Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 17-01-2011) 24-05-2011, n. 20544 Reato continuato e concorso formale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con ordinanza del 11 gennaio 2010 il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Milano, decidendo quale giudice dell’esecuzione, ha accolto l’istanza avanzata da G.S. N.G., volta a ottenere l’applicazione della disciplina del reato continuato ex art. 671 c.p.p. tra le seguenti sentenze:

– sentenza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Varese del 9 luglio 2007 (irrevocabile il 16 ottobre 2007), che aveva applicato all’istante, ai sensi dell’art. 444 c.p.p., la pena sospesa di un anno, quattro mesi e venti giorni di reclusione per i reati di bancarotta fraudolenta e simulazione di reato;

– sentenza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Milano del 15 ottobre 2008 (irrevocabile il 3 gennaio 2009), che aveva applicato all’istante, ai sensi dell’art. 444 c.p.p., la pena di quattro anni di reclusione per i reati di bancarotta fraudolenta, truffa e falso.

Il Giudice, in particolare, ha ritenuto sussistente il vincolo della continuazione tra i vari reati per la riconducibilità di tutte le condotte a un comune originario programma delittuoso, ed ha determinato la pena complessiva in cinque anni e venti giorni di reclusione, tenendo conto della pena base di cinque anni di reclusione, già prevista, previa concessione delle circostanze attenuanti generiche equivalenti alla contestata aggravante, per il reato di cui al capo A) della sentenza del G.i.p. del Tribunale di Milano di maggiore gravità, e aumentando detta pena di un anno di reclusione (pari a quarantacinque giorni per ogni episodio) per effetto della continuazione con i reati di cui ai capi B), C), D), E), F), G), H) e I) della stessa sentenza, con successiva riduzione per il rito e ulteriore aumento di un anno e venti giorni di reclusione per effetto della continuazione con i reati di cui alla sentenza del G.i.p. del Tribunale di Varese (quanto a un anno per il reato di cui al capo A) e a venti giorni per il reato di cui al capo B).

2. Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso, per messo del suo difensore di fiducia, G., deducendo con due motivi la violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1.

Con il primo motivo il ricorrente lamenta l’erronea determinazione dell’aumento della pena base per effetto della ritenuta continuazione anche con il reato di cui al capo I), in relazione al quale il G.i.p. ha dichiarato non luogo a procedere per essere il reato estinto per intervenuta prescrizione, e, per l’effetto, censura la determinazione complessiva della pena in cinque anni e venti giorni, invece che in quattro anni, undici mesi e venti giorni di reclusione.

Con il secondo motivo il ricorrente denuncia l’omessa motivazione in merito ai criteri adottati, ai sensi dell’art. 133 c.p., per determinare in un anno l’aumento della pena per il reato di cui al capo A) della sentenza del G.i.p. del Tribunale di Milano, e alla ragione dell’omesso contenimento di detto aumento secondo i criteri seguiti per gli altri reati satelliti.

3. Il Procuratore Generale presso questa Corte ha depositato requisitoria scritta, chiedendo l’annullamento dell’ordinanza limitatamente all’aumento di pena indicato per il reato di cui al capo I), con la rideterminazione della pena complessiva ex art. 671 c.p.p., in quattro anni, undici mesi e venti giorni di reclusione, e il rigetto del ricorso nel resto.
Motivi della decisione

1. Il ricorso è fondato con riferimento al primo motivo.

1.1. La pena complessiva, previa unificazione dei reati in sede esecutiva ai sensi dell’art. 671 c.p.p., è stata determinata in cinque anni e venti giorni di reclusione.

L’ordinanza è pervenuta a tale determinazione partendo dalla pena base di cinque anni di reclusione prevista dalla sentenza del 15 ottobre 2008 del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Milano (irrevocabile il 3 gennaio 2009), previa concessione delle circostanze attenuanti generiche equivalenti alla contestata aggravante, per il reato di cui al capo A). Detta pena è stata aumentata di un anno di reclusione per effetto della continuazione con detto reato, ritenuto più grave, dei reati di cui ai capi B), C), D), E), F), G), H) e I), della stessa sentenza, calcolando l’aumento in quarantacinque giorni per ciascun reato.

La pena così determinata in sei anni di reclusione, ridotta per il rito ad anni quattro, è stata aumentata, per la continuazione con i reati di cui alla sentenza del 9 luglio 2007 del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Varese (irrevocabile il 16 ottobre 2007), nella misura di un anno di reclusione per il reato di cui al capo A) e di venti giorni per il reato di cui al capo B), fino alla pena complessiva di cinque anni e venti giorni di reclusione.

1.2. L’aumento di un anno della pena base di cinque anni di reclusione prevista per il reato di cui al capo A) della sentenza del 15 ottobre 2008 è stato erroneamente determinato. Il Giudice, che ha indicato in quarantacinque giorni di reclusione l’aumento per ciascuno degli otto reati di cui ai capi B), C), D), E), F), G), H) e I), di cui alla detta sentenza e in un anno quello complessivo, ha, infatti, ricompreso nel calcolo anche il reato di cui al capo I), già dichiarato estinto per prescrizione.

Tale erronea determinazione dell’aumento ha inciso sulla determinazione della pena finale in cinque anni e venti giorni di reclusione, invece che in quattro anni, undici mesi e venti giorni di reclusione, cui si perviene detraendo dalla pena, già determinata, l’aumento di un mese corrispondente, previa riduzione di un terzo ai sensi dell’art. 444 c.p.p., a quello determinato per il reato di cui al capo I) della sentenza del 15 ottobre 2008 del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Milano (irrevocabile il 3 gennaio 2009) in quarantacinque giorni.

1.3. L’erronea determinazione della pena comporta l’annullamento dell’ordinanza sul punto.

L’annullamento deve essere disposto senza rinvio, ai sensi dell’art. 620 c.p.p., lett. l), potendo procedere alla corretta determinazione della pena, che non richiede alcuna valutazione discrezionale del giudice, direttamente questa Corte come precisato sub 1.2. 2. E’ infondato il secondo motivo.

2.1. L’applicazione della disciplina della continuazione in sede esecutiva ha l’unico limite stabilito dall’art. 671 c.p.p., comma 2, a norma del quale la pena non può eccedere la somma delle pene inflitte con ciascuna delle sentenze riunite in continuazione.

Questa Corte ha più volte affermato che tale limite deve essere inteso, attesa l’ampiezza dei poteri cognitivi riconosciuti in via eccezionale al giudice dell’esecuzione, nel senso che il giudice dell’esecuzione è vincolato dal giudicato solo per quanto concerne l’individuazione del reato più grave, ai sensi dell’art. 187 disp. att. c.p.p., e dalla operatività del divieto della reformatio in peius soltanto sotto il profilo dell’impossibilità di raggiungere un risultato deteriore rispetto a quello risultante dal cumulo materiale delle pene inflitte in sede di cognizione (Sez. 1, n. 48833 del 09/12/2009, dep. 21/12/2009, Galfano, Rv. 245889; Sez. 1, n. 12704 del 06/03/2008, dep. 25/03/2008, D’Angelo, Rv. 239376; Sez. 1, n. 31429 del 08/06/2006, dep. 21/09/2006, Serio, Rv. 234887; Sez. 5, n. 11587 del 10/02/2006, dep. 03/04/2006, Vudafieri, Rv. 233897).

Pertanto, in tali limiti, il giudice dell’esecuzione è tenuto a operare l’aumento della pena, prevista per la violazione più grave, in conseguenza della ritenuta continuazione con gli altri reati per i quali vi è stata condanna alla luce dei criteri stabiliti dall’art. 133 c.p., senza che rilevi, al detto fine, il trattamento sanzionatorio originariamente previsto per questi ultimi.

2.2. A tali principi, condivisi dal Collegio, si è adeguato il Giudice dell’esecuzione che, nel determinare, nell’ambito della ridisegnata continuazione criminosa, la pena complessiva, ha specificato i singoli aumenti apportati per ciascun reato satellite e ha determinato un maggiore aumento per il reato di cui al capo A) della sentenza del 9 luglio 2007 del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Varese, già valutato in detta sentenza come reato di maggiore gravità rispetto al reato di cui al capo B, ritenuto satellite del primo.

L’implicito rilievo della maggiore gravità del reato di bancarotta fraudolenta di cui al detto capo, punito con pena edittale più elevata rispetto agli altri reati contestati, rende esaustivo conto della logicità e congruenza dell’iter logico seguito.

2.3. Il ricorso deve essere, pertanto, rigettato sul punto.
P.Q.M.

Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata limitatamente all’aumento di un mese per il reato di cui al capo I) della sentenza 15/10/2008, irrevocabile il 3/1/2009.

Ridetermina la pena, per l’effetto, in quattro anni, undici mesi e venti giorni di reclusione.

Rigetta nel resto il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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