Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 27-01-2011) 24-05-2011, n. 20582 Misure cautelari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

-1- Con ordinanza del 27 settembre 1 ottobre 2010, il Tribunale del riesame di Salerno ha annullato il provvedimento di custodia cautelare in carcere emesso dal locale Gip il 22 gennaio precedente nei confronti di A.Z., A.V. e R. V., imputati di ripetuti abusi e violenze sessuali in pregiudizio della minore A.L., rispettivamente, figlia e sorella dei primi due, dalle cui esplicite accuse ha preso avvio l’inchiesta giudiziaria culminata con l’arresto dei tre imputati.

Tale decisione è stata adottata dai giudici del riesame in sede di rinvio dalla terza sezione di questa Corte che, con sentenza del 9 giugno 2010, ha annullato una precedente ordinanza dello stesso tribunale, confermativa del provvedimento restrittivo emesso dal Gip. Con la sentenza di annullamento, i giudici di legittimità, nel ricostruire le fasi salienti dell’indagine, incentrata sulle numerose e progressive dichiarazioni rese dalla piccola L. a partire dal gennaio del 2009, dopo avere richiamato gli elementi indiziari giudicati dal tribunale rilevanti e significativi in tesi d’accusa e dopo avere ricordato che il medesimo tribunale aveva sostenuto, con argomentazioni ritenute dagli stessi giudici "non affette da palesi illogicità", che il quadro probatorio acquisito non risultava scalfito dalle osservazioni della difesa, hanno censurato in termini di carenza, contraddittorietà ed illogicità la motivazione di quel provvedimento nella valutazione delle dichiarazioni rese da L. il 14 gennaio 2010, in occasione delle quali la bambina aveva notevolmente modificato il quadro accusatorio. E’ mancato, in particolare, secondo i giudici di legittimità, un completo e rigoroso esame delle dichiarazioni di L., al fine di formulare un giudizio di attendibilità delle stesse; in specie è mancata un’approfondita valutazione di quelle rese il 14.1.10.

Di qui l’annullamento dell’ordinanza impugnata, con rinvio allo stesso tribunale per un riesame dell’attendibilità della persona offesa circa le accuse formulate nei confronti dei tre imputati, che tenesse anche conto della possibilità di una valutazione frazionata delle dichiarazioni in questione.

-2- Decidendo in sede di rinvio, il predetto tribunale ha, dunque, annullato l’ordinanza di custodia cautelare in carcere.

Nel motivare la loro decisione, i giudici del riesame, hanno segnalato l’incompatibilità concettuale tra le prime dichiarazioni accusatorie della bambina e quelle del 14.1.10, modificate, secondo gli stessi giudici, in termini sostanziali, al punto da autorizzare un giudizio di complessiva inaffidabilità della bambina e di inattendibilità delle dichiarazioni dalla stessa rese. Il contesto probatorio, peraltro, si sarebbe ulteriormente degradato dopo la prima pronuncia del riesame poichè, hanno soggiunto gli stessi giudici, taluni elementi indiziari ritenuti significativi in tesi d’accusa (gli abusi che avrebbe subito A.R., i contenuti del diario di L. e delle conversazioni intercettate) si sono rivelati, in realtà, inconsistenti o sono stati addirittura smentiti. Di qui l’annullamento del provvedimento custodiale.

-3- Avverso tale decisione propone ricorso il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Salerno, che deduce:

1) violazione di legge in relazione all’art. 192 c.p.p., per violazione dei criteri di valutazione della prova, ed in relazione all’art. 273, commi 1 e 1 bis, per avere il giudice del riesame applicato criteri di univocità e concordanza degli indizi, non richiesti in sede cautelare, e per avere applicato alla valutazione della persona offesa i criteri delle chiamate in correità;

2) vizio di motivazione del provvedimento impugnato e mancata assunzione di prova decisiva, non avendo il tribunale preso in considerazione numerosi elementi d’accusa acquisiti in atti ed avendo omesso di valutare prove decisive, quale la testimonianza di R. L..

Secondo il PM ricorrente, il giudice del riesame avrebbe capovolto le posizioni delle parti, facendo assumere alla piccola L., vittima delle vicende narrate, la posizione di carnefice dei suoi familiari, non avendo neanche considerato le difficoltà che hanno accompagnato il suo cammino verso il distacco totale dalla famiglia d’origine, la risalenza degli abusi all’età infantile, la condizione attuale appena adolescenziale ( L. ha oggi 14 anni). Non sarebbe stato considerato il significato della visita in famiglia del 22 dicembre e non ne sarebbero state approfondite le conseguenze sull’animo della giovinetta, nè si sarebbe tenuto conto che l’affidamento a terzi non le aveva impedito del tutto i contatti con la famiglia. Il tribunale non avrebbe poi esaminato compiutamente le dichiarazioni rese da L. in sede di incidente probatorio e non avrebbe considerato che di incontri sessuali a pagamento la bambina aveva parlato già nell’agosto del 2009; ed ancora, nel valutare le smentite dei testi escussi, non avrebbe tenuto conto del clima di omertà dilagante, chiaramente emerso dalle conversazioni intercettate che, contrariamente a quanto sostenuto dai giudici del riesame, rivelerebbe non solo un contesto degradato ma anche la veridicità delle accuse di L..

Inesistenti sarebbero, poi, gli elementi di contraddittorietà segnalati nel provvedimento impugnato posto che: a) la condizione di verginità di A.R. non smentisce le dichiarazioni della persona offesa, che non aveva parlato di rapporti completi, bensì di generici abusi, mai descritti; b) che la genuinità del diario, consegnato agli inquirenti il 25 gennaio 2010, è stata contestata da una consulenza di parte, certamente da approfondire anche perchè essa è stata effettuata su copie e sulla base di scritture comparative del 2006; c) che di materiale pedopomografico si parla nelle conversazioni intercettate in casa di A.Z.; d) che L. è stata certamente deflorata, secondo quanto accertato in sede di perizia ginecologica nella quale è stato specificato che la bambina, visitata quando aveva 12 anni, presentava lacerazioni riconducibili ad abusi cronici non recenti.

Conclude il ricorrente, chiedendo l’annullamento del provvedimento impugnato.

Con memoria prodotta in cancelleria, il difensore di A. Z. ed A.V. contesta la fondatezza del ricorso e chiede dichiararsene l’inammissibilità; alla memoria è stata anche allegata una sentenza del Tribunale di Salerno, il cui passaggio in giudicato non risulta annotato, che ha assolto ex art. 530 c.p.p., comma 2, M.A.P., cugino di L., da questa chiamato in causa con le dichiarazioni del 14 ed il 25 gennaio 2010.

Altra memoria ha fatto pervenire il difensore di R.V., che pure chiede dichiararsi inammissibile ovvero rigettarsi il ricorso.

-4- Il ricorso è infondato.

Con il proposto ricorso denuncia essenzialmente il PM ricorrente il vizio di motivazione dell’ordinanza impugnata, sotto i profili della mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della stessa, in tali termini dovendosi qualificare anche la denunciata violazione dell’art. 192 c.p.p. che, al di là della formale intestazione, essenzialmente si risolve in una critica all’assetto argomentativo del provvedimento impugnato.

Tanto premesso, occorre ancora ricordare che, in sede di ricorso per cassazione, sono rilevabili solo i vizi motivazionali che incidano sui requisiti minimi di esistenza e di logicità dell’iter argomentativo svolto nel provvedimento impugnato e non sul contenuto della decisione. Al giudice di legittimità non è, in particolare, consentito procedere ad una revisione degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate, nè ad una diversa valutazione dello spessore degli indizi e delle esigenze di cautela.

Nella sede di rinvio, d’altra parte, se è certamente vero che il giudice del merito deve rivalutare i temi d’indagine alla stregua dei principi di diritto e delle indicazioni fornite dalla corte di legittimità nel giudizio rescindente, è altrettanto vero che lo stesso giudice, nei casi, come quello in esame, di annullamento per vizio di motivazione, resta libero di valutare autonomamente i dati probatori concernenti i punti oggetto di rinvio, essendo tuttavia tenuto a giustificare il proprio convincimento, secondo lo schema enunciato nella sentenza di annullamento, con motivazione congrua e coerente, che ponga rimedio ai vizi rilevati dal giudice di legittimità.

Orbene, nel rispetto delle proprie prerogative e del mandato conferitogli dalla terza sezione di questa Corte Suprema, il tribunale ha proceduto, anche alla luce degli ulteriori elementi probatori acquisiti, ad un nuovo esame della vicenda processuale – in particolare attraverso una rinnovata verifica dell’attendibilità della parte lesa, alla luce del complessivo testimoniale alla stessa riconducibile e, in specie, delle dichiarazioni rese il 14 gennaio 2010 – ed ha ritenuto, indicando in termini di assoluta coerenza logica le ragioni della propria decisione, che alle dichiarazioni della piccola L., complessivamente considerate, non potesse attribuirsi il crisma dell’attendibilità. Giudizio espresso dai giudici del riesame attraverso passaggi argomentativi del tutto coerenti ed esenti dai vizi dedotti.

In particolare, gli stessi giudici, dopo avere segnalato l’incompatibilità concettuale tra le prime dichiarazioni accusatorie della bambina e quelle del 14.1.10, modificate, secondo gli stessi giudici, in termini sostanziali, per l’allargamento del numero delle persone coinvolte negli abusi e per la indicazione di causali diverse, riconducibili alla produzione di materiale pedopornografico e ad abusi da parte di terzi dietro versamento al padre di somme di denaro, tanto rilevato, dunque, quei giudici hanno legittimamente ritenuto che l’accusa non possa reggersi sulle sole dichiarazioni di L.. Le diverse dichiarazioni dalla stessa rese, invero, non assumono, secondo il tribunale del riesame, caratteri di uniformità tali da renderle compatibili all’interno di un unico quadro sostanzialmente omogeneo, bensì di disomogeneità in vista della impossibilità di conciliare i primi segmenti dell’accusa, laddove L. aveva riferito dei palpeggiamenti subiti dal R., con gli ultimi, laddove sono stati ipotizzati scenari di violenza diffusa, in parte addirittura inverosimili, attribuiti ad una serie di persone e per una causale del tutto diversa da quella inizialmente rappresentata.

Nè il compendio probatorio è migliorato, secondo i giudici del rinvio, dopo la prima pronuncia del riesame; al contrario, tale quadro è stato giustamente ritenuto ancor più incerto, essendo stato accertato: a) che la cugina di L., A.R. (dalla prima pure indicata quale vittima di abusi sessuali), era risultata vergine, b) che il diario prodotto il 25 gennaio (giudicato significativo in tesi d’accusa) sembrava compilato, secondo il consulente dell’imputato, nell’arco di pochi giorni e non nell’arco di alcuni mesi, e dunque sarebbe falso, c) che L., pur risultata deflorata, non presentava cicatrici o segni riconducibili alle "cuciture" oggetto delle conversazioni telefoniche della nonna (pure utilizzate in termini di riscontro delle dichiarazioni di L.);

d) che nessun riscontro avevano avuto le accuse della bambina, sia pure su temi secondari.

In definitiva, in piena coerenza con gli elementi probatori acquisiti, i giudici del riesame hanno giustamente concluso asserendo che A.L. è soggetto inaffidabile e che, venuta a cadere l’attendibilità intrinseca della stessa, non sarebbe neanche possibile procedere ad una valutazione frazionata delle sue dichiarazioni; operazione che, hanno soggiunto gli stessi giudici, implica la presenza di significativi elementi di conferma almeno di parte del racconto. Elementi che, secondo gli stessi giudici, non era stato possibile – allo stato attuale delle indagini – rilevare neanche dalle conversazioni ambientali e telefoniche intercettate, che hanno avuto quali interlocutori gli stessi indagati ed alcuni componenti delle rispettive famiglie, e che sono state analiticamente richiamate nell’ordinanza impugnata ed adeguatamente valutate dai giudici del riesame in termini non utili alla tesi d’accusa.

In conclusione, i giudici del rinvio, nel quadro di una complessiva riconsiderazione della vicenda processuale, hanno compiutamente esaminato tutti i punti che erano stati destinatari delle censure formulate dal giudice di legittimità, in relazione alle quali essi hanno fornito risposte adeguate ed in sintonia con il contesto probatorio allo stato acquisito, con motivazione coerente sul piano logico, esente da critiche.

Il ricorso deve essere, quindi, rigettato.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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