T.A.R. Lombardia Milano Sez. IV, Sent., 23-05-2011, n. 1290 Enti locali Provvedimenti contingibili ed urgenti Sindaco

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

2010, i difensori delle parti, come specificato nel verbale;
Svolgimento del processo

1. Con ricorso introduttivo notificato in data 26 agosto 2010 e depositato lo stesso giorno, la parte ricorrente ha impugnato l’ordinanza del Sindaco del Comune di Milano n. 38/2010 del registro delle ordinanze sindacali, PG. 644777/2010 dell’11 agosto 2010, avente ad oggetto "Misure relative ad attività economiche atte a prevenire e a contrastare il degrado urbano nonché a tutelare la sicurezza urbana e l’incolumità pubblica nell’ambito territoriale denominato area Corso Lodi".

Avverso il predetto provvedimento vengono dedotte le censure di violazione e/o falsa applicazione della normativa statale in materia di provvedimenti contingibili e urgenti adottati dal Sindaco a tutela dell’incolumità pubblica e sicurezza urbana, di violazione e/o falsa applicazione del combinato normativo disposto dall’art. 54, commi 4, 4 bis e 6, del D. Lgs. n. 267 del 2000 e D. M. 5 agosto 2008, di violazione e/o falsa applicazione della normativa regionale e comunale in materia di disciplina degli orari di esercizio delle attività di trattenimento e di svago, di erroneità e travisamento dei presupposti di fatto e di diritto, di difetto di istruttoria, di carenza di motivazione perché meramente apparente, di contraddittorietà ed illogicità manifesta, di violazione del principio di proporzionalità, di eccesso di potere per sviamento dell’esercizio del potere amministrativo rispetto alle concrete esigenze dell’interesse generale dettate dalla normativa invocata dalla P.A., di violazione dei principi generali di imparzialità, buon andamento e trasparenza dell’azione amministrativa e di violazione dei principi generali dell’ordinamento giuridico contenuti negli artt. 2, 3, 41 e 97 della Costituzione.

L’ordinanza impugnata sarebbe illegittima, in quanto difetterebbero i presupposti per la sua adozione sia con riferimento alla zona in cui si trova l’esercizio gestito dalla ricorrente che alla attività svolta dalla stessa. Difatti nessun addebito specifico sarebbe stato mosso alla ricorrente, tenuto conto anche della sua ubicazione che risulta posta al di fuori del contesto urbano vero e proprio. Del resto, la normativa che consente al Sindaco di emanare ordinanze contingibili e urgenti richiederebbe il verificarsi di presupposti concreti tali da non poter essere fronteggiati con gli strumenti ordinari. L’estrema genericità ed erroneità dei presupposti individuati nell’ordinanza impugnata la renderebbero inidonea a governare il fenomeno, giungendo in via di fatto soltanto a limitare pesantemente l’iniziativa economica privata.

Inoltre l’ampiezza dell’ambito territoriale interessato dalle prescrizioni determinerebbe una indiscriminata applicazione a tutti gli operatori ivi presenti, indipendentemente dall’attività svolta e dall’incidenza della stessa rispetto ai fenomeni di degrado che si vorrebbero eliminare o limitare.

Oltretutto l’attività esercitata dalla ricorrente, svolgendosi in orari serali o notturni sarebbe maggiormente penalizzata rispetto ad altre tipologie di esercizi commerciali, senza considerare la effettiva collocazione della stessa e gli accorgimenti utilizzati per limitare al minimo i pericoli per la pubblica sicurezza.

Con decreto cautelare n. 895/2010 è stata respinta la domanda cautelare inaudita altera parte di sospensione dell’esecuzione del provvedimento impugnato con il predetto ricorso e fissata la camera di consiglio per la trattazione collegiale della predetta istanza di sospensiva.

Si è costituito in giudizio del Comune di Milano, che ha chiesto il rigetto del ricorso.

Con ordinanza n. 956/2010 è stata respinta la domanda di sospensione dell’esecuzione del provvedimento impugnato.

2. Con ricorso per motivi aggiunti, notificato in data 3 novembre 2010 e depositato lo stesso giorno, la ricorrente ha chiesto l’annullamento del provvedimento adottato dal Sindaco del Comune di Milano n. 53/2010 del registro delle ordinanze sindacali, PG. 798328/2010 del 15 ottobre 2010, avente ad oggetto la proroga delle ordinanze riguardanti le misure relative ad attività economiche atte a prevenire e a contrastare il degrado urbano nonché a tutelare la sicurezza urbana e l’incolumità pubblica nell’ambito territoriale denominato area Corso Lodi, attraverso il quale è stata prorogata fino al 31 gennaio 2011 la validità dell’ordinanza sindacale n. 38/2010 con cui si anticipa l’orario di chiusura dei locali siti nella zona interessata, tra cui anche quello gestito dalla ricorrente, dalle 5,00 alle 3,00.

Avverso il predetto provvedimento vengono dedotte le censure di violazione e/o falsa applicazione della normativa statale in materia di provvedimenti contingibili e urgenti adottati dal Sindaco a tutela dell’incolumità pubblica e sicurezza urbana, di violazione e/o falsa applicazione del combinato normativo disposto dall’art. 54, commi 4, 4 bis e 6, del D. Lgs. n. 267 del 2000 e D. M. 5 agosto 2008, di violazione e/o falsa applicazione della normativa regionale e comunale in materia di disciplina degli orari di esercizio delle attività di trattenimento e di svago, di erroneità e travisamento dei presupposti di fatto e di diritto, di difetto di istruttoria, di carenza di motivazione perché meramente apparente, di contraddittorietà ed illogicità manifesta, di violazione del principio di proporzionalità, di eccesso di potere per sviamento dell’esercizio del potere amministrativo rispetto alle concrete esigenze dell’interesse generale dettate dalla normativa invocata dalla P.A., di violazione dei principi generali di imparzialità, buon andamento e trasparenza dell’azione amministrativa e di violazione dei principi generali dell’ordinamento giuridico contenuti negli artt. 2, 3, 41 e 97 della Costituzione e dei principi comunitari sulle libertà fondamentali e sulla tutela della concorrenza.

Nel riprendere le doglianze già proposte avverso il provvedimento impugnato con il ricorso introduttivo, la ricorrente censura la proroga dell’ordinanza originaria e pone altresì l’accento sulle gravi distorsioni che si verrebbero a creare tra i vari operatori soltanto in base alla collocazione geografica dell’esercizio, in questo modo violando i principi comunitari della libertà di stabilimento e quello costituzionale relativo alla libertà di iniziativa economica.

Con decreto cautelare n. 1182/2010 è stata accolta la domanda cautelare inaudita altera parte di sospensione dell’esecuzione del provvedimento impugnato con il predetto ricorso per motivi aggiunti e fissata la camera di consiglio per la trattazione collegiale della richiesta istanza di sospensiva.

Il Comune di Milano ha chiesto il rigetto anche del ricorso per motivi aggiunti.

Con ordinanza n. 1499/2010 è stata accolta la domanda di sospensione dell’esecuzione del provvedimento impugnato con il ricorso per motivi aggiunti.

3. In vista dell’udienza di trattazione del merito della controversia, le parti hanno depositato memorie a sostegno delle rispettive posizioni.

Alla pubblica udienza del 21 dicembre 2010, su conforme richiesta dei procuratori delle parti, la causa è stata trattenuta in decisione.
Motivi della decisione

1. Il ricorso introduttivo è infondato.

2. Con l’unica articolata censura la ricorrente sostiene che l’ordinanza impugnata sarebbe illegittima, in quanto difetterebbero i presupposti per la sua adozione sia con riferimento alla zona in cui si trova l’esercizio gestito dalla ricorrente che alla attività svolta dalla stessa. Nemmeno sussisterebbero i presupposti concreti che giustificherebbero delle misure straordinarie, giungendosi soltanto a limitare pesantemente l’iniziativa economica privata. Anche l’ampiezza dell’ambito territoriale interessato dalle prescrizioni determinerebbe una indiscriminata applicazione a tutti gli operatori ivi presenti, indipendentemente dall’attività svolta e dall’incidenza della stessa rispetto ai fenomeni di degrado che si vorrebbero eliminare o limitare, con maggiore pregiudizio per quelle attività simili a quella esercitata dalla ricorrente, tenuto conto che le stesse si svolgono in orario serale o notturno.

2.1. Il provvedimento impugnato si fonda sul disposto dell’art. 54, comma 4, del D. Lgs. n. 267 del 2000 (T.U.E.L.) secondo cui "il sindaco, quale ufficiale del Governo, adotta con atto motivato provvedimenti, anche contingibili e urgenti nel rispetto dei princìpi generali dell’ordinamento, al fine di prevenire e di eliminare gravi pericoli che minacciano l’incolumità pubblica e la sicurezza urbana".

Appare opportuno precisare che la questione va analizzata considerando, in primo luogo, la sentenza della Corte costituzionale n. 115 del 2011 che ha espunto dal testo la parte ", anche" prima delle parole "contingibili e urgenti". Tenuto conto infatti che "le sentenze di accoglimento di un’eccezione di legittimità costituzionale, pronunciate dalla Corte Costituzionale hanno effetto retroattivo, con l’unico limite delle situazioni consolidate per essersi il relativo rapporto definitivamente esaurito" (da ultimo, Cassazione civile, III, 6 maggio 2010, n. 10958), ne consegue che, nel caso di specie, va verificato se ci si trovi in presenza di un’ordinanza di tipo ordinario, oppure di un’ordinanza contingibile e urgente, giacché la richiamata dichiarazione di incostituzionalità parziale, che ha espunto dall’ordinamento la prima tipologia di provvedimenti, potrebbe dar luogo a soluzioni totalmente divergenti a seconda della sussumibilità dell’atto impugnato nell’una o nell’altra categoria.

2.2. Pur in mancanza di una esplicita indicazione, in seno all’ordinanza impugnata – comunque da sola non determinante, in via assoluta, ai fini dell’individuazione della reale natura del provvedimento scrutinato – della riconducibilità della stessa al novero delle ordinanze c.d. ordinarie oppure contingibili e urgenti, va evidenziato come nel preambolo della medesima sono esplicitamente individuati i presupposti che hanno indotto il Sindaco di Milano ad intervenire, utilizzando un siffatto strumento, a tutela della sicurezza e incolumità pubblica.

Innanzitutto, si fa riferimento ad un contesto territoriale (area Corso Lodi) che presenta una certa omogeneità ed una comunanza di fenomeni negativi che ha richiesto un intervento complessivo e unitario. In tale ambito territoriale l’elevata diffusione delle attività economiche, unitamente all’alto numero di soggetti residenti, determina un rilevante disturbo alla quiete pubblica. In particolare l’abuso di sostanze alcoliche, gli episodi di violenza registrati, la violazione delle regole in materia di decoro e igiene urbana, come attestato dai numerosi interventi delle forze di polizia e dalle denunce dei soggetti residenti (si vedano gli allegati del Comune), ha indotto il Sindaco ad adottare una serie di misure – tra cui la riduzione dell’orario di apertura degli esercizi commerciali, il divieto di commercio in forma itinerante, l’obbligo di vendita delle bevande solo in contenitori di plastica o di carta – temporalmente limitate in grado di far fronte alle problematiche legate alla tutela della sicurezza e dell’incolumità pubblica.

Dalla descrizione sopra riportata emerge la natura non ordinaria dell’intervento sindacale, considerata l’eccezionalità e la gravità della situazione presupposta e la durata temporanea delle misure adottate (due mesi, ossia dal 17 agosto 2010 fino al 16 ottobre 2010).

In tal senso appare consolidata la giurisprudenza che afferma come "il potere sindacale di emanare ordinanze contingibili ed urgenti ai sensi degli articoli 50 e 54 D.Lgs. n. 267 del 2000 richiede la sussistenza di una situazione di effettivo pericolo di danno grave ed imminente per l’incolumità pubblica, non fronteggiabile con gli ordinari strumenti di amministrazione attiva, debitamente motivata a seguito di approfondita istruttoria. In altri termini, presupposto per l’adozione dell’ordinanza extra ordinem è il pericolo per l’incolumità pubblica dotato del carattere di eccezionalità tale da rendere indispensabile interventi immediati ed indilazionabili, consistenti nell’imposizione di obblighi di fare o di non fare a carico del privato" (Consiglio di Stato, V, 16 febbraio 2010, n. 868).

Trattandosi di un’ordinanza contingibile e urgente non viene in rilievo l’applicabilità della sentenza della Corte costituzionale n. 115 del 2011 che ha ritenuto costituzionalmente illegittime, per violazione del principio di legalità di cui all’art. 23 e all’art. 97 della Costituzione, oltre alla violazione del principio di uguaglianza, soltanto le ordinanze c.d. ordinarie (punti 48 del considerato in diritto).

2.3. La legittimità del provvedimento impugnato, oltre a trovare, come già evidenziato in precedenza, la propria giustificazione nei gravi e ripetuti episodi avvenuti nella zona denominata "Area Corso Lodi", si fonda anche sulla temporaneità delle misure adottate – circa due mesi – certamente proporzionata alla specificità e pervasività dei fenomeni che si intendono arginare. Inoltre, contrariamente a quanto sostenuto nel ricorso, il Sindaco ha proceduto alla individuazione di regimi specifici per le diverse tipologie di attività, al fine di evitare di colpire in modo indistinto e in maniera indiscriminata tutti gli esercizi commerciali, prescindendo dalle loro specifiche caratteristiche e dal diverso settore di appartenenza, proprio nel rispetto del principio di proporzionalità. Del resto, la chiusura del locale gestito dalla ricorrente è stata anticipata alle ore 3,00 del mattino rispetto all’orario ordinario delle 5,00, differenziando il regime orario rispetto ad altre e diverse tipologie di attività commerciali.

2.4. In conclusione, il ricorso introduttivo deve essere respinto.

3. Con il ricorso per motivi aggiunti è stato impugnato il provvedimento adottato dal Sindaco del Comune di Milano n. 53/2010 del registro delle ordinanze sindacali, avente ad oggetto la proroga dell’ordinanza n. 38/2010 fino al 31 gennaio 2011.

3.1. Le censure dedotte avverso il predetto provvedimento sono sostanzialmente identiche a quelle rivolte avverso l’originaria ordinanza impugnata con il ricorso introduttivo.

3.2. Le censure sono fondate nei sensi di seguito specificati.

Il provvedimento di proroga si basa sull’asserita permanenza delle esigenze di interesse pubblico che si intendevano tutelare con la prima ordinanza. La fondatezza di tale assunto avrebbe dovuto, tuttavia, essere giustificata individuando in maniera più analitica e specifica le ragioni che – pur in presenza di un sostanziale raggiungimento degli scopi perseguiti con la prima ordinanza – hanno indotto alla proroga dell’ordinanza originaria, tra l’altro, per un periodo di tempo decisamente superiore rispetto a quello originariamente stabilito (tre mesi e mezzo, a fronte dei due mesi di durata dell’originaria ordinanza).

A tal proposito la natura contingibile e urgente degli atti impugnati con i presenti ricorsi avrebbe imposto all’Autorità pubblica di individuare e analizzare con estrema attenzione la sussistenza dei presupposti per la loro emanazione, vieppiù quando si decide di prolungarne la validità, trovandosi al cospetto di una tipologia di provvedimenti che, per loro natura, dovrebbero essere destinati ad avere una durata temporanea molto limitata, viste le condizioni richieste per la loro emanazione e le conseguenze di carattere eccezionale che determinano, anche in relazione alla forte compressione in ordine al godimento di diritti costituzionalmente tutelati (comunque tenuti presenti dal Sindaco nella fase di adozione di entrambi i provvedimenti). Difatti, anche se la "valutazione circa la permanenza di una situazione di emergenza già precedentemente accertata richiede una sforzo istruttorio e motivazionale minore, potendo il nuovo provvedimento beneficiare dell’attività istruttoria già precedentemente compiuta dall’Amministrazione" (Consiglio di Stato, VI, 28 gennaio 2011, n. 654), è comunque necessario che si chiariscano dettagliatamente le ragioni della proroga, con particolare riferimento alla sua durata e alla congruità della stessa in relazione agli obiettivi che si ritiene di perseguire, evidenziando in misura idonea il fondamento di una tale determinazione soprattutto in relazione alla positiva valutazione che l’Autorità ha espresso in ordine all’efficacia dei risultati raggiunti attraverso l’adozione del provvedimento originario.

Del resto, anche la giurisprudenza costituzionale è consolidata nel ritenere che le "deroghe alla normativa primaria, da parte delle autorità amministrative munite di potere di ordinanza, sono consentite solo se "temporalmente delimitate" (ex plurimis, sentenze n. 127 del 1995, n. 418 del 1992, n. 32 del 1991, n. 617 del 1987, n. 8 del 1956) e, comunque, nei limiti della "concreta situazione di fatto che si tratta di fronteggiare"" (Corte costituzionale, sentenza n. 115 del 2011).

Nel caso di specie, la proroga dell’originaria ordinanza non risulta motivata nella parte riguardante la durata della stessa – sensibilmente superiore alla prima – e sembra voler stabilizzare il regime recato dai predetti provvedimenti di carattere eccezionale, prendendo atto dei risultati soddisfacenti raggiunti con l’ordinanza n. 38/2010 dell’11 agosto 2010.

3.3. In conclusione, il ricorso per motivi aggiunti deve essere accolto e, per l’effetto, deve essere annullata l’ordinanza n. 53/2010 emanata dal Sindaco del Comune di Milano, contenente la proroga, fino al 31 gennaio 2011, dell’ordinanza n. 38/2010.

4. In ragione della parziale reciproca soccombenza, le spese possono essere compensate tra le parti.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando:

– respinge il ricorso introduttivo;

– accoglie il ricorso per motivi aggiunti e, per l’effetto, annulla l’ordinanza n. 53/2010 emanata dal Sindaco del Comune di Milano, contenente la proroga, fino al 31 gennaio 2011, dell’ordinanza n. 38/2010.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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