T.A.R. Puglia Lecce Sez. III, Sent., 23-05-2011, n. 893 Procedimento e punizioni disciplinari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Il ricorrente, ex dipendente del Ministero della Giustizia in servizio presso la Casa Circondariale di Lecce con la qualifica di agente di polizia penitenziaria, impugna gli atti epigrafati deducendo le seguenti censure:

Violazione e falsa applicazione degli artt. 5 e 6 del d.lgs 449/1992. Violazione dei principi generali in materia di procedimenti disciplinari, con particolare riferimento a quello di proporzionalità. Eccesso di potere per illogicità manifesta, irragionevolezza, erroneità dei presupposti e travisamento dei fatti. Difetto di motivazione.

1.1. Con atto depositato in data 10 novembre 2006 si è costituito in giudizio il Ministero della Difesa.

1.2. Alla pubblica udienza del 24 marzo 2011 la causa è stata introitata per la decisione.

2. Il ricorso è infondato e non meritevole di accoglimento.

2.1. L’epigrafato provvedimento disciplinare risulta adottato dal Ministero della Difesa nei confronti del ricorrente condannato con sentenza. del Tribunale di Lecce n. 128/2006 del 24 febbraio 2006, emessa ai sensi dell’articolo 444 c.p.p., alla pena di anni 1 di reclusione ed Euro 1.200,00 di multa per il reato di cui all’art. 73 comma 5 del D.P.R. 309/1990 (a seguito del rinvenimento nell’autovettura dello stesso di 4 grammi di cocaina suddivisi in cinque dosi, oltre al ritrovamento nell’abitazione della propria suocera e nell’armadietto in dotazione in caserma di materiale idoneo al confezionamento delle sostanze stupefacenti).

2.2. Con il primo motivo di ricorso il ricorrente lamenta che il provvedimento impugnato è stato adottato senza alcun effettivo accertamento autonomo e senza alcuna valutazione critica in ordine quanto acquisito agli atti del procedimento penale.

2.3. Costituisce orientamento giurisprudenziale consolidato quello secondo cui in sede di procedimento disciplinare l’Amministrazione ben può utilizzare il risultato delle indagini penali poste in essere nel giudizio sfociato con sentenza di patteggiamento (cfr. Cons. Stato, VI Sez., 28 marzo 2000 n. 1803; 1 settembre 2000 n. 4647).

Senza nulla togliere a quanto affermato dalla Corte costituzionale (sent. n. 197/99) e dall’Adunanza plenaria (dec. n. 6/2000) circa la possibilità che a seguito della sentenza di patteggiamento l’Amministrazione abbia necessità, in sede disciplinare, di compiere autonomi accertamenti, non sempre la sentenza di patteggiamento comporta la necessità di nuovi accertamenti in sede disciplinare; questi ultimi possono essere necessari a seconda del concreto atteggiarsi dell’accertamento penale posto a base della sentenza (in termini, cfr. Cons. Stato, VI Sez., n. 4647/00).

Nel caso di specie, come risulta dalla deliberazione del 4 luglio 2006 del Consiglio Centrale di disciplina del Corpo di Polizia Penitenziaria, risultano valutati i fatti raccolti nella sentenza di patteggiamento e valutati autonomamente anche avuto riguardo allo stato di servizio del ricorrente (al quale erano state comminate 14 sanzioni di cui alcune molto gravi – sospensione dal servizio di 1 mese nel 1999), ai principi che regolano l’appartenenza al Corpo dello Stato, all’affidabilità nei servizi d’istituto, sicché il vizio denunciato non risulta sussistente.

2.4. Del pari infondato è anche il secondo motivo di ricorso con il quale si lamenta la violazione del comma 3 dell’art. 6 del d.lgs. 449/1992 il quale, a dire del ricorrente, non ricomprenderebbe, quale reato rilevante ai fini della pronuncia di destituzione, lo spaccio di sostanze stupefacenti.

Relativamente alla idoneità ritenuta dall’Amministrazione di tali fatti penali a costituire addebiti per la sanzione disciplinare applicata, la gravità dei fatti illeciti – detenzione a fini di spaccio – ascritti è in re ipsa (cfr., da ultimo C.d.S. IV, 31 maggio 2007, n.°2867).

In ogni caso l’art. 6 consente l’applicazione della sanzione della destituzione per tutti quegli atti che rivelino mancanza del senso dell’onore o del senso morale o che siano in grave contrasto con i doveri assunti con il giuramento e, sotto tale aspetto, risulta evidente la proporzionalità e logicità della sanzione inflitta.

3. Per le considerazioni che precedono il ricorso deve quindi essere respinto.

3.1. Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Lecce – Sezione Terza definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna il ricorrente alla rifusione delle spese processuali in favore dell’Amministrazione costituita liquidate in complessivamente in Euro 1.500,00.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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