Cass. civ. Sez. I, Sent., 26-09-2011, n. 19570 Interruzione per morte o perdita della capacità della parte

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Ministero della Giustizia ricorre per cassazione contro il decreto della Corte di appello di Roma che lo ha condannato al pagamento in favore di G.A. della somma di 140.000 Euro a titolo di danno morale, biologico e all’immagine derivatogli dall’irragionevole durata del processo penale che lo aveva visto imputato del reato di cui all’art. 416 bis c.p., e che si era concluso dopo tredici anni dall’avviso di garanzia del marzo 1993 con sentenza di assoluzione per non aver commesso il fatto della Corte di assise di appello di Napoli.

Il ricorso del Ministero è basato su quattordici motivi di impugnazione.

Si difendono con controricorso e propongono ricorso incidentale, basato su sei motivi di impugnazione gli eredi di G.A., M.G., An., A. e G.M..

Il Ministero si difende dal ricorso incidentale con controricorso e propone, a sua volta, quattro motivi di ricorso incidentale.
Motivi della decisione

I ricorsi vanno riuniti sussistendo a tal fine i presupposti di legge.

Preliminarmente va esaminata la richiesta del Procuratore Generale di dichiarare inammissibile il ricorso principale sulla base della giurisprudenza delle Sezioni Unite civili di questa Corte (Cass. civ. S.U. n. 26279 del 16 dicembre 2009) che, per il caso di morte della parte vittoriosa, afferma che l’impugnazione della sentenza deve essere rivolta e notificata agli eredi, indipendentemente sia dal momento in cui è avvenuto il decesso della parte, sia dell’eventuale ignoranza dell’evento, anche se incolpevole, da parte del soccombente con la conseguente inammissibilità dell’impugnazione se rivolta e notificata alla parte deceduta. Come è stato rilevato dalla pronuncia n. 13429/2010 le Sezioni Unite nel porre in evidenza come l’esigenza di tutela della buona fede di una parte non possano compromettere il diritto di difesa dell’altra parte, hanno individuato il fondamento del dovere di indirizzare l’atto di impugnazione nei confronti degli eredi della parte vittoriosa nel basilare principio già enunciato dall’art. 101 c.p.c., e ora ribadito dal nuovo testo dell’art. 111 Cost., secondo cui "ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti"; il che comporta anche che il processo si debba svolgere nei confronti della "giusta parte", quale non può evidentemente essere considerata la persona non più in vita. Ne consegue che l’eccezionale deroga introdotta dall’art. 300 c.p.c., che consente la prosecuzione del giudizio nei confronti della parte deceduta, se il suo procuratore non dichiara o notifica l’evento, non può essere ritenuta operante indefinitamente, anche nell’eventuale grado successivo del giudizio, in cui si da luogo a un nuovo rapporto processuale ulteriore e distinto, anche se collegato a quello ormai esaurito con la pronuncia della sentenza. Si è detto in altri termini (Cass. n. 9551/2010) che la pronuncia delle Sezioni Unite ha ritenuto irrilevante lo stato soggettivo della parte che propone l’impugnazione per la sostanziale ragione che le parti quando è definito un grado e deve aprirsene un altro tornano nella situazione in cui si trova l’attore prima di proporre la domanda, cioè in quella di dover conoscere la condizione di colui con il quale si intende contrarre il rapporto processuale. Una valutazione almeno in parte difforme delle esigenze di tutela della parte incolpevolmente ignara della morte del suo contraddittore è stata fornita dalla pronuncia n. 5841/2010 secondo la quale in caso di morte della parte vittoriosa, avvenuta dopo la pubblicazione della sentenza di primo grado ma prima della notificazione della stessa, effettuata dal procuratore del defunto, sottacendo la circostanza della morte, deve ritenersi valida l’impugnazione proposta nei confronti della parte deceduta presso il predetto procuratore, qualora sia accertata l’incolpevole ignoranza dell’evento da parte dell’appellante.

Il caso in esame non presenta tuttavia i presupposti per l’applicazione della giurisprudenza da ultimo citata. Il decreto della Corte di appello di Roma è stato depositato il 15 aprile 2008 e non è stato notificato ai fini del decorso del termine breve di impugnazione. L’otto agosto 2003 il senatore G.A. è deceduto. Il Ministero della Giustizia ha notificato il ricorso per cassazione proposto nei confronti di G.A. presso il difensore domiciliatario il 27 maggio 2009. Non risulta quindi che il ricorrente sia stato indotto in errore circa la validità della proposizione e della notifica del ricorso. Deve al contrario ritenersi che la circostanza della morte di G.A., avvenuta peraltro a distanza di oltre nove mesi dalla successiva notifica del 27 maggio 2009, fosse facilmente conoscibile dall’Avvocatura Generale dello Stato per essere un fatto di pubblica conoscenza ampiamente riportato su tutti i grandi mezzi di comunicazione. In ogni caso può ritenersi che non vi sia stata la dovuta diligenza richiesta dalla citata giurisprudenza delle Sezioni Unite nell’accertare quale parte dovesse essere chiamata a difendersi davanti la Corte di Cassazione.

Va dichiarata l’inammissibilità del ricorso principale mentre il ricorso incidentale è privo di efficacia essendo stato proposto oltre il termine ordinario di impugnazione.

L’esito del giudizio giustifica l’integrale compensazione delle spese.
P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi, dichiara inammissibile il ricorso principale e privo di efficacia il ricorso incidentale. Compensa interamente le spese processuali del giudizio di cassazione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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