Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 07-04-2011) 24-05-2011, n. 20587 sequestro preventivo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Ricorre per cassazione M.F. avverso l’ordinanza emessa in data 26.10.2010 dal Tribunale di Udine in funzione ex art. 310 c.p.p., che rigettava l’appello interposto dal M. avverso il rigetto del GIP del Tribunale di Udine dell’istanza di revoca del sequestro preventivo ex art. 321 c.p.p., comma 2 e art. 240 c.p. dell’autovettura Chevrolet Aveo tg. (OMISSIS) disposto dal medesimo GIP in data 28.10.2009 in relazione al reato di cui all’art. 186 C.d.S., comma 2, lett. c). Deduce la violazione dell’art. 321 c.p.p., comma 2, in relazione all’art. 240 c.p. e art. 186 c.d.s. a seguito della novella introdotta dalla L. n. 120 del 2010, assumendo che non è più consentito il sequestro penale per finalità connesse ad un eventuale provvedimento ablatorio avente natura eminentemente amministrativa e richiama a tal riguardo una sentenza si questa Sezione (la n. 38570 del 22.9.2010) la cui motivazione in buona parte ritrascrive in ricorso. Il ricorso è infondato.

La L. n. 120 del 29.7.2010, ennesima legge di riforma del Codice della Strada, non ha dettato alcuna disciplina transitoria in relazione ai sequestri disposti ed eseguiti sotto il vigore della precedente disciplina; ha, contraddittoriamente, rafforzato le sanzioni penali tipiche per l’illecito in questione (arresto ed ammenda, confermando la natura penale dell’illecito), ma ha riqualificato come amministrativa la sola natura della confisca.

Non si tratta, quindi, di una "depenalizzazione" dell’illecito, ma della depenalizzazione solo della sanzione accessoria, tanto evocando i principi stabiliti dall’art. 2 c.p., comma 4, e L. n. 689 del 1981.

Quanto al sequestro, in particolare, salvo il profilo riconducile all’art. 321 c.p.p., comma 1, esso, come richiamato dalle norme incriminatrici (artt. 186 e 187 C.d.S.), appare espressamente disciplinato solo come sequestro amministrativo. Tanto induce a ritenere il disposto in proposito dell’art. 186 C.d.S., comma 2, lett. c), e art. 187, comma 1: "ai fini del sequestro si applicano le disposizioni di cui all’art. 224 ter"; ed il richiamo non contiene espressioni "in quanto compatibili" o "salvo che …" o similari.

Tale onnicomprensivo dettato della norma individua i soggetti legittimati a disporlo (l’agente o l’organo accertatorio della violazione), i successivi adempimenti (la trasmissione del verbale al prefetto territorialmente competente), la opposizione al provvedimento di sequestro (che è quella di cui all’art. 205).

L’applicabilità di tali disciplina e procedura nei casi disciplinati dagli artt. 186 e 187 c.d.s. scaturiscono dall’espresso rinvio all’art. 224 ter effettuato da tali norme incriminatrici. Da tanto si evince che il sequestro a fini di confisca, nelle ipotesi di cui agli artt. 186 e 187 c.d.s., non possa più essere disposto dal giudice penale, ma debba essere operato esclusivamente dall’autorità amministrativa.

Ma quanto ai sequestri disposti sotto il vigore della precedente normativa e tuttora sub iudice, come nel caso di specie, in mancanza di disposizioni transitorie, v’è da considerare che essi furono legittimamente imposti secondo le regole sostanziali e procedimentali all’epoca vigenti; la loro perdurante legittimità, però, non può più essere delibata alla stregua di quei presupposti, ed in particolare alla stregua del disposto dell’art. 321 c.p.p., comma 2, dovendosi invece verificare la sussistenza o meno dei presupposti che legittimano ora la confisca amministrativa. La novella normativa, difatti, non ha abrogato l’istituto del sequestro prodromico alla confisca, ma ha solo modificato la sua qualificazione giuridica. Il sequestro venne a suo tempo legittimamente disposto secondo le regole all’epoca vigenti (tempus regit actum); la misura, quindi, rimane valida, imponendosi al giudice solo di valutare ora se l’atto compiuto sia conforme anche ai requisiti sostanziali, di natura amministrativa, allo stato richiesti: cioè, io stato di ebbrezza alcolica del conducente nei limiti previsti dall’art. 186 C.d.S., comma 2, lett. c). Contrariamente a quanto ritenuto dalle prime sentenze emesse da questa Suprema Corte in materia (al pari di quella richiamata in ricorso, v. anche: Sez. 4, 21.9.2010, n. 38561; Sez. 4, 22.9.2010, n. 38569; Sez. 4, 23.9.2010, n. 38591), deve ritenersi, sulla scorta del successivo orientamento assunto (cfr. Sez. 4, n. 40523 del 4.11.2010 Rv. 248859), che anche in tale delineata situazione debba trovare applicazione il principio della perpetuano iuris dictionis, sicchè, per i procedimenti già iniziati sotto il vigore della pregressa, è tuttora dato al giudice penale (senza investire l’autorità amministrativa) delibare a tali fini la fattispecie, tenuto conto, peraltro, del generale principio della competenza del giudice penale ad infliggere anche le sanzioni amministrative conseguenti alla commissione di un reato, come pacificamente avviene per la sospensione o revoca della patente di guida. Ed egli è in grado e deve valutare la legittimità o meno, nella sua connotazione amministrativa, dell’operato sequestro, giacchè, se si ritiene, quanto alle modalità di imposizione del vincolo, che valgano le norme all’epoca vigenti, per il resto tale legittimità appare ora valutabile solo alla stregua della sussistenza o meno di elementi inducenti a ritenere la legittimità dell’operato sequestro sotto il profilo amministrativo, cioè, in sostanza, la guida in stato di ebbrezza oltre i limiti indicati dall’art. 186 C.d.S., comma 2, lett. e) tale condotta nel contempo realizzando l’ipotesi di reato ivi prevista; siffatto accertamento coincide, quindi, del tutto con la verifica, precedentemente operata, della sussistenza o meno del fumus commissi delicti che costituiva presupposto anche del provvedimento di cui all’art. 321 c.p.p., comma 2.

Consegue il rigetto del ricorso e, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente ai pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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