Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 14-04-2011) 24-05-2011, n. 20512

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Corte d’appello di Napoli, con sentenza del 25 febbraio del 2010, confermava quella resa con il rito abbreviato il 23 settembre del 2009 dal giudice dell’udienza preliminare presso il Tribunale della medesima città, con cui G.V. e R.M. L. erano stati condannati alla pena ritenuta di giustizia, quali responsabili, in concorso di circostanze attenuanti generiche, di detenzione e cessione di eroina. Fatti commessi in (OMISSIS).

La vicenda è stata riassunta dai giudici del merito nella maniera seguente.

Gli investigatori, avendo appreso da fonte confidenziale che presso l’abitazione dei coniugi R. si verificava un intenso traffico di stupefacenti, effettuarono degli appostamenti nel corso dei quali, il (OMISSIS), notarono entrare un giovane nel palazzo dove abitavano i coniugi R. e uscirne poco dopo.

Il giovane, accortosi della presenza delle forze di polizia, si diede a precipitosa fuga facendo perdere le proprie tracce, ma gettando lungo il tragitto un involucro che risultava contenere 1,5 grammi hashish ed un biglietto con sopra annotato " V., L. (OMISSIS)", vale a dire i nomi degli odierni imputati e il numero della loro utenza telefonica. Sulla base di tale dato ebbe inizio un’attività d’intercettazione che consentì di registrare fin dall’inizio un intenso traffico telefonico: in pratica i predetti coniugi avevano alternativamente una serie di contatti con molteplici interlocutori tra i quali anche soggetti pregiudicati per reati materia di stupefacenti. In particolare nella serata del 10.1.2008 venne intercettata una conversazione tra G.V. e P.A. a cui fece seguito un contatto tra il primo e T.F. nel quale si concordò un incontro allo stadio (OMISSIS). Gli investigatori seguirono quindi il G., il quale prima si incontrò con il P. e poi con il T. al quale cedette qualcosa. La successiva perquisizione del T. a bordo di Audi A3 consentì di trovare e sequestrare un panetto di hashish per un peso di gr. 98,20, che, per caratteristiche e dimensioni, corrispondeva proprio alla tavoletta consegnata dal G.. Inoltre, mentre il T. si trovava presso gli uffici della polizia ricevette una telefonata dal G. che non ricevendo risposta, si era reso evidentemente conto che il trasporto non era andato a buon fine tant’è che allertò la moglie dicendole di togliere tutto di mezzo . Inoltre da un controllo effettuato dopo l’ascolto di un dialogo intercettato tra Ri.To. e C.G., dal quale emerse che i due si erano organizzati per l’acquisto di un quantitativo di stupefacente, gli investigatori accertarono che l’auto con a bordo i predetti Ri. e C. si era fermata per un lasso di tempo davanti all’abitazione dei coniugi G.. Dall’auto era sceso il Ri. per poi risalirvi e procedere alla divisione dello stupefacente verosimilmente acquistato dai G.. La P.G., effettuato un controllo , rinvenne i due giovani in possesso di cinque grammi di hashish Nella circostanza il Ri. riferì di essere assuntore di droga e cliente abituale dei coniugi G. – R.. Da un’ulteriore intercettazione emerse che R.M.L., parlando con una donna che le era accanto, fece espliciti riferimenti ad una loro (sua e del marito) attività di spaccio di hashish.

Sulla base di tali elementi è stata affermata la responsabilità di entrambi gli imputati.

Ricorrono per cassazione gli imputati per mezzo del proprio difensore deducendo:

1) la violazione dell’art. 417 c.p.p., lett. b) già proposta davanti al giudice dell’udienza preliminare per l’indeterminatezza del capo d’imputazione: assumono che nella prima parte del capo d’imputazione si parla genericamente di condotte illecite e nella seconda parte di fatti estranei al procedimento penale;

2) violazione dei criteri di valutazione degli indizi ed insufficienza di motivazione sul punto in quanto gli elementi emergenti dalle intercettazioni telefoniche e dagli appostamenti non sono gravi precisi e concordanti con riferimento a tutti e tre gli episodi ritenuti in sentenza;

3) violazione di legge ed omessa motivazione sul ruolo svolto dalla R., la quale tutt’al più potrebbe considerarsi connivente, ma non concorrente; infine sarebbe stata esclusa immotivamente l’invocata attenuante di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5.
Motivi della decisione

Il ricorso va respinto perchè infondato con la conseguente condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

Con riferimento al primo motivo va anzitutto ribadito quanto già affermato dai giudici del merito ossia che ,una volta instaurato il giudizio abbreviato incondizionato, senza che vi sia stata alcuna modificazione dell’accusa da parte del P.M. e senza che il giudice abbia rilevato vizi nella formulazione dell’imputazione, non è consentito all’imputato eccepire in sede di discussione la nullità della richiesta di rinvio a giudizio per genericità (Cass. sez 6, n 23771 del 20/02/2009 – 09/06/2009; Cass 2 Marzo del. 2005, Cifarelli, rv 214066; 4 febbraio del 2009 rv 242884).

Va rilevato poi che l’eccezione ancorchè tempestivamente formulata, è comunque infondata perchè non esiste alcuna genericità ,come già rilevato dai giudici del merito. Invero ai coniugi si era contestato di avere con condotte plurime, poste in essere in esecuzione di un medesimo disegno criminoso,acquistato,detenuto e trasportato sostanze stupefacenti del tipo hashish e si è precisato che il G. si forniva da P.A., per il quale si procedeva separatamente, e si avvaleva dell’ausilio di altre persone nominativamente indicate, tra le quali figura anche T. F. nonchè per avere ceduto a terzi la sostanza acquistata e tra i vari acquirenti si sono indicati Ri.To. e C. G.. Nel capo d’imputazione si sono richiamate inoltre le intercettazioni telefoniche ed i verbali di appostamento dai quali era possibile individuare nel dettaglio i fatti menzionati nel capo d’imputazione. E’ quindi palese che non si tratta d’imputazione assolutamente generica, in quanto si è fatto riferimento agli elementi essenziali del reato,quali la descrizione del fatto, la sua qualificazione giuridica e la corretta individuazione degli imputati Inammissibile è il secondo motivo perchè si risolve in censure in fatto in ordine all’apprezzamento delle prove. L’affermazione di responsabilità si fonda su indizi gravi e concordanti,quali il contenuto di alcune intercettazioni telefoniche, le dichiarazione di qualche acquirente e gli appostamenti che hanno consentito di constatare le cessioni, come emerge dalla ricostruzione del fatto Infondato è il terzo motivo . In proposito si rileva anzitutto che la circostanza di cui all’art. 73, comma 5 trova applicazione allorchè il giudice consideri il fatto di lieve entità in base ai criteri delineati dallo stesso legislatore ossia quando sia tale ,per i mezzi, le modalità e le circostanze dell’azione, per la qualità e quantità della sostanza.

Secondo l’orientamento maggioritario di questa Corte i presupposti su cui si fonda il giudizio di lieve entità deve essere apprezzato in base ad una valutazione globale. Pertanto è necessario non solo che la sostanza stupefacente non superi la soglia della modica quantità,ma anche che il fatto nel suo insieme presenti connotati tali da potere essere definito di lieve entità ossia di minore offensività per la collettività.Nella fattispecie l’attenuante è stata esclusa perchè non si è trattato di cessione occasionale, ma di attività organizzata per il commercio di stupefacenti.

Si osserva poi che la R. non può qualificarsi mera connivente perchè ha coadiuvato il marito nel commercio degli stupefacenti.

Come riferito nella parte narrativa, un acquirente uscito dall’abitazione dei coniugi imputati,alla vista della polizia che era appostata nelle vicinanze,si è disfatto di un biglietto dove erano annotati i nomi dei due coniugi e la loro utenza telefonica.

Il Ri., sempre come risulta dalla sentenza impugnata, ha dichiarato che era cliente abituale non del solo G., ma dei coniugi. Sulla base di tali elementi legittimamente è stato ritenuto il concorso di entrambi i coniugi.
P.Q.M.

LA CORTE Letto l’art. 616 c.p.p..

Rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *