T.A.R. Emilia-Romagna Parma Sez. I, Sent., 24-05-2011, n. 145 CIRCOLAZIONE STRADALE

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con il primo dei due ricorsi in epigrafe, rubricato al n. 315/2008, la società E. impugna il provvedimento in data 15 settembre 2008 n. 508, con il quale il Comune di Piacenza ha ordinato la revoca dell’autorizzazione petrolifera nonché disposto la disattivazione dell’impianto a decorrere dal sessantesimo giorno dalla notifica dell’ordinanza.

La ricorrente ritiene che il provvedimento sia illegittimo per i seguenti motivi:

1. Violazione dell’art. 21 septies della legge 241/1990, in quanto la sospensione cautelare del provvedimento di revoca, disposta dal T.A.R. con ordinanza del 19 dicembre 2007 n. 282 precludeva al Comune di Piacenza l’assunzione di provvedimenti di identico contenuto rispetto a quello già sospeso.

2. Violazione e falsa applicazione dell’art. 3 comma1, D.lgs. 8 settembre 1999 n. 346. Violazione dell’art. 3, comma 2, d.lgs. 11 febbraio 1998 n. 32 per difetto assoluto dei presupposti di fatto e di diritto. Infatti, le esigenze di sicurezza stradale che fondano la revoca dell’autorizzazione derivano dall’attuazione della nuova viabilità prevista nel PUA AID 22 Guazzo, che costituisce uno strumento urbanistico inattuabile e, comunque, inopponibile alla ricorrente, la quale non risulta tra i proponenti del piano né tantomeno tra i suoi firmatari.

3. Violazione dell’art. 3, comma 1 D.lgs. 8 settembre 1999 n. 346. Violazione degli artt. 1 (comma 5) e 3 (comma 2) del d.lgs. 11 febbraio 1998 n. 32. Violazione dell’art. 7 della l. 24171990, eccesso di potere per difetto dei presupposti legittimanti. Sviamento, travisamento, contraddittorietà. La revoca dell’autorizzazione petrolifera è illegittima anche per essere stata comunicata alla ricorrente unitamente alla dichiarazione di incompatibilità, in violazione degli artt. 1, comma 5 e 3, comma 2 del d.lgs. 3271998, che impongono ai Comuni di comunicare, prima della revoca dell’autorizzazione, eventuali profili di incompatibilità della stessa in modo tale da consentire di presentare piani di adeguamento alle vigenti norme da effettuare nel periodo di due anni. Inoltre, la dichiarazione di incompatibilità deve essere preceduta dalla comunicazione di avvio del procedimento ai sensi dell’art. 7 l. 241/1990. Ciò, nel caso di specie, non è avvenuto, e così operando, l’amministrazione ha precludo alla ricorrente la possibilità di presentare, nel termine di legge, un programma di adeguamento.

4. Nel merito, erroneità in fatto e in diritto delle contestazioni e dei profili di incompatibilità indicati nel provvedimento impugnato. Sviamento. L’amministrazione contesta all’impianto il contrasto con l’art. 46 reg. cod. strada, in quanto non sarebbero rispettate le distanze dalle intersezioni con le strade.

La contestazione è tuttavia compiuta con riguardo alla viabilità prevista e realizzata in esecuzione di un Piano attuativo che il T.A.R. ha ritenuto inopponibile alla ricorrente. Il provvedimento è motivato con il contrasto dell’impianto rispetto all’art. 46 del D.P.R. n. 495/1992, che prescrive la distanza minima di 12 metri dagli incroci; tuttavia, secondo la ricorrente, la distanza minima di 12 metri riguarda solo la realizzazione di nuovi passi carrabili, mentre per quelli preesistenti vi è un onere di adeguamento limitatamente ai casi in cui ciò sia effettivamente necessario. In secondo luogo, ammesso che l’impianto sia irregolare, il Comune avrebbe dovuto adottare una serie di accorgimenti tecnici per aumentare il livello di sicurezza stradale dell’impianto, ciò che è imposto dall’art. 22, comma 9 del C.S.

Infine, la disposizione che si assume a fondamento della chiusura dell’impianto non deve essere intesa come parametro di per sé inderogabile, nel senso che il codice pretenda il suo rispetto incondizionato, in quanto rappresenta solo un indice di allarme che, tuttavia, deve essere corroborato da precise circostanze atte ad avvalorare tale presunzione. Nel caos in questione è assente ogni riferimento a situazioni di concreto pericolo, che risulterebbero smentiti dall’attività pluridecennale del distributore di carburanti.

In data 26 febbraio 2009 è stata chiesta la misura cautelare, che il Collegio ha respinto in data 11 marzo 2009, con ordinanza n. 45/09.

Il Consiglio di Stato ha respinto l’appello avverso la misura cautelare con ordinanza n. 3266/2009.

Si è costituito in giudizio il Comune di Piacenza, con memoria in data 6 marzo 2009, chiedendo la reiezione del ricorso nel merito.

Si è costituita in giudizio anche l’Immobiliare S. con memoria in data 7 marzo 2009, chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile per mancata tempestiva impugnazione di un atto presupposto (P.U.A. AID 22 Guazzo, conosciuto dalla ricorrente in quanto prodotto nel precedente ricorso pendente al n. 372/2007, nonché l’Immobiliare S., chiedendo la reiezione del ricorso).

In vista della pubblica udienza la ricorrente ha depositato ulteriore memoria e documenti.

Con il successivo ricorso n. 17/2010, la medesima ricorrente ha impugnato l’ordinanza dirigenziale del Comune di Piacenza n. 8 del 23 novembre 2009, con la quale è stato negato il nulla osta richiesto dalla società E. s.r.l. per l’adeguamento degli accessi all’impianto di distribuzione carburanti in viale S.A. n. 25 e vietato di proseguire l’attività oggetto della denuncia di inizio attività commerciale presentata dalla stessa società per la vendita di carburanti afferente l’impianto già ubicato nello stesso viale.

La stessa ricorrente si duole per i seguenti motivi:

I) Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 19 legge 7 agosto 1990 n. 241 e 1 d.lgs. 11 febbraio 1998 n. 32. Eccesso di potere. Travisamento. Il provvedimento impugnato motiva il diniego della D.I.A., asserendo che tale strumento non potrebbe essere utilizzato al fine di intraprendere l’attività di distribuzione carburanti, in quanto la legge 241/1990 rimane legge di principio, mentre la disciplina degli impianti di distribuzione di carburanti si trova nel d.lgs. 32/1998, dunque in una legge speciale, e sarebbe indifferente all’applicazione dell’art. 19 della legge 7 agosto 1990 n. 241.

Tale argomentazione non sarebbe condivisibile in quanto configura una interpretatio abrogans dello strumento della D.I.A., in quanto secondo la prospettazione comunale sarebbe percorribile solo per quelle attività per le quali sia espressamente contemplato tale modello abilitativo dalle norme di settore. In tal modo, verrebbe meno la ratio dello strumento e la lettera della legge che sancisce che la D.I.A. può essere utilizzata in via generale con riferimento a qualsiasi tipo di provvedimento abilitativo, non essendo richiesta una espressa ammissione di tale facoltà.

II) Erronea prospettazione della proprietà comunale di parte dell’area su cui sorge l’impianto. Eccesso di potere. Travisamento. Violazione e/o falsa applicazione di qualsivoglia disposizione concernente il trasferimento del diritto di proprietà. L’Ente locale asserisce, nel provvedimento impugnato, di essere proprietario di una parte dell’area su cui sorge l’impianto, tuttavia tale assunto sarebbe destituito di fondamento, in quanto esso sarebbe di piena e esclusiva proprietà di E. s.r.l. Infatti, la società non ha sottoscritto l’accordo attuativo relativo alla cessione delle aree per la realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria; pertanto, anche ove si dovesse ritenere che il P.U.A. apponga sull’area un vincolo espropriativo, il mappale non è di proprietà dell’amministrazione, non essendo allo stato intervenuta alcuna delle ipotesi in cui l’ordinamento riconosce l’effetto traslativo del diritto di proprietà.

III) Eccesso di potere. Travisamento. Il provvedimento ritiene che la società non avrebbe posto in essere quanto dichiarato nella D.I.A., ovvero che non avrebbe eliminato gli aspetti di incompatibilità dell’impianto con la disciplina della circolazione stradale asserite dall’ente locale quando ha adottato il provvedimento di revoca dell’autorizzazione petrolifera, oggetto del ricorso rubricato al n. 315/2008. Invero l’ente locale lamenta che nonostante le predisposizione della segnaletica orizzontale, i veicoli continuerebbero a accedere all’area di servizio transitando dai preesistenti accessi, in tal modo, però, contestando e addebitando alla ricorrente condotte illecite degli utenti della strada.

IV) Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 22, comma 1 e 2, d.lgs. 4 aprile 1992 n. 285 e 46, commi 1 e 2, lett. a), d.P.R. 16 dicembre 1992 n. 495. Eccesso di potere. Travisamento. Il provvedimento di diniego impugnato ravvisa che i profili di illegittimità già precedentemente rilevati nell’ordinanza 508/2008 permangono immutati, in particolare il mancato rispetto da parte dei nuovi accessi all’impianto di mt. 12,00 dalle intersezioni. Secondo la ricorrente anche tale contestazione è destituita di fondamento.

Infatti, come è facilmente desumibile dalla documentazione, l’attuale localizzazione degli impianti coincide con le preesistenti corsie laterali e l’obiezione dell’amministrazione comunale è priva di pregio, in concreto. Inoltre, la destinazione ad area ciclopedonale del mappale n. 49 non ha effetti concreti fino a quando il Comune non diverrà proprietario, nei modi previsti dall’ordinamento, dell’area in questione.

Si sono costituiti in giudizio il Comune di Piacenza e la contro interessata Immobiliare S.A., chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile, improcedibile e comunque respinto nel merito.

La ricorrente ha rinunciato all’istanza cautelare in data 8 febbraio 2010, chiedendo la riunione dei ricorsi in questione.

Chiamati i ricorsi alla pubblica udienza del 12 gennaio 2011 previa riunione, essi sono stati definiti nella camere di consiglio del 12 e 26 gennaio 2011.
Motivi della decisione

Il Collegio, preliminarmente, riunisce i ricorsi in epigrafe accomunati da identità degli elementi soggettivi e da un’unica vicenda in punto di fatto.

La questione di cui si controverte riguarda la legittima localizzazione dell’impianto di distribuzione di carburanti della società E. s.r.l..

I ricorsi sono entrambi infondati.

Con il provvedimento gravato nel ricorso 315/08 l’amministrazione locale ha revocato l’autorizzazione petrolifera in quanto non compatibile con le scelte viabilistiche e non conforme alle norme sulla circolazione stradale e la sicurezza.

1. La ricorrente lamenta, nel primo motivo, la violazione dell’articolo 21 septies della legge 241/1990, ossia la violazione e/o elusione di giudicato, in quanto sulla vicenda vi era già stato un contenzioso giurisdizionale atteso che il Comune aveva emanato una prima revoca dell’autorizzazione petrolifera; tale giudizio ha spiegato la propria fase cautelare con un’ordinanza del T.A.R., la n. 00282/2007,e con l’ordinanza del Consiglio di Stato n.5634/08, che ha dichiarato improcedibile l’istanza cautelare, in quanto nelle more della decisione, il Comune di Piacenza ha emesso una nuova revoca dell’autorizzazione petrolifera. Secondo la ricorrente vi sarebbe una elusione del giudicato in quanto la sospensione cautelare del provvedimento di revoca, disposta dal T.A.R. con ordinanza del 19 dicembre 2007 n. 282 precludeva al Comune di Piacenza l’assunzione di provvedimenti di identico contenuto rispetto a quello già sospeso.

Il motivo è infondato, in quanto nel giudizio dell’anno 2007, rubricato al n. 372, non si è formato alcun giudicato, atteso che il Consiglio di Stato ha dichiarato, in fase di appello sull’ordinanza cautelare, l’improcedibilità della medesima per sopraggiunto difetto di interesse. Anche a voler prescindere dalla questione delle diversità tra i due provvedimenti, deve escludersi che l’appello sull’ordinanza cautelare che ha dichiarato l’improcedibilità della stessa per il sopraggiungere del nuovo provvedimento, possa far ritenere che si sia formato il giudicato anche sulle vertenze afferenti sul provvedimento successivo.

2. Con il secondo motivo la ricorrente ritiene che manchino i presupposti di fatto e di diritto per l’emanazione del provvedimento in parola, in quanto le esigenze di sicurezza stradale derivano dall’attuazione della nuova viabilità prevista nel P.U.A. AID 22 Guazzo, che costituirebbe uno strumento urbanistico inattuabile e, comunque, in opponibile alla ricorrente, la quale non risulta tra i proponenti del piano né tantomeno tra i suoi firmatari.

Il motivo è infondato. Infatti, il PUA è stato approvato in uno specifico atto del Consiglio Comunale e la ricorrente, pur dando mostra di conoscerlo – in quanto lo ha allegato al precedente ricorso n. 372/2007 – non lo ha impugnato nei termini, per cui le disposizioni di tipo urbanistico in esso contenute non sono da essa contestabili. Il fatto che la ricorrente non abbia sottoscritto la convenzione urbanistica è irrilevante atteso che essa regola i rapporti tra i lottizzanti su specifici aspetti del piano di lottizzazione, mentre le scelte urbanistiche del piano sono di carattere generale e devono essere tempestivamente impugnate da chi vuole contestarle.

3. Con il terzo motivo la ricorrente si duole del fatto che la revoca dell’autorizzazione petrolifera le è stata comunicata alla ricorrente unitamente alla dichiarazione di incompatibilità, in violazione degli artt. 1, comma 5 e 3, comma 2 del d.lgs. 3271998, che impongono ai Comuni di comunicare, prima della revoca dell’autorizzazione, eventuali profili di incompatibilità della stessa in modo tale da consentire di presentare piani di adeguamento alle vigenti norme da effettuare nel periodo di due anni. Inoltre, la dichiarazione di incompatibilità non è stata preceduta dalla comunicazione di avvio del procedimento ai sensi dell’art. 7 l. 241/1990: l’amministrazione ha precludo alla ricorrente la possibilità di presentare, nel termine di legge, un programma di adeguamento.

Il motivo è privo di pregio in quanto il Comune di Piacenza già nell’anno 2007 aveva comunicato alla E. l’avvio del procedimento di revoca dell’autorizzazione petrolifera a motivo dell’incompatibilità dell’impianto con la zona storica in cui esso insite. Risulta, inoltre, che vi sia stato almeno un incontro, il 1 giugno 2007, tra i rappresentanti della società e l’amministrazione comunale, al fine di valutare la possibilità di delocalizzare l’impianto (nota in data 03 luglio 2007 del Comune)

Da tali elementi fattuali discende la piena conoscenza dell’intero procedimento e delle ragioni dell’incompatibilità da parte della ricorrente per cui le norme in rubrica non sono state violate.

4. Con il quarto motivo la ricorrente si duole di una serie di profili di merito che sarebbero stati erroneamente considerati nel provvedimento di revoca, quale, ad esempio, il mancato rispetto delle disposizioni del Codice della Strada in materia di distanze (12 mt.) degli accessi degli impianti rispetto alle intersezioni degli incroci.

Il motivo appare destituito di fondamento, atteso che il d.lgs. 285/1992, all’art. 46, sancisce che la costruzione dei passi carrabili è autorizzata dall’ente proprietario della strada nel rispetto della normativa edilizia e urbanistica vigente e il passo carrabile deve essere realizzato in modo che sia almeno a distanza di 12 metri dalle intersezioni. Nel caso di specie, giacché il P.U.A. prevede che sulla strada su cui insiste l’impianto venga realizzata una pista ciclopedonale, si applica a questo genere di strade l’art. 46 mercé il richiamo effettuato dall’art. 62 comma 3 del Regolamento di attuazione del Codice della Strada, d.p.r. 495/1992. In particolare, risulta che tale previsione non sia rispettata dall’impianto in questione dalla Relazione del Servizio Pianificazione territoriale del Comune costituito, in cui si legge che è stato riscontrato che la porzione della particella n. 49 insieme a quella segnata come "acque pubbliche" è utilizzata come spazio di manovra e di sosta per il rifornimento presso il distribuito re di carburante e, sulle stesse aree è aggettante la pensilina dell’impianto.

Tal circostanza risulta confermata dalla documentazione fotografica prodotta in atti.

Il ricorso n. 315 del 2008 deve pertanto, essere respinto.

Analogamente il Collegio ritiene infondate le doglianze contenute nel ricorso 17/2010.

Giova rammentare che il provvedimento ivi impugnato origina da una richiesta della ricorrente, successiva rispetto alla revoca dell’autorizzazione impugnata con il ricorso rubricato al n. 315/2008, con la quale veniva richiesto il nulla osta comunale per poter adeguare gli impianti incompatibili ai sensi del d.lgs 32/1998 ove si precisava che la richiesta non implica rinuncia ai ricorsi proposti innanzi al T.A.R. ne acquiescenza nei confronti degli atti impugnati, ma "costituisce un atto di volontà per addivenire con il Comune ad una soluzione della controversia che possa soddisfare gli interessi di tutti".

La ricorrente ha, inoltre, presentato una D.I.A. di attività commerciale ai sensi dell’art. 19 L. 241/1990.

Il Comune, avviato il procedimento di diniego del nulla osta, ha negato il nulla osta richiesto per l’adeguamento dell’impianto e vietato di intraprendere e proseguire l’attività commerciale oggetto della D.I.A. presentata da E. s.r.l., con il provvedimento impugnato con il ricorso n. 17/10.

Il ricorso è infondato, in quanto:

1. Con riguardo ai punti B1 e B2 del provvedimento, la ricorrente lo contesta nella parte in cui motiva il diniego della D.I.A., laddove si asserisce che tale strumento non potrebbe essere utilizzato al fine di intraprendere l’attività di distribuzione carburanti, in quanto la legge 241/1990 rimane legge di principio, mentre la disciplina degli impianti di distribuzione di carburanti si trova nel d.lgs. 32/1998, dunque in una legge speciale, e sarebbe indifferente all’applicazione dell’art. 19 della legge 7 agosto 1990 n. 241.

Tale argomentazione non sarebbe condivisibile in quanto configura una interpretatio abrogans dello strumento della D.I.A., in quanto secondo la prospettazione comunale sarebbe percorribile solo per quelle attività per le quali sia espressamente contemplato tale modello abilitativo dalle norme di settore. In tal modo, verrebbe meno la ratio dello strumento e la lettera della legge che sancisce che la D.I.A. può essere utilizzata in via generale con riferimento a qualsiasi tipo di provvedimento abilitativo, non essendo richiesta una espressa ammissione di tale facoltà.

L’interpretazione fornita dal ricorso per quanto concerne l’art. 19 della legge 241/1990 non è condivisibile, atteso che l’art. 19 non ha eliminato le leggi speciali e di settore, che prevedono per talune tipologie di attività, la permanenza dell’autorizzazione, come nel caso del d.lgs. 32/1998.

Infatti, l’art. 19 precisa che la D.I.A. è applicabile nei casi in cui non sia previsto alcun limite o contingente complessivo o specifici strumenti di programmazione settoriale per il rilascio dei nulla osta, autorizzazioni etc… per cui non può applicarsi agli impianti di distributori di carburanti, ce sono oggetto di una programmazione territoriale ai sensi dell’art. 2 del d.lgs. 286/1998; vengono inoltre in rilievo interessi ambientali e relativi alla sicurezza stradale, per cui la D.I.A. non è applicabile anche sotto questo ulteriore profilo.

2. Con riguardo al punto 2 sollevato con riferimento al punto B3 del provvedimento, la ricorrente contesta l’affermazione contenuta nel provvedimento impugnato, per cui l’Ente locale sarebbe divenuto proprietario di una parte dell’area su cui sorge l’impianto; tale assunto sarebbe destituito di fondamento, in quanto l’area sarebbe di piena e esclusiva proprietà di E. s.r.l. Prova di ciò sarebbe che la società non ha sottoscritto l’accordo attuativo relativo alla cessione delle aree per la realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria; pertanto, anche ove si dovesse ritenere che il P.U.A. apponga sull’area un vincolo espropriativo, il mappale non è di proprietà dell’amministrazione, non essendo allo stato intervenuta alcuna delle ipotesi in cui l’ordinamento riconosce l’effetto traslativo del diritto di proprietà.

Il motivo è inammissibile in quanto il giudice amministrativo non ha giurisdizione in ordine a questioni inerenti l’accertamento del diritto di proprietà, trattandosi di materia demandata alla giurisdizione del giudice ordinario.

3. Con il terzo mezzo la ricorrente ritiene che il provvedimento di diniego della D.I.A. sia illegittimo in quanto ivi si legge che la società non avrebbe già posto in essere quanto dichiarato nella D.I.A., ovvero che non avrebbe eliminato gli aspetti di incompatibilità dell’impianto con la disciplina della circolazione stradale asserite dall’ente locale quando ha adottato il provvedimento di revoca dell’autorizzazione petrolifera, oggetto del ricorso rubricato al n. 315/2008. Invero l’ente locale lamenta che nonostante le predisposizione della segnaletica orizzontale, i veicoli continuerebbero a accedere all’area di servizio transitando dai preesistenti accessi, in tal modo, però, contestando e addebitando alla ricorrente condotte illecite che sono proprie solo degli utenti della strada.

Il motivo è destituito di fondamento come risulta dalla documentazione fotografica (numero 11 prod. Comune Piacenza), atteso che risulta per tabulas che sono state apposte dei tratti di segnaletica orizzontale, non compatibili con il passaggio della pista ciclopedonale e con il corretto accesso delle autovetture all’impianto e alla strada.

4. Con il quarto motivo la ricorrente contesta il fatto che il provvedimento di diniego impugnato ravvisa il fatto che i profili di illegittimità già precedentemente rilevati nell’ordinanza 508/2008 permangono immutati, in particolare il mancato rispetto da parte dei nuovi accessi all’impianto di mt. 12,00 dalle intersezioni.

Secondo la ricorrente anche tale contestazione è destituita di fondamento.

Infatti, come è facilmente desumibile dalla documentazione, l’attuale localizzazione degli impianti coinciderebbe con le preesistenti corsie laterali e l’obiezione dell’amministrazione comunale sarebbe priva di pregio, in concreto. Inoltre, la destinazione ad area ciclopedonale del mappale n. 49 non avrebbe effetti concreti fino a quando il Comune non diverrà proprietario, nei modi previsti dall’ordinamento, dell’area in questione.

Sul profilo dell’assetto proprietario dell’area in questione si è già detto al punto 2). Invero, per quanto concerne il rispetto delle distanze, il punto B.5 dell’atto in questione afferma anche qualcosa di più in termini di violazione del Codice della Strada, che rimane, però, incontestato da parte della ricorrente, ossia che "uno degli accessi (…) è stato tracciato sul lato est dell’impianto destinato a strada cicplopedonale, gravata da servitù di pubblico passaggio pedonale e carrabile, per i soli mezzi di soccorso e di pubblica sicurezza, ancora quindi in assoluto contrasto con quanto previsto dall’art. 22 punto 2 d.lgs. 2385/1992 e con l’art. 46 punto 1 e punto 2 lett. a) del d.P.R. 16/12/1992 n. 495 s.m.i.". Tale circostanza, non contestata nel motivo di ricorso, relativa ai mezzi di soccorso e di sicurezza e al mancato rispetto delle distanze è di per sé sufficiente a dimostrare la non conformità degli adeguamenti effettuati alle disposizioni del Codice della Strada e del regolamento attuativo.

Ci si riporta per il resto della misurazione a quanto affermato al precedente punto 4) relativamente al ricorso n. 315/2008.

Alla luce delle suesposte argomentazioni entrambi i ricorsi, previa loro riunione,devono essere respinti, con rigetto della domanda di risarcimento del danno da parte del Comune di Piacenza, essendo, tra l’altro, stato negato il provvedimento di sospensiva richiesto, sia in primo grado che in appello.

Le spese di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.

definitivamente pronunciando sui ricorsi, come in epigrafe proposti, previa riunione degli stessi, li respinge.

Respinge la domanda di risarcimento del danno da lite temeraria proposta dal Comune di Piacenza nel ricorso n. 17/2010.

Condanna la E. s.r.l al pagamento delle spese di giudizio, che liquida in euro 2.500,00 da liquidare al Comune di Piacenza ed euro 2.500,00 da liquidare alla controinteressata costituita in giudizio, oltre Iva e altri oneri come per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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