T.A.R. Lazio Roma Sez. I ter, Sent., 24-05-2011, n. 4594

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il contenzioso introdotto con i ricorsi in epigrafe indicati è stato già oggetto di un primo e parziale scrutinio da parte della Sezione che, con decisione nr. 1762 del 2011, ha:

– riunito, per connessione, entrambi i ricorsi;

– dichiarato, in via definitiva, cessata la materia del contendere in ordine al ricorso nr. 3689/2006- R.G.;

– disposto, in via interlocutoria e con riferimento al secondo ricorso, un supplemento di istruttoria onerandone la resistente amministrazione.

Più specificamente con la prima domanda di giustizia il ricorrente – (ammesso quale testimone di giustizia, unitamente al proprio nucleo familiare, allo Speciale Programma di protezione (di seguito: P.s.p.) di cui agli artt. 13 e seguenti della legge n. 82 del 1991, con deliberazione della Commissione centrale ex art.10 L. n.82 del 1991 (di seguito: Commissione) del 23.1.2003) – si era gravato avverso la deliberazione del 19.12.2005 con cui la Commissione, pur accogliendo la sua richiesta di capitalizzazione delle misure di assistenza economica in godimento (motivata con l’intendimento del rientro nel comune di residenza per riprendere l’attività di rivenditore di automobili in precedenza esercitata), aveva disposto la cessazione del P.s.p. incaricando le competenti Autorità di assicurare al testimone le ordinarie misure di protezione con la sola eccezione dell’accompagnamento, con scorta, in occasione di impegni giudiziari.

Sennonchè la materia del contendere relativa a tale prima impugnativa (che è stata circoscritta alla sola parte in cui la delibera del 19.12.2005 non ha disposto la modifica delle misure tutorie trasformando il P.s.p. in Speciali misure di protezione) è venuta meno una volta appurato, dall’esame degli atti relativi al secondo ricorso (nr.2867/2010), che nel 2007, e con precisione il 19.2.2007, la Commissione aveva deliberato di accordare al testimone le Speciali (e non ordinarie) misure di protezione in località di origine, mentre in precedenza aveva già provveduto all’erogazione, in misura massima, della capitalizzazione delle misure assistenziali oltre ad un ulteriore contributo straordinario "per un notevole importo complessivo".

Con riferimento, invece, al contenzioso correlato alla seconda domanda di giustizia (con cui si impugna la deliberazione con la quale la Commissione, il 19.1.2010, ha escluso la proroga, in favore del testimone e dei suoi familiari, delle Speciali misure di protezione a suo tempo attivate e venute a scadenza il 30.12.2009, accordando le sole ordinarie misure di protezione (con l’eccezione dei servizi di accompagnamento in occasione di eventuali impegni giudiziari del testimone)), la Sezione ha ritenuto la causa non matura per la decisione; e tanto per le considerazioni che, in parte qua, testualmente si riproducono: "Si è detto che nel preambolo della deliberazione del 19.1.2010 si offre contezza di un articolato iter istruttorio che ha visto coinvolti la Prefettura, la Direzione distrettuale antimafia di Napoli e la Direzione nazionale antimafia: organi tutti univocamente determinatisi per la cessazione delle speciali misure di protezione nei confronti del C. e del suo nucleo familiare; e ciò anche in considerazione dell’attenuarsi del grado di esposizione a pericolo e dell’assenza di segnalazioni in ordine a situazioni di rischio accertate.

Ora proprio in quanto tale significativo presupposto è oggetto di specifica contestazione da parte del ricorrente che si duole dell’ignoranza di tali atti interni, il Collegio ritiene meritevole di apprezzamento la richiesta istruttoria inclusa in gravame e, per l’effetto, onera l’amministrazione resistente del deposito – presso la Segreteria della Sezione entro il termine di giorni sessanta decorrente dalla notificazione ovvero, se anteriore, della comunicazione della presente decisione – dei documenti ed atti richiamati nel preambolo della deliberazione impugnata a supporto della decretata cessazione delle speciali misure di protezione nei confronti del C. e dei suoi familiari ".

Tali atti, depositati dalla Difesa erariale il 05.3.2011, sono invero allegati ad una nota controdeduttiva dell’Amministrazione dell’Interno trasmessa dalla stessa Amministrazione alla medesima Difesa erariale il 27.5.2010, ma mai da quest’ultima versati (prima del 5.3.2011) in giudizio (da tanto l’ovvia esigenza dell’istruttoria disposta dalla Sezione con la decisione nr.1762/2011 del 24.2.2011 sopra richiamata).

Dunque, pur se formalmente lo iussum iudici impartito non risulta ottemperato, la produzione del 05.3.2011 assolve, di fatto, alle esigenze istruttorie dianzi accennate. Comunque, a seguito di tale produzione, parte ricorrente (che ha notificato alla resistente copia della sentenza n.1762/2011 ed in data 12.4.2011 ha depositato la relativa documentazione) non ha fatto pervenire memorie conclusionali e quindi, all’udienza del 12 maggio 2011 (cui è stato presente un procuratore delegato dal difensore del ricorrente) la causa è passata in decisione.
Motivi della decisione

I)- Il ricorrente muove avverso l’impugnata deliberazione tre mezzi di gravame che possono così sintetizzarsi.

Nel primo mezzo ci si duole della carente ed inadeguata motivazione dell’atto che configura (quella che viene definita) "tale tipo di revoca" come una naturale conseguenza della scadenza del termine di vigenza delle Speciali misure di protezione senza considerare effettivamente la sussistenza, o meno, di quelle situazioni di pericolo che costituiscono un limite obiettivo all’esercizio della discrezionalità amministrativa.

Col secondo motivo si assume violato il procedimento, regolamentato dall’art.10 del d.m. nr. 161 del 2004, concernente la determina di cessazione delle Speciali misure; mentre la terza censura è mirata a contestare la mancata considerazione della posizione dei familiari del testimone anch’essi, immotivatamente, esclusi dal regime di speciale tutela.

II)- Appare opportuno prima di procedere allo scrutinio delle sopra sintetizzate doglianze individuare il quadro normativo di riferimento, dato dalle disposizioni della Legge n. 82 del 1991 (di conversione del d.l. n. 8 del 1991), nonché dal Regolamento di attuazione di cui al decreto interministeriale nr. 161 del 1004. In tale ambito – e con riferimento alla specificità del corrente contenzioso che è relativo alla mancata proroga delle Speciali misure di protezione già applicate al testimone ed al suo nucleo familiare – vanno menzionati:

– l’art.16 bis della Legge che, al c.1., estende ai cc. dd. "Testimoni di giustizia" le Speciali misure di protezione già previste per i cc.dd. "collaboratori di giustizia" dagli artt. 9 e 13, comma 5, consentendone l’applicazione "se ritenute necessarie,(anche: ndr.) a coloro che coabitano o convivono stabilmente con le persone indicate nel comma 1, nonché, ricorrendone le condizioni, a chi risulti esposto a grave, attuale e concreto pericolo a causa delle relazioni trattenute con le medesime persone";

– l’art.9 della Legge che, al c.1, consente (per effetto del rinvio di cui sopra) l’applicazione nei confronti dei testimoni (che, a causa delle dichiarazioni rese in sede processuale, versano in grave e attuale pericolo), di "speciali misure di protezione idonee ad assicurarne l’incolumità provvedendo, ove necessario, anche alla loro assistenza"; ulteriormente disponendo, al comma 4, che "Se le speciali misure di protezione indicate nell’articolo 13, comma 4, non risultano adeguate alla gravità ed attualità del pericolo, esse possono essere applicate anche mediante la definizione di uno speciale programma di protezione i cui contenuti sono indicati nell’articolo 13, comma 5."; nonché, al comma 6, che "Nella determinazione delle situazioni di pericolo si tiene conto, oltre che dello spessore delle condotte di collaborazione o della rilevanza e qualità delle dichiarazioni rese, anche delle caratteristiche di reazione del gruppo criminale in relazione al quale la collaborazione o le dichiarazioni sono rese, valutate con specifico riferimento alla forza di intimidazione di cui il gruppo è localmente in grado di valersi";

– l’art.12 della Legge che, al c.2, descrive gli impegni che il testimone di giustizia (ed eventualmente i suoi familiari) deve assumere e sottoscrivere ove ammesso allo speciale regime di tutela. Tale disposizione si completa con quella di cui all’art.9 del Regolamento che esclude che la sottoscrizione possa essere parziale e prevede, nel caso di rifiuto di sottoscrivere, "in ogni caso la revoca delle speciali misure di protezione o del programma";

– gli artt.13 c.4 della Legge e 7 c.3 del Regolamento che individuano e specificano il contenuto delle Speciali misure di protezione, nonché il c.2 del citato art.7 che prevede che "La Commissione delibera l’adozione delle speciali misure di protezione qualora l’esposizione a pericolo degli interessati non è tale da rendere necessario il trasferimento in luogo protetto o quando gli interessati, se testimoni, manifestano indisponibilità a trasferirsi in un luogo protetto";

– l’art.10 c.6 del Regolamento, che consente alla Commissione di disporre, ove ne ravvisa la necessità, "la trasformazione del Programma speciale di protezione in misure speciali di protezione, con il rientro degli interessati nella località di origine. Tale determinazione può essere adottata anche nei confronti di soggetti che hanno avviato il processo di reinserimento sociale e lavorativo, nei cui confronti non vi è più l’esigenza di assicurare le misure assistenziali previste nel programma speciale di protezione";

– gli artt.13 quater commi 1 e 3 della Legge (che prevedono che "Le Speciali misure di protezione sono a termine e, anche se di tipo urgente o provvisorio a norma dell’articolo 13, comma 1, possono essere revocate o modificate in relazione all’attualità del pericolo, alla sua gravità e alla idoneità delle misure adottate, nonché in relazione alla condotta delle persone interessate e alla osservanza degli impegni assunti a norma di legge" e che il termine delle Speciali misure di protezione (art.10 del Regolamento) "non inferiore a sei mesi e non superiore ai cinque anni – è fissato dalla Commissione centrale con lo stesso provvedimento con cui vengono adottati. In caso di mancata indicazione il termine è di un anno dalla data del provvedimento";

– l’art.10 c.11 del Regolamento che assegna alla Commissione il potere di prorogare le Speciali misure di protezione, fissando un nuovo termine di scadenza, se ritiene, sulla base degli elementi informativi acquisiti, che permangono i presupposti che ne hanno giustificato l’adozione;

– l’art.11 del Regolamento a mente del quale (comma 1) "Le speciali misure di protezione……. sono revocate o non sono prorogate nei casi espressamente previsti dalla legge ovvero quando vengono meno l’attualità e la gravità del pericolo o appaiono idonee altre misure adottate" e "…….possono altresì essere revocate o non prorogate in caso di inosservanza degli impegni assunti da parte dei soggetti ad esse sottoposti……. e negli altri casi in cui la legge non prevede espressamente l’obbligatorietà della revoca".

Dal plesso normativo dato dalla Legge e dal Regolamento e, con specifico riguardo al gravame oggetto del corrente scrutinio, dalle puntuali disposizioni in precedenza richiamate, traggono giuridico alimento e fondamento una serie di principi:

a) Le Speciali misure di protezione (al pari del P.s.p.) danno vita ad un contratto ad oggetto pubblico nei cui confronti trovano applicazione i principi generali del codice civile in materia contrattuale, e segnatamente quelli di buona fede, lealtà, correttezza. Sicché, non c’è dubbio che il collaboratore/testimone di giustizia è tenuto a rispettare le misure di sicurezza (la cui scelta e attuazione compete non al protetto ma alle Forze di polizia preposte) e collaborare attivamente alla loro applicazione nel rispetto dei canoni essenziali della buona fede e della correttezza;

b) La situazione di pericolo (e la relativa gravità ed attualità) per l’incolumità del testimone/collaboratore costituisce il parametro cardine e fondamentale che presiede sia la concessione dello speciale regime di protezione (sia esso attuato attraverso il P.s.p. che con Speciali misure protettive) che la relativa modificazione. In particolare la Legge stabilisce (art.13 quater, c. 2, ultimo periodo) che "Nella valutazione ai fini della revoca o della modifica delle speciali misure di protezione, specie quando non applicate mediante la definizione di uno speciale programma, si tiene particolare conto del tempo trascorso dall’inizio della collaborazione oltre che della fase e del grado in cui si trovano i procedimenti penali nei quali le dichiarazioni sono state rese e delle situazioni di pericolo di cui al comma 6 dell’articolo 9". Essendo la situazione di pericolo definita mediante rinvio all’art. 9, co. 6, occorre che nella sua valutazione si tenga doverosamente "conto, oltre che dello spessore delle condotte di collaborazione o della rilevanza e qualità delle dichiarazioni rese, anche delle caratteristiche di reazione del gruppo criminale in relazione al quale la collaborazione o le dichiarazioni sono rese, valutate con specifico riferimento alla forza di intimidazione di cui il gruppo è localmente in grado di valersi";

c) Con l’eccezione dei casi di revoca obbligatoria (estranei alla fattispecie in esame), qualsiasi altra modifica del regime di protezione speciale fruito (incluso quello della mancata proroga dello stesso) richiede una valutazione comparativa di due interessi essenziali in gioco: quello dello Stato a conservare la collaborazione e quello del privato alla vita e all’incolumità personale.

III)- Con tali chiare coordinate normative ed esegetiche il provvedimento impugnato (che peraltro non dà rilievo alla circostanza che il testimone si era più volte impegnato a trasferire la sua attività professionale in località diversa da quella di origine e che, per tale ragione, ha ottenuto, in più tranches un contributo straordinario dell’importo di Euro90.000,00) non appare porsi in rapporto di confliggenza e, pertanto, il primo dei mezzi di gravame rassegnati dal ricorrente (che è sostanzialmente imperniato sulla inadeguata valutazione della persistente attualità della situazione di pericolo in cui assume di versare), non persuade.

Certamente la tesi difensiva del ricorrente merita condivisione laddove pone l’accento sull’assunto, contenuto alla pag. 2 dell’atto gravato, che ricollega alla mera scadenza del termine di operatività delle Speciali misure la cessazione dei relativi effetti (l’espressione adoperata nell’atto è: "la forza operativa delle misure può pertanto venire meno per il semplice maturarsi del termine finale"). E ciò in quanto, in parte qua, il provvedimento impugnato incorre in un chiaro errore di diritto in quanto trascura il principio delineato sub lett. c) del precedente paragrafo e cioè la necessità che la mancata proroga del regime tutorio sia preceduta dalla valutazione comparativa dell’apporto collaborativo alla giustizia dato dalla testimone, del perdurante interesse dello Stato ad utilizzare la sua collaborazione, e soprattutto della attualità del pericolo di vita.

Ma se tanto è vero, è altresì innegabile che l’erroneo assunto in questione costituisce solo una delle componenti dell’apparato motivazionale dell’atto. Più correttamente tale assunto, nell’economia del provvedimento, è posto, per così dire, "ad abundantiam", atteso che, esso provvedimento è, prioritariamente, giustificato dalla valutazione di un ampio complesso di elementi che tengono conto (anche attraverso i pareri delle Autorità giudiziarie compulsate) sia della cessazione degli impegni processuali del testimone che degli indicatori di rischio circa l’incolumità sua e del suo nucleo familiare (ved. i documenti prodotti dalla resistente il 05.3.2011): rischio, quest’ultimo, notevolmente affievolito e tale da giustificare la non proroga del regime speciale di protezione (e dunque la sottoposizione a misure ordinarie di tutela).

Parimenti infondato è il secondo motivo di diritto con cui si assume violato il procedimento, regolamentato dall’art.10 del d.m. nr. 161 del 2004, concernente la determina di cessazione delle Speciali misure. Al riguardo l’esame degli atti depositati dalla Difesa erariale il 05.3.2011 consente chiaramente di apprezzarne la sintonia col procedimento descritto dall’art.10 del citato Regolamento ed escludere che vi sia stata alcuna autonoma,e non consentita, iniziativa da parte della Commissione centrale.

Ancora infondata è poi la terza e residua censura, mirata a contestare la mancata considerazione della posizione dei familiari del testimone anch’essi, immotivatamente, esclusi dal regime di speciale tutela.

Tali soggetti – come sopra ricordato allorquando si è citato l’art. 16 bis della Legge – sono destinatari delle Speciali misure di protezione in funzione di una relazione di "coabitazione o convivenza stabile" o comunque di tale "specificità", con il "titolare principale" delle speciali misure stesse, in quanto, essi, in connessione a ciò, sono esposti a "grave, attuale e concreto pericolo a causa delle relazioni intrattenute", appunto, con il titolare medesimo.

È, allora, evidente che, una volta accertato che, rispetto al testimone, sia venuta meno o comunque mutata la situazione di pericolo, in guisa da rendere sovradimensionato l’apparato delle (Speciali, nel caso in esame) misure di protezione, tale venir meno del pericolo o sostanziale mutamento dello stesso, si estende in modo automatico agli altri soggetti indicati dal comma 3 dell’art. 16 bis (analoga è la posizione dei familiari dei collaboratori di giustizia ex art.9 c.5 della Legge). Dunque la valutazione circa la contrazione, nei confronti del testimone, del pericolo di ritorsioni e di intimidazione da parte della criminalità organizzata, tale da giustificare una modifica dl regime di protezione, non può che estendersi – sulla base di un’interpretazione sistematica e complessiva delle norme disciplinati il regime di protezione – nei confronti delle persone che intrattengono col protetto una relazione di coabitazione/convivenza ovvero una "speciale" relazione. Altrimenti detto la sopravvenienza delle condizioni che legittimano, nei confronti del testimone, una modifica del regime di tutela (da speciale ad ordinario), e dunque il venir meno del presupposto legale che giustificava le Speciali misure di protezione, non può che comportare, in via consequenziale, il venir meno del presupposto legale che consentiva alle persone, con il teste coabitanti o stabilmente conviventi, di veder estese, anche nei loro confronti, le dette Speciali misure.

Da quanto così chiarito, in base ad una interpretazione sistematica della lettera delle disposizioni sopra richiamate, discende che il provvedimento impugnato è esente dalla doglianza mossa dal ricorrente.

IV)- Conclusivamente il ricorso è infondato e deve essere respinto.

Le spese di lite possono compensarsi tra le parti in causa.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Ter) – richiamata la propria decisione nr. 1762/2011 che ha riunito, per connessione, entrambi i ricorsi in epigrafe indicati e dichiarato, in via definitiva, cessata la materia del contendere in ordine al ricorso nr. 3689/2006- R.G. – respinge, definitivamente pronunciando, il ric. nr. 2687/2010R.G.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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