Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 04-02-2011) 24-05-2011, n. 20553 impugnazioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con sentenza, ex art. 444 cod. proc. pen., pronunciata dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Pistoia il 29 giugno 2010, è stata applicata a L.C. la pena di anni due e giorni 20 di reclusione per i reati, unificati col vincolo della continuazione, di cui agli artt. 81 e 110 cod. pen.; D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 12, comma 5, e art. 5, comma 8-bis; artt. 48 e 479 cod. pen., ed altri.

2. Avverso la predetta sentenza il L., tramite il suo difensore di fiducia, ricorre a questa Corte, denunciando l’errata qualificazione giuridica dei fatti a lui contestati, poichè la norma di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 8-bis, incrimina il falso materiale (contraffazione o alterazione di documenti utili a legittimare la regolare presenza dei cittadini stranieri in Italia), e non il falso ideologico supposto dalla condotta attribuitagli per avere formato e fatto uso, nella qualità di amministratore dell’omonima impresa Edilconsult di L.C., di un numero elevato di richieste nominative e numeriche di nulla osta al lavoro subordinato, al fine di aggirare le normative in materia di immigrazione dai paesi terzi, inducendo in errore i pubblici ufficiali e facendo rilasciare o rinnovare il permesso di soggiorno ad un elevato numero di cittadini stranieri contro il pagamento di somme di denaro variabili dai 200,00 ai 500,00 Euro.

Aggiunge il ricorrente che il pur contestatogli reato previsto dagli artt. 48 e 479 cod. pen. postula l’erronea qualificazione come atti pubblici, anzichè autorizzazioni amministrative, dei permessi di soggiorno e dei loro rinnovi rilasciati dai pubblici ufficiali, indotti in errore dalla falsa rappresentazione delle condizioni di legge per il legittimo ingresso o permanenza in Italia delle persone immigrate.

Ai sensi dell’art. 129 cod. proc. pen. il ricorrente chiede, pertanto, di trarre le dovute conseguenze dall’insussistenza del fatto previsto dal D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 8-bis, di cui ai capi N), O) e P) delle imputazioni ascrittegli, e di derubricare il reato previsto dagli artt. 48 e 479 cod. pen. a quello meno grave di cui agli artt. 48 e 480 cod. pen. (falsità ideologica commessa da pubblici ufficiali in autorizzazioni amministrative, tali dovendo ritenersi i nulla osta rilasciati ai cittadini immigrati sulla base delle false attestazioni di lavoro provenienti dallo stesso imputato).
Motivi della decisione

3. Il ricorso è fondato e va accolto.

Va premesso che questa Corte di legittimità ha statuito che con il ricorso per cassazione avverso la sentenza di patteggiamento può essere denunciata l’erronea qualificazione giuridica del fatto, così come prospettata nell’accordo delle parti e recepita dal giudice, in quanto la qualificazione giuridica del fatto è materia sottratta alla disponibilità di parte e l’errore su di essa costituisce errore di diritto rilevante ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) (Sez. unite, n. 5 del 19/01/2000, dep. 28/04/2000, Neri, Rv. 215825).

Si è anche precisato che la possibilità di ricorrere per cassazione, deducendo l’erronea qualificazione del fatto, deve essere limitata ai casi di errore manifesto, ossia ai casi in cui sussiste l’eventualità che l’accordo sulla pena si trasformi in accordo sui reati, mentre deve essere esclusa tutte le volte in cui la diversa qualificazione presenti margini di opinabilità (Sez. 6, n. 45688 del 20/11/2008, dep. 10/12/2008, Bastea, Rv. 241666; Sez. 4, n. 10692 del 11/03/2010, dep. il 18/03/2010, Hernandez, Rv. 246394).

Nella fattispecie, è vistoso l’errore nella qualificazione giuridica del fatto contestato come D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 8- bis, assunto come reato più grave (capo N) nella determinazione della pena base del delitto continuato in anni due di reclusione, secondo quanto indicato nella sentenza emessa ai sensi dell’art. 444 e ss. cod. proc. pen..

La condotta contestata non è tuttavia penalmente irrilevante, come erroneamente postula il ricorrente richiamando l’art. 129 cod. proc. pen., giacchè corrisponde agli estremi del diverso delitto previsto dal D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 12, comma 5, pure indicato nelle imputazioni riportate nell’epigrafe dell’impugnata sentenza.

Parimenti errata è la qualificazione, a termini degli artt. 48 e 479 cod. pen., anzichè degli artt. 48 e 480 cod. pen., della falsa attestazione dei pubblici ufficiali, indotti in errore dal comportamento attribuito al L., della ricorrenza delle condizioni legittimanti la presenza dei cittadini stranieri in Italia attraverso il rilascio o il rinnovo dei permessi di soggiorno.

Segue l’annullamento della sentenza di patteggiamento che ha recepito l’accordo delle parti fondato sull’erronea qualificazione giuridica dei fatti contestati. Esso va disposto senza rinvio, implicando l’esclusione della validità dell’accordo nei termini in cui le parti lo hanno concluso e il giudice lo ha recepito nella sentenza emanata a norma dell’art. 444 cod. proc. pen., e, quindi, il venir meno della possibilità, per lo stesso giudice, di definire nuovamente con sentenza il procedimento sulla base di quel medesimo accordo, non più giuridicamente esistente perchè non ritenuto valido (conformi:

Sez. U, n. 22902 del 28/03/2001, dep. 07/06/2001, Tiezzi, Rv. 218874, e Sez. 1, n. 4436 del 22/06/1999, dep. 22/07/1999, Lobina, Rv.

214027).
P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata e dispone la trasmissione degli atti al Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Pistoia.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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