T.A.R. Calabria Catanzaro Sez. I, Sent., 24-05-2011, n. 761 Piano regolatore

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1.- Il ricorrente, Istituto religioso denominato "Ancelle Francescane del Buon Pastore", espone di avere ricevuto nel 1996 da XX, per atto di liberalità, un bene che è stato oggetto di espropriazione, con il decreto impugnato, da parte del Comune di Limbadi per effettuare "lavori di realizzazione delle opere di urbanizzazione in località Vasì". In particolare, sono stati espropriati 6,150 ettari in cat. al fog. 18, part. 47, 48, 49, 40 e 39.

Rinviando al prosieguo l’analisi dettagliata delle singole censure prospettate, le ricorrenti adducono, in generale, l’illegittimità di tale decreto per violazione degli artt. 3 e 7 della legge n. 241 del 1990, degli artt. 8 e ss. del d.p.r. n. 327 del 2001, nonché per eccesso di potere.

2.- Si è costituita in giudizio l’amministrazione comunale, eccependo l’inammissibilità del ricorso per mancata impugnazione nei termini di due atti presupposti, rappresentati dalla deliberazione comunale n. 28 del 30 dicembre 2004 di approvazione della variante urbanistica, nonché dalla deliberazione del 16 agosto 2005, n. 106 di approvazione del progetto definitivo dei lavori.

Nel merito si è dedotta l’infondatezza del ricorso.

3.- Con ordinanza del 20 aprile 2006, n. 282 questo Tribunale ha accolto la domanda cautelare, considerata "l’entità del pregiudizio dedotto".

4.- Entrambe le parti hanno depositato memorie difensive.

5.- In via preliminare, deve essere esaminata l’eccezione proposta dalla difesa del Comune che rilevato come debba essere dichiarata cessata la materia del contendere, in quanto il ricorrente avrebbe rinunciato al procedimento giudiziario di sospensione dell’occupazione e accettato l’indennità di espropriazione.

L’eccezione non è fondata, in quanto, in mancanza di una inequivoca volontà di parte ricorrente, non può ritenersi che non sussista interesse alla decisione nel merito della presente controversia. Né tale volontà può essere desunta dalla sola "rinuncia" a giovarsi degli effetti di sospensione del procedimento espropriativo o dall’accettazione dell’indennità (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 23 marzo 2004, n. 1476).

6.- Il ricorso non è fondato.

6.1.- Con un primo motivo si adduce la mancanza del vincolo preordinato all’espropriazione. Infatti, la delibera del consiglio comunale n. 28 del 30 dicembre 2004 conterrebbe la variante parziale al programma di fabbricazione ma non anche l’apposizione del vincolo.

La censura non è fondata.

L’art. 9 del d.p.r. n. 327 del 2001 prevede, tra l’altro, che un bene è sottoposto al vincolo preordinato all’esproprio quando diventa efficace l’atto di approvazione della variante al piano regolatore generale, che prevede la realizzazione di un’opera pubblica o di pubblica utilità.

Dalla norma riportata risulta come, in presenza della individuazione determinata dell’area oggetto dell’intervento di pubblica utilità da realizzare, è sufficiente l’approvazione della variante perché nasca il vincolo preordinato all’espropriazione quale effetto automatico derivante direttamente dalla previsione legislativa e dall’adozione dell’indicato atto amministrativo.

Nel caso in esame con la delibera n. 28 del 30 dicembre 2004 il Comune ha approvato una variante con indicazione specifica dell’area ove intendeva realizzare "nuovi insediamenti di carattere produttivo di tipo artigianale, industriale, commerciale e direzionale". Nello stesso provvedimento si indica, in dettaglio, l’area interessata dai predetti interventi censiti al foglio di mappa numeri 18 particelle n. 47, 38, 285, 289 e 291.

Ne consegue che l’autorità espropriante, contrariamente a quanto asserito nel ricorso, ha regolarmente iniziato la procedura di espropriazione.

6.2.- Con un secondo motivo si adduce la mancata comunicazione dell’avvio del procedimento volto all’apposizione del vincolo.

La censura non è fondata.

Risulta, infatti, che, con atto n. 6634 del 7 dicembre 2004 è stata data regolare comunicazione di inizio procedimento.

6.3.- Con un terzo motivo si fa valere la mancanza di motivazione e di istruttoria.

In relazione all’asserito difetto motivazionale, la giurisprudenza amministrativa è costante nel ritenere che "le scelte effettuate dalla pubblica amministrazione in sede di formazione ed approvazione dello strumento urbanistico generale sono accompagnate da un’amplissima valutazione discrezionale che, nel merito, appaiono insindacabili e che sono per ciò stesso attaccabili solo per errori di fatto, per abnormità e irrazionalità delle stesse; in ragione di tale discrezionalità, l’amministrazione non è tenuta a fornire apposita motivazione in ordine alle scelte operate nella predetta sede di pianificazione del territorio comunale, se non richiamando le ragioni di carattere generale che giustificano l’impostazione del piano" (ex plurimis, Consiglio Stato, sez. IV, 16 febbraio 2011, n. 1015).

Nel caso in esame l’atto di approvazione della variante, indicando l’esigenza di realizzare "nuovi insediamenti di carattere produttivo di tipo artigianale, industriale, commerciale e direzionale", ha rispettato le condizioni di legittimità poste a base dell’orientamento giurisprudenziale sopra riportato.

In relazione, invece, all’asserito difetto di istruttoria, deve rilevarsi come la doglianza sia generica e in quanto tale inammissibile.

6.4.- Con un’ultima censura si adduce il difetto di competenza dell’organo gestionale ad adottare la determinazione n. 106 del 2005 di approvazione del progetto che ha comportato la dichiarazione di pubblica utilità. Si assume che la competenza spetterebbe al Consiglio comunale ovvero alla Giunta nel caso in cui l’opera rientri nei programmi, piani ed elenchi già adottati dal consiglio.

La censura non è fondata.

L’art. 42 indica tassativamente gli atti fondamentali di competenza consiliare tra i quali rientra l’adozione dei piani territoriali ed urbanistici ma non anche l’approvazione dei singoli progetti che, inseriti nell’ambito di una pianificazione già approvata dal consiglio, sono di competenza gestionale dei dirigenti.

7.- La natura della controversia giustifica l’integrale compensazione tra le parti delle spese di giudizio.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta, con integrale compensazione tra le parti delle spese di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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