Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 06-04-2011) 24-05-2011, n. 20507 Costruzioni abusive e illeciti paesaggistici

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

In parziale riforma della decisione del primo Giudice, la Corte di Appello di Napoli, con sentenza 17 giugno 2010, ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di D.D.R.B. in relazione al reato di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, comma 1, lett. c), mentre ha ritenuto l’appellante responsabile dei delitti previsti dal D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181, comma 1 bis e art. 349 c.p., condannandola alla pena di giustizia.

Per giungere a tale conclusione, i Giudici hanno disatteso la prospettazione della difesa secondo la quale l’attività edilizia posta in essere era di mera manutenzione rilevando che tale non può reputarsi la cementificazione di una estesa area.

L’intervento – ha concluso la Corte – avrebbe dovuto essere preceduto da autorizzazione paesaggistica stante vincolo gravante sulla zona che – nonostante la confutazione dell’appellante sul punto – era provato dalla normativa ministeriale indicata nel capo di imputazione.

Infine, i Giudici hanno escluso che fosse prescritto il reato di violazione dei sigilli ed illegittima la subordinazione della sospensione condizionale della pena al ripristino dei luoghi.

Per l’annullamento della sentenza, l’imputata ha proposto ricorso per Cassazione deducendo difetto di motivazione violazione di legge, in particolare, rilevando:

– che la Corte non ha risposto al motivo di appello inerente alla non applicabilità della fattispecie del D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181, comma 1 bis, per mancanza del vincolo paesaggistico di notevole interesse;

– che l’intervento concerneva il rifacimento di una massetto cementizio deterioratosi per cui era annoverabile tra quelli di manutenzione ordinaria (o al massimo straordinaria) assentibile con Dia la cui mancanza non è penalmente sanzionata;

– che, da quanto rilevato, consegue che non era necessaria la autorizzazione ambientale dal momento che l’attività non ha alterato lo stato dei luoghi o l’aspetto esteriore degli edifici : per la scarsa incidenza, l’intervento non necessitava di valutazione paesaggistica;

– che non è congrua la motivazione sulla legittimità della subordinazione del beneficio ex art. 163 c.p. alla restituito in integrum del luogo;

– che i reati sono prescritti.

La L. n. 208 del 2004, art. 36, ha introdotto nell’art. 181 del codice dei beni culturali e del paesaggio il comma 1 bis, ai sensi del cui disposto costituisce delitto (tra le altre ipotesi) l’esecuzione di lavori, senza la prescritta autorizzazione, che ricadono su immobili o su aree dichiarati di notevole interesse pubblico con apposito provvedimento emanato in epoca antecedente alla realizzazione dei lavori. La nuova fattispecie di reato è applicabile anche ai casi nei quali la dichiarazione di cui trattasi risulti da provvedimenti emessi ai sensi delle disposizioni previgenti alla promulgazione del codice culturale (Sez. 3 sentenza 45609/2005).

Tale è l’ipotesi in esame nella quale la dichiarazione di notevole interesse pubblico dell’intero territorio del Comune di Forio d’Ischia deriva del Decreto Ministeriale 12 gennaio 1958 (pubblicato sulla G.U. del 24 gennaio 1958); consegue che la deduzione sulla inesistenza del vincolo è, all’evidenza, inconferente. Pure non rilevanti, per la configurazione del delitto ambientale, sono le censure dell’atto di ricorso inerenti al regime edilizio dell’intervento dal momento che l’autorizzazione è necessaria per la esecuzione di "lavori di qualsiasi genere su beni paesaggistici" come chiaramente specifica la norma del D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181.

Tuttavia, la condotta, per il principio di necessaria lesività sotteso ad ogni tipo di illecito, deve essere tale da porre in pericolo l’interesse tutelato dalla norma; pertanto, sono esclusi dagli interventi penalmente rilevanti quelli minimi che si prospettano, pure in astratto, inidonei a compromettere o alterare il paesaggio (Corte Cost. sentenza 247/1997).

In merito alla consistenza dei lavori, la Corte di Appello, con motivato accertamento fattuale, ha ritenuto che trattasi della cementificazione di una ampia area; per contrastare questa conclusione, la ricorrente formula censure che esulano dai limiti cognitivi del giudizio di legittimità.

Avendo come referente l’entità dell’intervento, si deve concludere che lo stesso non fosse di irrilevante impatto per il territorio protetto per cui si imponeva il previo controllo della autorità preposta alla tutela del vincolo e conseguente autorizzazione ambientale (sulla cui mancanza non sussistono dubbi).

La subordinazione del beneficio della sospensione condizionale della pena alla rimessione in pristino dello stato dei luoghi è legittima in quanto corrispondente alla previsione dell’art. 165 c.p., comma 1, dato che la permanenza sul territorio vincolato dello illecito intervento può comportare conseguenze dannose o pericolose del reato e che la sanzione in oggetto ha una funzione direttamente ripristinatoria del bene offeso (ex plurimis: Cass. Sez.3 sentenza 38739/2004). Per quanto concerne la residua censura, si rileva che nè per il reato di violazione dei sigilli nè per quello ambientale (accertati, il primo, in di violazione dei sigilli nè per quello ambientale (accertato il primo in data 8 ottobre 2003 ed il secondo in data 9 luglio 2005) si maturato il periodo prescrizionale che assomma, tenuto conto dell’interruzione, ad anni sette e mezzo ai quali devono essere aggiunti i periodi di rinvio del dibattimento (dal 4 ottobre 2006 al 7 febbraio 2007 -calcolato in giorni sessanta- per impedimento imputata e dal 7 febbraio 2007 al 4 gennaio 2008 per astensione del Difensore dalle udienze). Pertanto, i reati si prescriveranno rispettivamente il 6 maggio 2012 ed il 7 febbraio 2014.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale

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