Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 13-04-2011) 24-05-2011, n. 20539 Motivi di ricorso

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Il 20 aprile 2010 la Corte di Appello di Milano confermava la sentenza resa il 7 luglio 2008 dal Tribunale della stessa sede, in composizione monocratica e con essa l’assoluzione di M.C., accusato, ai sensi dell’art. 424 c.p., di aver appiccato il fuoco, al fine di danneggiarlo, al ciclomotore Piaggio Gilera modello "Runner" di proprietà di M.D.R.M.M.; fatto accaduto in (OMISSIS).

A sostegno della decisione sia il giudice di prime cure che la Corte distrettuale, adita mediante ricorso in appello del rappresentante della pubblica accusa, osservavano che l’unico elemento probatorio a carico dell’imputato era costituito dalla dichiarazione della p.l., moglie separata dello stesso, la quale aveva riferito della faticosa separazione dal marito, delle sue intenzioni minacciose per tale avvenimento familiare, della minaccia per questo proferita dal M. di bruciare tutto e della imputazione a sè fatta dal prevenuto davanti alla moglie separata del fatto contestato. Entrambe le istanze di merito sottolineavano però il valore indiziario delle dichiarazioni della p.l., che non aveva direttamente percepito la condotta delittuosa per cui è causa, ma aveva semplicemente percepito una sorta di autoaccusa da parte del marito sulla cui veridicità erano leciti forti dubbi, in considerazione della patologia psichiatrica dalla quale lo stesso era affetto e non potendosi per questo escludere una sua semplice millanteria.

Argomentavano infine i giudici di merito che la p.o. aveva altresì dichiarato di aver ricevuto confidenze accusatorie del marito da parte di testimoni diretti del fatto, dei quali però non era stata in grado di dare le generalità od altre indicazioni utili per la loro identificazione.

2. Avverso la sentenza di appello ricorre per cassazione il Procuratore Generale della Repubblica di Milano, denunciandone l’illegittimità perchè inficiata, a suo avviso, da difetto di motivazione.

Denuncia in particolare il procuratore ricorrente che al processo risulta acquisita la dichiarazione accusatoria della parte offesa, la quale, ancorchè indiretta, andava coordinata con altre acquisizioni indiziarie comunque significative, come l’atteggiamento petulante dell’imputato verso la moglie separata, la sua minaccia di bruciare tutto, la circostanza che, il giorno seguente a quello in cui fu lanciata tale minaccia, ci sia stato il danneggiamento del ciclomotore, l’autoaccusa dell’imputato in un colloquio con la p.o..

La testimonianza della p.o., rammenta ancora il procuratore ricorrente, può da sola sostenere il giudizio di colpevolezza e non si richiede per essa alcun riscontro, soprattutto nella ipotesi, ricorrente nella fattispecie, in cui la p.o. non si sia costituita parte civile.

3. La doglianza è infondata.

Giova qui ribadire che la funzione dell’indagine di legittimità sulla motivazione non è quella di sindacare l’intrinseca attendibilità dei risultati dell’interpretazione delle prove e di attingere il merito dell’analisi ricostruttiva dei fatti, bensì quella, del tutto diversa, di accertare se gli elementi probatori posti a base della decisione siano stati valutati seguendo le regole della logica e secondo linee argomentative adeguate, che rendano giustificate, sul piano della consequenzialità, le conclusioni tratte, verificando la congruenza dei passaggi logici. Di qui il conseguente corollario, costantemente riaffermato da questa Corte, secondo cui ad una logica valutazione dei fatti operata dal giudice di merito, non può quello di legittimità opporne un’altra, ancorchè altrettanto logica (Cass. 5.12.02 Schiavone; Cass. 6.05.03 Curcillo).

Orbene, nel caso in esame palese è la natura di merito delle argomentazioni articolate con il ricorso, giacchè volte le medesime, a fronte di un’ampia e lodevolmente esaustiva motivazione del giudice territoriale, a differentemente valutare gli elementi di prova puntualmente da esso richiamati e valorizzati, onde poi accreditare un giudizio di colpevolezza alternativo a quello, assolutorio, logicamente accreditato con la sentenza impugnata. E’ del tutto logica, infatti, la valutazione di insufficienza della prova fornita dalla dichiarazione della p.o., la quale non ha visto alcunchè e che accusa il marito separato sulla base di indicazioni testimoniali rimaste imprecisate e generiche e perchè confessatogli il fatto dall’imputato;

Del tutto corretto, ancora sul piano della logica, si appalesa altresì il giudizio di non credibilità dell’autoaccusa fatta dall’imputato al cospetto della moglie, perchè giustificato – esso giudizio – su una possibile millanteria collegata allo stato di infermità psichiatrica del medesimo.

Corretta, infine, quanto a coerenza con le regole processuali, è la valutazione probatoria operata dai giudici di merito in ordine all’accusa della p.o., delibazione indiziaria ritenuta non suffragata da convincenti indizi ulteriori.

In tema di giudizio, infatti, la valutazione delle prove acquisite compete in via esclusiva al giudice, il quale la esercita secondo il principio del libero convincimento e ciò sia in caso di contrasto tra dichiarazioni testimoniali, sia nella ipotesi in cui il giudicante sia chiamato a delibare le dichiarazioni accusatorie della p.o., sia quando, a maggior ragione, dette dichiarazioni riferiscono de relato fatti e circostanze (tra le tantissime: Cass., Sez. 1, 07/10/2010, n. 39662; Cass., Sez. 3, 30/11/2007, n. 2010; Cass., Sez. 6, 05/03/2004, n. 26027).

4. Alla stregua delle esposte argomentazioni il ricorso deve, pertanto, essere rigettato.
P.Q.M.

La Corte, rigetta il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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