Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 16-03-2011) 24-05-2011, n. 20555Misure cautelari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Il 2 settembre 2010 il Tribunale di Catania, costituito ai sensi dell’art. 309 cod. proc. pen., decidendo sulla richiesta di riesame proposta nell’interesse di M.L.N. avverso l’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa in data 14 agosto 2010 dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Catania, riguardo al reato di omicidio in danno di Mo.

F. allo stesso contestato, ha confermato l’ordinanza impugnata.

2. Il Tribunale riteneva infondate le deduzioni difensive volte a contestare la sussistenza del quadro indiziario e delle esigenze cautelari, per essere, in virtù delle circostanze emerse, gravi e concordanti gli elementi indiziari a carico dell’indagato e ricorrenti le esigenze cautelari.

2.1. La vicenda cui si riferiva l’ordinanza di custodia cautelare atteneva alla scomparsa dell’ispettore di polizia in pensione Mo.Fr. e alle ricerche condotte dopo la denuncia sporta dai parenti.

Era stata, in particolare, rinvenuta l’auto appartenente allo scomparso in contrada (OMISSIS), con le chiavi inserite nel quadro di accensione e con una macchia di sangue sul sedile anteriore destro, non appartenente al predetto.

Attraverso gli accertamenti riguardanti il traffico telefonico dell’utenza mobile in uso al Mo. e l’identificazione del codice IMEI del telefonino, usato dal medesimo, era risultato che detto apparecchio era stato utilizzato con altre utenze telefoniche riconducibili all’indagato e che con lo stesso erano stati agganciati ripetitori posti nelle vicinanze del luogo di rinvenimento dell’auto.

Del telefonino era risultato avere il possesso M.L. N., che sentito aveva dichiarato di averlo acquistato da uno sconosciuto nel mese di ottobre. Allo stesso M. era risultata riferibile la macchia ematica presente nell’auto.

Secondo il Tribunale, il mancato ritrovamento del cadavere dello scomparso non escludeva l’ipotesi del suo omicidio, tenuto conto delle circostanze della scomparsa e del tempo decorso dalla stessa, e sussistevano, a carico del M., plurimi elementi indiziari riguardo a detto omicidio, costituiti dal possesso del telefonino dello scomparso, dalla presenza di tracce biologiche a lui riconducibili, dall’utilizzo del telefonino già poche ore dopo la scomparsa del Mo. in zona corrispondente a quella del rinvenimento dell’auto, dal possibile collegamento del movente dell’omicidio a questioni di denaro dovute dalla vittima all’indagato, gravitando entrambi nello stesso ambiente di omosessuali.

2.2. Le deduzioni svolte dalla difesa, generiche e vaghe, tenuto anche conto della mancanza di dichiarazioni dell’indagato a sua difesa, non erano idonee, ad avviso del Tribunale, a incidere sul quadro indiziario, essendo state limitate alla possibile risalenza ad altra occasione della traccia ematica e alla possibile ricezione del telefonino in altro modo.

2.3. La sussistenza delle esigenze cautelari era confermata dalla gravità dei fatti e dai precedenti giudiziari dell’indagato e non era in altro salvaguardabile.

3. Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione M. L.N., che ne chiede l’annullamento per violazione di legge e vizio di motivazione ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. c) ed e).

Secondo il ricorrente il Tribunale del riesame è incorso in violazione di legge per avere utilizzato, nel confermare l’ordinanza di custodia cautelare in carcere, le dichiarazioni da lui rese presso la Questura di Catania il 2 agosto 2010, alle quali ha riconosciuto determinante efficacia dimostrativa.

Tali dichiarazioni, viceversa, perchè auto-indizianti, dovevano essere assunte con le garanzie previste per l’interrogatorio, in mancanza delle quali dovevano essere ritenute inutilizzabili come già fatto dal G.i.p. nell’ordinanza custodiale.

Nè il Tribunale, limitandosi a elencare elementi di fatto, ha offerto alcuna valida argomentazione valutativa degli stessi, sviluppando una motivazione solo assertiva e descrittiva e traendo valore accusatorio anche dal silenzio serbato dal ricorrente, non meglio motivato.

Il ricorrente, richiamati i principi affermati da questa Corte in tema di indizi di colpevolezza, rileva, infine, la vaghezza, la genericità e l’indeterminatezza delle accuse contestate e la totale incertezza, sulla base degli indizi raccolti, in merito alla morte dello scomparso, al movente, alle circostanze spaziali e temporali dell’omicidio, e rappresenta la mancata valutazione di altri elementi che avrebbero potuto avere carattere indiziante (utilizzo del computer dello scomparso, presenza di file personali l’8 e il 9 dicembre 2009, la presenza in casa dello scomparso dei documenti e dell’anello che lo stesso portava sempre) nella necessaria valutazione globale, critica e argomentata delle fonti indiziarie.
Motivi della decisione

1. Il ricorso è manifestamente infondato.

2. In materia di misure cautelari personali, secondo giurisprudenza consolidata, questa Corte non ha alcun potere di revisione degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate, ivi compreso il peso probatorio degli indizi, nè di verificare la rispondenza delle argomentazioni poste a fondamento della decisione impugnata alle acquisizioni processuali, nè di rivalutare le condizioni soggettive dell’indagato in relazione alle esigenze cautelari e all’adeguatezza della misura, trattandosi di apprezzamenti di merito rientranti nel compito esclusivo del giudice che ha applicato la misura e del tribunale del riesame.

Il controllo di legittimità è, quindi, limitato all’esame del contenuto dell’atto impugnato e alla verifica delle ragioni giuridicamente significative che l’hanno determinato e dell’assenza d’illogicità evidente, ossia dell’adeguatezza e della congruenza del tessuto argomentativo riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie (tra le tante, Sez. 4, n. 22500 del 03/05/2007, dep. 08/06/2007, Terranova, Rv. 237012; Sez. 2, n. 9532 del 22/01/2002, dep. 08/03/2002, Borragine e altri, Rv. 221001; Sez. U, n. 11 del 22/03/2000, dep. 02/05/2000, Audino, Rv. 215828; Sez. 6, n. 3529 del 12/11/1998, dep. 01/02/1999, Sabatini G., Rv. 212565; Sez. 4, n. 2050 del 17/08/1996, dep. 24/10/1996, Marseglia, Rv. 206104), senza che possa integrare vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa e, per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze delle indagini (tra le tante, Sez. 1, n. 6972 del 07/12/1999, dep. 08/02/2000, Alberti, Rv. 215331; Sez. 1, n. 1496 del 11/03/1998, dep. 04/07/1998, Marrazzo, Rv. 211027; Sez. U, n. 19 del 25/10/1994, dep. 12/12/1994, De Lorenzo, Rv. 199391).

Il detto limite del sindacato di legittimità in ordine alla gravità degli indizi riguarda anche il quadro delle esigenze cautelari, essendo compito primario ed esclusivo del giudice della cautela valutare "in concreto" la sussistenza delle stesse e rendere un’adeguata e logica motivazione (Sez. 1, n. 1083 del 20/02/1998, dep. 14/03/1998, Martorana, Rv. 210019).

Peraltro, secondo l’orientamento di questa Corte, che il Collegio condivide, in tema di misure cautelari, "l’ordinanza del tribunale del riesame che conferma il provvedimento impositivo recepisce, in tutto o in parte, il contenuto di tale provvedimento, di tal che l’ordinanza cautelare e il provvedimento confermativo di essa si integrano reciprocamente, con la conseguenza che eventuali carenze motivazionali di un provvedimento possono essere sanate con le argomentazioni addotte a sostegno dell’altro" (Sez. 2, n. 774 del 28/11/2007, dep. 09/01/2008, Beato, Rv. 238903; Sez. 6, n. 3678 del 17/11/1998, dep. 15/12/1998, Panebianco R., Rv. 212685).

3. Nel caso di specie la ricostruzione dei fatti operata dal Tribunale è congrua e coerente con le acquisizioni processuali richiamate nella decisione, e il giudizio di plausibilità espresso nell’ordinanza in ordine all’intervenuto omicidio dello scomparso Mo. trova il suo fondamento nelle circostanze della scomparsa, specificatamente descritte nella stessa ordinanza e più dettagliatamente nell’ordinanza custodiate emessa dal G.i.p. il 14 agosto 2010, contestualmente alla convalida del fermo, adottato dal Pubblico Ministero l’11 agosto 2010 nei confronti del M. a distanza di oltre otto mesi dalla data della scomparsa, risultata definitiva.

4. Immune da vizi logici e giuridici è anche il convincimento manifestato dal giudice di merito circa la sussistenza a carico del ricorrente di gravi indizi di colpevolezza, e cioè di una qualificata probabilità della sua responsabilità riguardo al reato ascrittogli, perchè espressione di un percorso argomentativo coerente e logicamente plausibile, che si sottrae a qualsiasi censura.

Sono stati, infatti, valorizzati gli elementi indizianti, specificatamente descritti in ordinanza e desunti dagli accertamenti investigativi svolti in merito al traffico telefonico dell’utenza mobile in uso allo scomparso, all’utilizzo dell’apparecchio telefonico mobile di quest’ultimo, a poche ore dalla sua scomparsa, da parte dell’indagato con schede telefoniche intestate o in uso allo stesso, alla corrispondenza della zona di detti primi utilizzi a quella del rinvenimento dell’auto abbandonata dello scomparso e alla identità del profilo genetico, accoppiato all’unica traccia ematica utile repertata sul sedile anteriore sinistro della detta auto, con quello sicuramente riferito al ricorrente.

5. A fronte di detto articolato iter motivo del giudice della cautela, il ricorrente deduce violazione di legge e vizio di motivazione.

Quanto alla prima censura che attiene all’utilizzo con determinante efficacia dimostrativa delle dichiarazioni auto-indizianti rese dall’indagato in violazione degli artt. 63 e ss cod. proc. pen., nonostante l’esplicita esclusione da parte del G.i.p. della loro utilizzabilità, si osserva che dal contenuto dell’ordinanza non emerge quanto dedotto dal ricorrente, essendo affidata la piattaforma indiziaria ad elementi diversi dalle indicate dichiarazioni, senza che sia necessario far ricorso alla prova di resistenza.

Quanto alla seconda censura si rileva che il ricorrente ha espresso rilievi, che, pur prospettati come deduzioni dimostrative dell’inadeguatezza e illogicità della motivazione, sono censure di merito, volte a prospettare una diversa interpretazione delle risultanze delle indagini e della specifica consistenza dei fatti indizianti, una diversa valutazione della loro concludenza e una diversa scelta di quelli determinanti, e, quindi, non proponibili in questa sede di legittimità.

Nè il ricorrente, che lamenta genericamente l’omessa valutazione da parte del Tribunale di possibili ipotesi alternative, ha offerto, serbando silenzio in sede di interrogatorio a fronte della contestazione dei fatti è degli "elementi indiziari a suo carico, una spiegazione diversa degli stessi, suscettibile di valutazione, e ha mantenuto una generica posizione difensiva anche con il proposto ricorso nel quale ha enunciato elementi (anello, documenti, file di computer), che ha assunto non essere stati valutati, ma la cui valenza indiziaria neppure ha adombrato.

6. Alla dichiarazione di inammissibilità consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè – valutato il contenuto del ricorso e in difetto dell’ipotesi di esclusione di colpa nella proposizione dell’impugnazione – al versamento, in favore della Cassa delle ammende, della somma che si determina nella misura ritenuta congrua di Euro mille.

La Cancelleria dovrà provvedere all’adempimento prescritto dall’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1-ter.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di Euro mille alla Cassa delle ammende.

Dispone trasmettersi, a cura della Cancelleria, copia del provvedimento del Direttore dell’Istituto penitenziario, ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1-ter.

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