Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 06-04-2011) 24-05-2011, n. 20505 imputabilita’

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

In riforma della decisione di condanna del primo Giudice, la Corte di Appello di Messina, con sentenza 26 febbraio 2010, ha assolto R.P. dai reati previsti dall’art. 408 c.p. e L. n. 110 del 1975, art. 4 perchè non imputabile per vizio totale di mente.

A sostegno di tale conclusione, i Giudici hanno evidenziato come fosse certa la responsabilità dell’imputato per il reato di danneggiamento di tombe ed inconsistente la giustificazione difensiva sul porto del coltello.

Indi la Corte, basandosi sulla consulenza di ufficio effettuata dal Pubblico Ministero, ha concluso che l’imputato, al momento dei fatti fosse totalmente incapace di intendere e di volere escludendo una persistente condizione di pericolosità del soggetto. Per l’annullamento della sentenza, R. ha proposto ricorso per Cassazione deducendo difetto di motivazione violazione di legge, in particolare, rilevando:

– che il Tribunale illegittimamente non ha escusso i testi della difesa ammessi ed il consulente di parte dell’imputato: la Corte territoriale non ha rinnovato il dibattimento per espletare prove necessarie a dimostrare l’innocenza dell’appellante ed il suo stato di mente in relazione al quale ha esaminato solo l’esperto del Pubblico Ministero;

– che le testimonianze – non valutate dal Tribunale per mancato deposito delle trascrizioni – erano in grado di confermare l’alibi dell’imputato e la calunnia che è stata perpetrata ai suoi danni;

– che non sussiste il reato di porto abusivo di coltello.

In primo grado, sono stati escussi tre testi della difesa (e la trascrizione dei relativi verbali è stata data in visione alla Corte di Appello come risulta dalla sentenza impugnata); dopo tale istruttoria, il Giudice ha dichiarato chiuso il dibattimento senza procedere alla audizione degli altri testi a discolpa già ammessi.

La nullità per violazione del diritto alla prova non è stata eccepita immediatamente dal Difensore presente come richiesto dall’art. 182 c.p.p., comma 2 per cui la deduzione, formulata con l’atto di appello, è tardiva.

In merito alla rinnovazione del dibattimento, è appena il caso di ricordare come l’attivazione della procedura dell’art. 603 c.p.p., comma 1 risponda ad una logica di eccezionalità in coerenza con la presunzione di completezza della istruzione probatoria svolta nel giudizio di primo grado.

Ora la Corte di Appello ha parzialmente rinnovato il dibattimento, ma non ha escusso i testi a difesa ; sul punto non è riscontrabile una esplicita motivazione da parte dei Giudici, ma l’inutilità del supplemento istruttorio emerge chiara dal testo della sentenza.

Invero, l’appellante intendeva dimostrare il suo alibi e conseguente estraneità al reato previsto dall’art. 408 c.p.; questo tema probatorio si poneva in insanabile contrasto con la circostanza che l’imputato è stato sorpreso in flagranza di reato mentre stava deturpando una tomba ed arrestato.

Di conseguenza, non è censurabile il mancato esercizio del potere discrezionale della Corte sulla rinnovazione del dibattimento per dare ingresso alle prove difensive.

Ugualmente è logica e congrua (pertanto, non censurabile in questa sede) la conclusione sul non giustificato porto del coltello.

In merito alle condizioni mentali dell’imputato, la Corte si è riportata al parere del consulente del Pubblico Ministero, che ha totalmente recepito, senza disporre la perizia richiesta dall’appellante o sentire l’esperto di parte che aveva optato per la piena capacità di intendere e di volere del R..

Il ricorrente non segnala errori di valutazione del consulente di ufficio o metodi di indagine inappropriati da lui utilizzati, ma si lamenta – e correttamente – della violazione del diritto al contraddittorio. Tuttavia, un annullamento con rinvio alla Corte di Appello per l’espletamento di una perizia si presenta improponibile per la seguente ragione.

Qualora il nuovo esperto propendesse per la capacità di intendere e di volere dell’imputato, la conclusione non potrebbe essere nè l’assoluzione nel merito (stante la evidente prova di responsabilità dell’incolpato) nè la condanna (per divieto della reformatio in peius in assenza della impugnazione dell’organo della accusa).

Pertanto, l’imputato con il richiesto supplemento istruttorio non potrebbe aspirare ad un risultato pratico, meritevole di tutela giuridica, più favorevole dell’attuale.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *