Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 03-02-2011) 24-05-2011, n. 20583 Riparazione per ingiusta detenzione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ordinanza in data 26 febbraio 2010, la Corte d’appello di Venezia rigettava l’istanza proposta da A.A.G. ed intesa ad ottenere l’equa riparazione – con liquidazione dell’importo massimo previsto dalla legge – per l’ingiusta detenzione subita in carcere, per la durata di giorni VENTI e di ulteriori giorni SEI agli arresti domiciliari, (e quindi complessivamente per giorni VENTISEI) in quanto indagato per i reati di truffa aggravata continuata per il conseguimento di erogazioni pubbliche e di false comunicazioni sociali, dai quali era stato poi assolto con ampia formula liberatoria. Deduceva l’istante di aver subito il blocco dell’attività della società,a seguito dell’esecuzione dell’ingiusto provvedimento restrittivo, con conseguente distruzione della sua immagine sociale.

Giudicava la Corte d’appello elemento ostativo all’accoglimento della istanza la colpa grave in cui versava l’istante.

Ricorre per cassazione l’ A., per tramite del difensore, deducendo i vizi di violazione di legge e di manifesta illogicità della motivazione. Secondo il difensore la Corte distrettuale, con statuizioni integranti inosservanza dell’art. 314 cod. proc. pen. ed intrinsecamente illogiche, avrebbe ravvisato la colpa grave attribuibile all’ A. in fatti ed accadimenti che, fino alle radicali modificazioni del capo di imputazione cui aveva proceduto il P.M., nel corso dell’istruzione dibattimentale, risultavano, almeno in parte, contestati come reati all’imputato; il che deve concettualmente ritenersi precluso non potendo desumersi la colpa grave, ostativa del ristoro dell’ingiusta detenzione, dalle stesse condotte contestate come reato. Evidenzia altresì il ricorrente che, contrariamente a quanto illogicamente asserito nell’ordinanza impugnata, l’ A. non veniva prosciolto da taluni addebiti perchè prescritti, giacchè il Tribunale di Padova, in ordine ai fatti risultanti dalla modifica del capo di imputazione – in ordine ai quali era stato chiamato a pronunziarsi – aveva emesso una pronunzia di assoluzione ampiamente liberatoria (poi divenuta irrevocabile), nella quale l’accenno ad un’eventuale prescrizione non poteva costituire null’altro che un obiter dictum, privo di valenza decisionale. Con memoria di replica depositata in data 17 gennaio 2011,il Ministero dell’Economia e delle Finanze, come difeso e rappresentato ex lege dall’Avvocatura dello Stato ha concluso per la declaratoria di inammissibilità del ricorso, siccome tardivamente depositato od in subordine per il rigetto, in quanto infondato.

Con requisitoria scritta in atti il Procuratore Generale ha richiesto l’inammissibilità del ricorso con ogni conseguenza di legge a carico di parte ricorrente, in ordine alle spese ed al pagamento di somma di danaro in favore della cassa per le ammende.
Motivi della decisione

Il ricorso deve esser respinto, siccome infondato.

Preliminarmente va del pari rigettata l’eccezione di tardività introdotta dall’Amministrazione convenuta, risultando il ricorso tempestivamente depositato in data 2 aprile 2010 e quindi entro il termine di giorni quindici, previsto dagli all’art. 127 c.p.p. e art. 585 c.p.p., comma 1, lett. a), decorrente dalla data del 19 marzo 2010, di avvenuta comunicazione all’ A., presso il difensore, dell’ordinanza impugnata, emessa il 26 febbraio 2010 dalla Corte d’appello di Venezia.

Quanto al merito, deve osservarsi che la Corte distrettuale, ad onta delle insussistenti censure sollevate dal difensore, ha fatto corretta e legittima applicazione del disposto dell’art. 314 c.p.p., comma 1 che sancisce l’esclusione del diritto all’equa riparazione in presenza di colpa grave,attenendosi, peraltro, all’interpretazione che della disposizione ha fornito questa Corte, con plurime e consolidate pronunzie e dandone poi conto con argomentazioni scevre dai lamentati profili di illogicità.

Ed invero la Corte distrettuale ha opportunamente evidenziato che il giudice della cognizione,pur limitandosi a dichiarare solamente in motivazione, l’estinzione per prescrizione di fatti consumati anteriormente al 31 gennaio 1992 (comunque ascritti e commessi dall’ A., già inclusi nella formale contestazione, in seguito modificata ad iniziativa del P.M. ex artt. 516 e segg. cod. proc. pen.) ha necessariamente degli stessi valutato la rilevanza in termini di connessione funzionale a quelli dai quali l’istante era stato assolto,visto che "tutti costituiscono vari segmenti di un’unica situazione fattuale condensata nell’imputazione". Inoltre nell’ordinanza impugnata, nel solco delle linee interpretative della norma enunciate in particolare nella sentenza delle S.U. n. 34559 del 2002, vengono descritti "fatti concreti e specifici" (ritenuti prescritti e quindi pacificamente sussistenti e risalenti all’ A.) indiscutibilmente integranti "colpa grave" quantomeno connessa, in termini di sinergia, con le errate valutazioni in cui era stata indotta l’Autorità inquirente nel determinarsi all’emissione del provvedimento restrittivo della libertà personale dell’imputato. Ha, a tale riguardo, la Corte distrettuale richiamato condotte scorrette ed irregolari dell’imputato (di cui si dava atto nella sentenza di assoluzione emessa dal Tribunale di Padova) volte ad ottenere un finanziamento agevolato dall’Amministrazione, per oltre dieci miliardi di L., in assenza dei prescritti requisiti, ma avvalendosi fraudolentemente di contratti falsamente datati od assumendo insussistenti capacità imprenditoriali o patrimoniali della società. E così pure vengono menzionate condotte finalizzate alla sostituzione, meramente apparente, dell’amministratore della società, non potendo l’imputato, gravato da precedenti penali, conseguire il finanziamento statale, con conseguente decadenza dallo stesso nonchè altre condotte volte a creare la falsa apparenza di un aumento di capitale, ottenuto in realtà attraverso un fraudolenta operazione di sovrafatturazione di forniture eseguite da società di comodo o collegate.

Ciò posto, appare in conclusione obiettivamente arduo, ad avviso del Collegio, sostenere che possa prescindersi dal ravvisare la sussistenza degli estremi della "colpa grave" ostativa al riconoscimento dell’invocata riparazione in siffatti comportamenti, peraltro integranti quantomeno l’elemento materiale di reati di truffa aggravata (ovviamente a nulla rilevando in contrario che di essi facesse cenno il capo di imputazione nella stesura originaria), trattandosi di fatti in ogni caso risalenti all’ A. (tant’è vero che ne veniva ritenuto, sia pure in motivazione, il proscioglimento per prescrizione: circostanza ex se ostativa al riconoscimento dell’equa riparazione ex art. 314 c.p.p., comma 1) e connotati da incontestabile negligenza,imprudenza ed indifferenza per le prevedibili conseguenze, rilevanti agli effetti penali.

Sussistono, attesa anche la parziale soccombenza reciproca delle parti, giustificati motivi per far luogo alla integrale compensazione delle spese di questo giudizio.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Dichiara interamente compensate tra le parti le spese di questo giudizio.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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