T.A.R. Puglia Bari Sez. II, Sent., 23-05-2011, n. 754 Bellezze naturali e tutela paesaggistica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con ricorso passato alla notifica l’11 febbraio 2011, la società ricorrente, premettendo di essere titolare, in Comune di Ruvo di Puglia, Corso Jatta, di una attività commerciale per la vendita di frutta e verdura; di utilizzare, per l’esposizione della merce, uno spazio pubblico antistante i locali sede della attività, coperto da alcuni ombrelloni; di aver chiesto ed ottenuto, con provvedimento del dirigenziale n. 22306 del 28 ottobre 2009, di poter ampliare lo spazio pubblico occupato sino a 54 mq. collocandovi un banco mobile ed una struttura portante di metallo sormontata da telo ombreggiante motorizzato e tenda impermeabile verticale rimovibile; tanto premesso impugna il provvedimento in epigrafe indicato a mezzo del quale il Comune di Ruvo di Puglia, in via di autotutela, ha annullato l’anzidetta autorizzazione alla occupazione di suolo pubblico per difetto di autorizzazione paesaggistica.

A sostegno del ricorso la ricorrente ha dedotto:

I) violazione e falsa applicazione dell’art. 3 L. 241/90, eccesso di potere per illogicità della motivazione, violazione dell’art. 1 comma 4 della L. 241/90: il Comune di Ruvo di Puglia non si è ancora dotato di un Piano particolareggiato per la tutela dei beni culturali e pertanto le previsioni del D. L.vo 42/2004 non sono immediatamente applicabili: del resto, il Comune di Ruvo di Puglia sino ad ora non ha mai preteso il preventivo rilascio della autorizzazione da parte della Soprintendenza;

II) eccesso di potere per incongruenza della motivazione: allorché il dirigente del Settore Attività Produttive veniva reso edotto della necessità di acquisire il preventivo rilascio della autorizzazione della Soprintendenza per tutti gli interventi ricadenti nelle zona A ed A/1, egli aveva già rilasciato l’autorizzazione annullata con gli atti impugnati; d’altro canto nella nota 21947 del Settore urbanistica ed edilizia, che informava l’ufficio Attività Produttive della necessità di acquisire preventivamente il parere della Soprintendenza, si rappresentava che detto parere veniva ritenuto necessaria solo ai fini del rinnovo delle autorizzazioni alla occupazione di spazi pubblici e non già anche per quelle già rilasciate;

III) violazione e falsa applicazione degli artt. 7 e 8 della L. 241/90, eccesso di potere per travisamento dei fatti, perplessità: alla società ricorrente è stata data una comunicazione di avvio del procedimento non rituale in quanto non contiene gli elementi necessari per adempiere allo scopo cui essa deve assolvere, e che invece è stata utilizzata per invitare la ricorrente a richiedere l’autorizzazione della Soprintendenza ed a sospendere le opere intraprese;

IV) violazione dell’art. 1 comma 1 e 4 L. 241/90, eccesso di potere per violazione del principio di imparzialità dell’attività amministrativa: il Comune di Ruvo non ha annullato le autorizzazioni rilasciate, in difetto del parere della Soprintendenza, nello stessa epoca a favore di altri soggetti, e ciò benché relative ad immobili situati nella stessa zona: da qui la censurata disparità di trattamento.

2. Si è costituito in giudizio il Comune di Ruvo di Puglia per resistere al ricorso, che è stato trattenuto a decisione alla udienza pubblica del 16 febbraio 2011.

3. Esso è fondato in quanto nel caso di specie non vi é prova dell’esistenza del vincolo dal quale il Comune di Ruvo pretende far derivare l’obbligo di acquisire l’autorizzazione della Soprintendenza.

4. Il provvedimento oggetto di impugnazione si fonda su una comunicazione del 26 ottobre 2009, proveniente dal Settore Edilizia ed Urbanistica, nella quale si sostiene che gli spazi pubblici compresi in zona ANucleo Antico e A/1 – Zona di interesse archeologico, sarebbero ipso facto soggetti ad autorizzazione da parte della Soprintendenza ai sensi dell’art. 10 comma 4 lett. g) del D. L.vo 42/2004.

4.1. Orbene, gli spazi considerati da tale norma – e cioé le piazze pubbliche, le vie, le strade e gli altri spazi urbani aperti – se appartenenti ad enti pubblici rientrano tra i beni di cui all’art. 10 comma 1 del D. L.vo 42/2004, e quindi sono beni culturali solo se ed in quanto abbiano un interesse storico, artistico, archeologico o etnoantropologico, verificato a mezzo del procedimento individuato ai sensi dell’art. 12 comma 2 e segg. del D. L.vo 42/2004: l’art. 12 comma 7, in particolare, dispone che "L’accertamento dell’interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico di cui al comma 2, costituisce dichiarazione ai sensi dell’art. 13…".

I medesimi spazi, qualora di proprietà di soggetti diversi da quelli di cui all’art. 10 comma 1 e qualora rivestano un interesse storico o artistico, sono classificati quali beni culturali, ai sensi dell’art. 10 comma 3, solo quando intervenga la dichiarazione di interesse di cui all’art. 13.

Solo i beni indicati all’art. 10 comma 2 e quelli di cui all’art. 11 sono beni culturali ex lege.

Di conseguenza, la valenza culturale degli spazi indicati nell’art. 10 comma 4 lett. g) del D. L.vo 42/2004 non è affatto implicita nella loro ubicazione in zona classificata dallo strumento urbanistico quale Nucleo Antico piuttosto che quale Zona di interesse archeologico; del resto è di intuitiva comprensione che la valenza storica, artistica o archeologica di un bene immobile non può essere demandata all’estensore di uno strumento urbanistico, che non ha necessariamente le competenze necessarie a tale scopo.

4.2. Peraltro, da quanto sopra detto consegue anche, più in generale, che le zone della città classificate dallo strumento urbanistico quale centro storico, non possono di per sé considerarsi bene culturale né paesaggistico.

Il vincolo di natura culturale, per quanto sopra detto, va concretamente individuato attraverso i provvedimenti di cui agli artt. 12 e 13 del D. L.vo 42/2004.

Quanto al vincolo di natura paesaggistica, l’art. 142 D. L.vo 42/2004, come già la L. 431/85, esclude dalla tutela ex lege (tra le altre) le aree che alla data del 06/08/1985 erano delimitate negli strumenti urbanistici come zone A. Ogni altro vincolo di natura paesaggistica richiede invece che il bene tutelato venga individuato a seguito dell’apposito procedimento di cui agli artt. 138 e segg. ovvero in sede di redazione dei piani paesaggistici: in mancanza di tale individuazione non può ritenersi sussistente alcun vincolo.

4.3. Nel caso di specie la citata nota 26 ottobre 2009, n. prot. 21947, del Dirigente del Settore Urbanistica ed edilizia, non menziona gli estremi del provvedimento di verifica che avrebbe dovuto intervenire ai sensi del combinato disposto degli artt. 10 comma 4 lett. g), 10 comma 1 e 12 comma 2 del D. L.vo 42/2004, né gli estremi della dichiarazione di interesse che avrebbe dovuto essere adottata, alternativamente, ai sensi del combinato disposto degli artt. 10 comma 4 lett. g), 10 comma 3 e 13, dello stesso.

La eventuale esistenza di provvedimenti di tal sorta neppure é stata menzionata nelle difese del Comune di Ruvo di Puglia.

Vi é dunque fondato motivo per affermare che non esiste alcun provvedimento che abbia riconosciuto l’interesse storico o artistico delle zone classificate coma A ed A/1 dallo strumento urbanistico del Comune di Ruvo di Puglia: ciò spiegherebbe la ragione per cui sino all’ottobre 2009 siano state rilasciate numerose autorizzazioni alla occupazione di suolo pubblico senza il preventivo rilascio della autorizzazione da parte della Soprintendenza.

5. Le dianzi esposte considerazioni danno ragione della fondatezza del primo dei motivi di ricorso, avente natura assorbente, con il quale la società ricorrente ha dedotto la inesistenza del vincolo proprio sulla scorta della non immediata applicabilità delle norme del D. L.vo 42/2004.

Ed invero, per quanto le ragioni di tale non immediata applicabilità non siano state correttamente individuate dalla ricorrente, é pur vero che mancando la positiva verifica dell’interesse storico o artistico di cui all’art. 12 del D. L.vo 42/2004 o la dichiarazione di interesse di cui al successivo art. 13, i beni contemplati all’art. 10 comma 1, 3 e 4 del D. L.vo 42/2004 non possono essere considerati come beni culturali, perciò assoggettati al regime di tutela previsto dal D. L.vo 42/2004.

6. Il ricorso va pertanto accolto sulla scorta dell’anzidetto motivo assorbente.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla la determinazione del Dirigente del Settore Attività Produttive del Comune di Ruvo di Puglia n. 26257 del 15 dicembre 2009.

Condanna l’Amministrazione resistente alla rifusione delle spese di giudizio, che si liquidano in Euro. 2.000,00 (euro duemila), oltre contributo unificato, IVA e CAP di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *