei BB.CC., chiedendo il rigetto del gravame.

Alla Camera di consiglio del 23.6.2010 la ricorrente ha rinunciato all’istanza di sospensiva in vista di una ravvicinata fissazione del merito.

Alla pubblica udienza del 15.12.2010 il ricorso è stato, una prima volta, trattenuto per la decisione.

Con Ordinanza collegiale 17.1.2011 n. 126 sono stati disposti incombenti istruttori a carico della Comunità montana, ordinando il deposito di "copia integrale (certificata conforme all’originale) della documentazione afferente alla autorizzazione paesaggistica in data 14.12.2009 trasmessa – con la nota prot. 10227 del 14.12.2009 – dalla Comunità montana Parco Alto Garda Bresciano di Gargnano alla Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici di Brescia, relativa alla pratica n. 284/2009", con rinvio per l’ulteriore trattazione alla pubblica udienza del 20 aprile 2011

In data 3.2.2011 e 21.2.2011 la Comunità montana ha quindi provveduto ad effettuare depositi documentali in esecuzione di detta ordinanza.

Alla pubblica udienza del 20.4.2011 il ricorso è stato definitivamente trattenuto in decisione.
Motivi della decisione

Con il ricorso all’esame, C. SRL impugna il decreto 19 febbraio 2010 del Soprintendente per i Beni Architettonici e per il Paesaggio delle Province di Brescia, Cremona e Mantova, con il quale è stato disposto l’annullamento dell’ autorizzazione paesistica n. 10224 del 14 dicembre 2010 (concernente la pratica edilizia n. 284/09), rilasciata dalla Comunità Montana Parco Alto Garda bresciano ed avente ad oggetto il progetto di realizzazione di un nuovo complesso residenziale in via Panoramica, in Comune di Toscolano Maderno.

In punto di fatto parte ricorrente rappresenta:

– di essere proprietaria in Toscolano Maderno, via Promontorio di un complesso di edifici e aree di pertinenza – di cui ai mappali 1033 e 5952 del fg. 20 e mapp. 2260 del fg. 23, avente superficie fondiara di mq. 2736,

– di aver presentato al Comune, il 27.8.2009, domanda per permesso di costruire un nuovo complesso residenziale con parziale ristrutturazione dell’esistente;

– che il Comune, essendo la proprietà soggetta a vincolo ambientale paesistico, con nota 8.10.2009 prot. N. 15333, comunicava il parere urbanistico favorevole con prescrizioni e la trasmissione della pratica alla Comunità montana del Parco Alto Garda per l’ottenimento del nullaosta paesaggistico;

– che la Comunità montana del Parco Alto Garda, dopo una lunga istruttoria, comunicava, con nota 14.1.2009 prot. 10227, alla Soprintendenza di Brescia la sua approvazione, ex art. 146 e 159 D.Lgs. 22.1.2004 n. 42.

– che il 19.2.2010, con atto prot. N. 1728 la Soprintendenza annullava ex art. 159, terzo comma, l’autorizzazione.

Con il primo motivo si lamenta la mancata comunicazione – ex art. 10 bis L. n. 241/90 – dei motivi ostativi, sostenendo che l’unitarietà del procedimento di rilascio del’autorizzazione comporta che si verta in ipotesi di procedimento ad istanza di parte.

Non può infine esser considerata preavviso di rigetto la nota della Comunità montana n. 10227 del 14.12.2009, di trasmissione alla Soprintendenza, dato che questa, in base all’art. 159 del D.Lgs. n. 42/04, costituisce solo comunicazione di avvio del procedimento.

La doglianza va disattesa.

Infatti, l’art. 10bis non è applicabile al procedimento intrapreso dalla Soprintendenza, secondo la disciplina transitoria ex art. 159 del D. Lgs. 42/2004, in quanto l’iter contempla un riscontro di legittimità del provvedimento emesso da un’altra autorità da compiere entro un termine stabilito a pena di decadenza, e si differenzia dal sistema a regime (e dal procedimento di autorizzazione in sanatoria) che richiedono la formulazione del parere endoprocedimentale (vincolante) del Soprintendente. (cfr. TAR Brescia 2.4.2009 n. 775)

In detta sentenza è stato chiarito che nell’ipotesi in questione il potere viene esercitato, per espressa disposizione legislativa, "fra autorità", mentre la norma invocata dalla ricorrente contempla un’istanza di parte e si correla ad un termine "ordinatorio" per l’esercizio della potestà amministrativa. L’intervento della Soprintendenza investe in linea generale l’attività del Comune ed in particolare la correttezza dell’istruttoria dallo stesso compiuta, così che normalmente è lo stesso Ente subdelegato ad essere sollecitato ad integrare la documentazione mancante o a chiarire circostanze ambigue che emergono da quella ritualmente trasmessa.

In definitiva la sussistenza, nel caso di specie, di un termine perentorio di 60 giorni per l’adozione del provvedimento rende già di per sé incompatibile il preavviso di rigetto con questa peculiare tipologia di procedimento, e in ogni caso l’incombenza in questione non si sostanzierebbe, in realtà, nella comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento della domanda, ma consisterebbe nell’enunciazione delle ragioni per le quali un’autorità ritiene che un’altra amministrazione avrebbe agito illegittimamente (cfr. T.A.R. Sardegna, sez. II, 11.6.2007 n. 1226).

La partecipazione risulta in ogni caso sufficientemente garantita dalla comunicazione di avvio del procedimento, che stimola il contraddittorio e permette l’esercizio dell’accesso procedimentale e delle altre facoltà ex art. 10 della L. 241/90.

In tale senso è del resto la giurisprudenza maggioritaria, la quale ha affermato che non si tratta di procedimento ad istanza di parte, bensì avviato di ufficio dalla trasmissione del provvedimento autorizzativo all’autorità ministeriale (cfr. TAR Salerno, sez. II, 8 luglio 2010 n. 10165; T.A.R. Salerno n 3316 del 25.6.2009; T.A.R. LazioRoma n. 3505 del 23.4.2008; T.A.R. Sardegna n 387 del 10.3.2008; T.A.R. PugliaLecce n. 3288 del 7.6.2006)).

È stato in particolare sottolineato (cfr. Cons. St., Sez. VI, 7.4.2010 n. 1971) che l’interesse pretensivo del privato al rilascio del titolo volto a consentire la modifica al bene protetto si è consumato con la statuizione sulla domanda di autorizzazione. Solo in tale fase, quindi, può ipotizzarsi l’obbligo del preavviso di rigetto, secondo la regola recata dall’art. 10 bis della legge n. 241/1990, e non nel diverso procedimento di secondo grado che coinvolge il rapporto interorganico fra la Soprintendenza e l’autorità locale che ha rilasciato l’autorizzazione paesaggistica.

Con il secondo motivo, complesso, motivo si lamenta che la Soprintendenza avrebbe debordato dai limiti del controllo di legittimità previsti dalla disciplina di legge, operando invece una, non consentita, nuova valutazione di merito, così sovrapponendo le proprie valutazioni circa la compatibilità o meno dell’intervento proposta a quelle svolte dall’ente delegato al rilascio dell’autorizzazione.

Il motivo è fondato.

Sotto un profilo d’ordine generale, deve porsi in rilievo (cfr. Ad. Plen., 14 dicembre 2001 n. 9, TAR Brescia 25.2.2008 n. 153) che l’autorità che esamina una domanda di autorizzazione paesistica:

– deve manifestare la piena consapevolezza delle conseguenze derivanti dalla realizzazione delle opere nonché della visibilità dell’intervento progettato nel più vasto contesto ambientale e non può fondarsi su affermazioni apodittiche, da cui non si evincano le specifiche caratteristiche dei luoghi e del progetto;

– deve verificare se la realizzazione del progetto comporti una compromissione dell’area protetta, accertando in concreto la compatibilità dell’intervento col mantenimento e l’integrità dei valori dei luoghi.

In relazione ai poteri al riguardo spettanti al Ministero, va ricordato che:

– il potere esercitato dall’Amministrazione statale sulla autorizzazione paesaggistica rilasciata dall’autorità regionale (o dalle autorità subdelegate) va definito in termini di "cogestione dei valori paesistici", nel senso che esso costituisce espressione di amministrazione attiva, nell’ambito di un unitario procedimento complesso nel quale la conclusione del procedimento è appannaggio esclusivo all’amministrazione regionale (o a quella delegata da quest’ultima) soltanto nella ipotesi di diniego di autorizzazione, mentre, al contrario, ove l’autorizzazione sia accordata, essa costituisce il presupposto formale la cui comunicazione al Ministero attiva il necessario riesame del contenuto dell’autorizzazione e dà avvio, dunque, ad un’altra fase necessaria e non autonoma, nella quale il Ministero può annullare entro il prescritto termine di sessanta giorni;

– l’Autorità statale può annullare l’autorizzazione paesistica (oltre che per il vizio di violazione di legge in senso stretto e per quello di incompetenza) anche quando risulti un suo profilo di eccesso di potere (per sviamento, insufficiente motivazione, difetto di istruttoria, illogicità manifesta); la medesima Autorità non può, viceversa, annullare l’autorizzazione paesistica sulla base di proprie considerazioni tecnicodiscrezionali, contrarie a quelle effettuate dalla Regione o dall’Ente subdelegato;

– l’esame della domanda di autorizzazione paesaggistica da parte dell’Autorità statale deve essere coerente con il piano paesistico (ove sia stato emanato), si deve basare su un’idonea istruttoria e deve rendere un’adeguata motivazione (da cui devono risultare le ragioni poste a base della affermata prevalenza di un interesse diverso da quello tutelato in via primaria) e deve tenere conto del principio di leale cooperazione che in materia domina i rapporti tra il Ministero e le Regioni.

Fatta questa premessa sull’ambito del potere riconosciuto all’Amministrazione statale dei BB.CC., può procedersi all’esame delle concrete modalità di esercizio posto in essere nella fattispecie portata all’esame del Collegio.

Il provvedimento impugnato imputa all’autorizzazione paesaggistica rilasciata dalla Comunità montana sia carenze istruttorie sia difetto di motivazione circa la sussistenza di compatibilità del progetto in ordine ad una serie di rilievi.

Sotto un primo profilo, la Soprintendenza ha formulato rilievi sulla completezza della documentazione presentata, sostenendo la mancanza di:

– "una descrizione anche attraverso estratti cartografici dei caratteri paesaggistici del contesto e dell’area di intervento";

– inquadramento dell’ area di intervento (rilievo planivolumetrico e tavola di PRG);

– rendering fotografico anche dal Lago;

– effetti delle trasformazioni dal punto di vista paesaggistico;

– testo di accompagnamento;

– opere di mitigazione.

Il rilievo è smentito per tabulas.

Il Collegio, con l’ordinanza collegiale n. 126/11, ha disposto l’acquisizione agli atti del giudizio della documentazione inviata dalla Comunità montana del Parco Alto Garda alla Soprintendenza di Brescia.

In esito a detto incombente istruttorio è stato così possibile rilevare che risultano trasmesse all’Amministrazione statale sia la relazione paesaggistica predisposta dall’arch. Bonaspetti per conto della committente sia le tavole progettuali dell’intervento.

Come posto in luce dalla C. SRL, la predetta relazione (prodotta anche dalla ricorrente come doc. n. 8) illustra lo stato attuale con varie fotografie e con estratti di antiche mappe e pone particolare attenzione alla ricostruzione storica (cfr. la ricerca catastale descritta a pag. 6 e 7), mediante la quale sono state indagate le varie stratificazioni temporali, permettendo di ricostruire la situazione originaria del comparto de quo. Nella relazione sono poi presenti diversi rendering (cfr. alle pagine 121314151617) e le trasformazioni indotte sono descritte alla pagina 12 in apposito paragrafo dal titolo: "Impatti sul paesaggio delle trasformazioni proposte".

Infine, la Relazione paesaggistica indica le opere di mitigazione previste alla pag. 17 (così riassumibili:

demolizione dei volumi sul retro della chiesa con il recupero delle visuali, che l’attuale edificio preclude;

recupero e riqualificazione dell’area ora occupata dal fabbricato, dietro la chiesa;

demolizioni di tutti gli edifici fatiscenti presenti sul lotto;

particolare attenzione si è posto nella ricostruzione del corpo di fabbrica parallelo alla chiesa, che viene arretrato (distanziato) rispetto all’attuale posizione della stessa;

accentuando l’effetto prospettico e valorizzando il cono ottico dalla strada pubblica;

– messa a dimora nelle fioriere, ricavate lungo la facciata verso la chiesa, di piante sempreverdi tipiche della zona, quali oleandri, lecci, olivi;

– riduzione complessiva della superficie coperta del complesso rispetto all’attuale).

Sotto altro profilo, la Soprintendenza prospetta la totale inidoneità della motivazione addotta dalla Comunità montana per argomentare il favorevole parere di compatibilità paesaggistico dell’intervento edilizio in questione, sostenendo che, per effetto della lacunosa disamina della situazione posta in essere, si sarebbero trascurate una serie di criticità.

Anche tale asserzione della Soprintendenza non regge però al vaglio critico.

Con il decreto 14.12.2009 del Responsabile del Servizio urbanistica e assetto del territorio della Comunità montana è stata rilasciata l’autorizzazione paesaggistica, visto il parere espresso dalla Commissione per il paesaggio nella seduta del 2.12.2009 (allegato alla stessa). Va rilevato che detto atto è stato rilasciato all’esito dell’istruttoria svolta dal Tecnico incaricato dalla Comunità montana (che viene allegata a detto atto "e ne costituisce parte integrante") ed aver "accertato che le opere previste sono conformi ai contenuti di cui al Piano Territoriale di coordinamento approvato con DGR 1 agosto 2003, n. 713939;" nonché " – la compatibilità rispetto ai valori paesaggistici riconosciuti dal vincolo; – la congruità con i criteri di gestione dell’immobile o dell’area, – la coerenza con gli obiettivi di qualità paesaggistica".

A sua volta detta Commissione paesaggistica (cfr. il verbale n. 7 prodotto a seguito di istruttoria collegiale) ha effettuato le seguenti valutazioni:

" La Commissione procede alla valutazione della documentazione presentata in data 8102009protocollo 8052 e successivamente integrata in data 1122009 con protocollo 9885.

Ambito collocato all’estremo sudest del conoide verso Maderno. Il contesto è caratterizzato da costruzioni residenziali di tre/quattro piani realizzate negli anni 1970/1980.

Il complesso immobiliare oggetto di intervento è rappresentato da edifici eterogenei, nei quali gli elementi con ostativi, valutati anche attraverso il sopralluogo effettuato dalla commissione del paesaggio in data 28102009, sono riconducibili al sistema di relazione tra l’edificio d’angolo e la chiesetta, nonché al muro lungo la strada che "costituisce" il tessuto. Parimenti evidente la fatiscenza degli edifici interni, privi di valenze formali e architettoniche che contribuiscono alla definizione di un complessivo quadro di degrado, esaltato dalla presenza di manufatti incongrui (tettoie, depositi ecc.) e matericamente approssimativi, addossati sul retro della citata Chiesetta.

L’intervento, attraverso la complessiva riorganizzazione del tessuto, propone nuovi volumi, in parte collocati sugli originari sedimi e in parte distribuite sull’area verde adiacente. Uno schema aggregativo che assume come riferimento d’impianto l’edificio d’angolo sulla strada.

Un approccio sostanzialmente condivisibile, accompagnato dalla completa eliminazione di manufatti addossati alla chiesetta oltre ad una oggettiva riqualificazione del contesto. Ciò compensa il permanere di alcuni rischi connessi all’intasamento degli spazi verdi nonché una certa approssimazione di rapporto tra nuovo edificato e muro fronte strada che, tuttavia, viene mantenuto.

Il tema dell’interpretazione formali, con specifico riferimento all’edificio d’angolo (preesistenza mantenuta), appare condotto in modo sufficientemente coerente.

L’equilibrio complessivo risulta sostanzialmente mantenuto, come pure le gerarchie consolidate, seppur a fronte di un leggero sopralzo, esplicitamente dichiarato dell’edificio d’angolo.

L’interpretazione dei nuovi volumi riprende architipie recenti già presenti nel contesto di riferimento, declinando taluni stilemi d’ispirazione classica. L’insieme, pur con le insidie connaturate le vocazioni formali di questo tipo, può considerarsi sostenibile.

Tuttavia necessaria una valutazione specifica su un quadro cromatico di riferimento che dovrà essere affrontata concordato preliminarmente con la commissione del paesaggio.

Alla luce di quanto sopra, l’intervento può ritenersi assentibile sotto il profilo paesistico.".

Come si vede, la Commissione paesaggistica ha descritto la preesistenza e le caratteristiche dell’intervento edificatorio, ne ha rilevato alcune criticità pervenendo alla formulazione di compatibilità con il vincolo.

In tale contesto, risulta evidente che- andando al di là dei poteri ad essa conferiti dall’art. 159 D.Lgs. n. 4204 – la Soprintendenza tende ad sostituire una propria valutazione (ulteriore e diversa) di merito a quella posta in essere dalla Comunità montana.

Le argomentazioni svolte dalla Soprintendenza circa lo stato dei luoghi e gli effetti prodotti dall’intervento paiono poi più frutto di astratte considerazioni (pur in sé condivisibili) che di una ponderata disamina dello stato dei luoghi. Al riguardo basti richiamare quanto emerge dalla doviziosa documentazione fotografica versata in atti dalla parte ricorrente.

In ogni caso, va rilevato che l’area su cui è previsto l’intervento edilizio – che dista dal lago circa 220 ml. ed è collocato sulla parte piana del Promontorio di Maderno (v. sezione ambientale tav. 16/17; doc. n. 10) – non è inserita nel Centro Storico ed è classificata B3 di completamento. I fabbricati, inoltre, sono schermati dal lago da due costruzioni, da una cortina verde di olivi e da piante sempreverdi.

Conclusivamente il gravame va accolto.

Le spese di giudizio, liquidate come da dispositivo, vanno poste – alla stregua del principio victus victori – a carico della resistente Amministrazione.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Prima) definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo accoglie e, per l’effetto, annulla l’atto impugnato.

Condanna l’Amministrazione statale resistente al pagamento delle spese di giudizio a favore della ricorrente, che liquida in complessivi Euro 2.300 oltre IVA e CPA.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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