Cass. civ. Sez. III, Sent., 27-09-2011, n. 19741 Decorrenza del termine di prescrizione Prescrizione breve Risarcimento del danno

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Liguria Assicurazioni S.p.A. propone ricorso per cassazione, affidato a tre motivi ed illustrato da successiva memoria, contro la sentenza non definitiva (n. 841/05) e la successiva sentenza definitiva (n. 638/09) con le quali la Corte di appello di Brescia la ha condannata al risarcimento dei danni in favore di L. A., in relazione a sinistro del 3/4/88, nella misura residua di Euro 117.311,70, al netto degli acconti già corrisposti.

Il L. resiste con controricorso.

B.A. e S.D., condannati in solido con la ricorrente, non si sono costituiti.

La medesima società propone altresì ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, avverso la sentenza n. 56/2010 della Corte di appello di Brescia, che, accogliendo l’impugnazione del L., ha revocato la sentenza n. 638/09, determinando in Euro 345.337,45, oltre interessi legali, il residuo debito della Liguria.

Il L. resiste anche a tale atto con controricorso.

B.A. e S.D. non si sono costituiti.

La Liguria ed il L. hanno depositato memorie.
Motivi della decisione

1.- Le due cause, aventi ad oggetto l’una il ricorso per cassazione proposto avverso la sentenza di appello e, l’altra, il ricorso proposto avverso la sentenza che ha deciso l’impugnazione per revocazione avverso la prima, devono essere riunite, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte (Cass., SS.UU. 7 novembre 1997 n. 10933; Cass. 29 novembre 2006 n. 25376), in applicazione analogica dell’art. 335 cod. proc. civ..

2.- Il ricorso proposto avverso la sentenza emessa nel giudizio di revocazione (R.G. n. 4614/10) è inammissibile. I primi tre motivi vertono infatti su questioni estranee al giudizio di revocazione (si tratta degli stessi motivi proposti con il primo ricorso) mentre con il quarto si prospetta la questione del superamento del massimale, senza tenere in alcun conto la ratio deciderteli, sul punto, della sentenza impugnata, che ha ritenuto la questione estranea all’oggetto del giudizio. Quella di superamento del massimale è comunque eccezione in senso proprio, con la conseguenza che la Liguria avrebbe dovuto dedurre di averla posta fin dai primo grado (Cass. 14 giugno 2006, n. 13754).

3.- Con il primo motivo del primo ricorso (R.G. n. 25008/07) la Liguria lamenta la violazione dell’art. 2947 cod. civ., comma 3, assumendo che il diritto del danneggiato sarebbe nella specie prescritto in quanto, essendo il fatto dannoso considerato dalla legge come reato (lesioni colpose gravi) estinto per amnistia, il termine prescrizionale decorrerebbe dal provvedimento di clemenza e non dalla pronuncia giudiziale di applicazione del beneficio.

3.1.- Il mezzo è infondato.

Il principio, in sè corretto, secondo il quale il termine prescrizionale decorre dal provvedimento di clemenza e non dalla sentenza applicativa va coordinato con quello (ignorato dalla ricorrente) secondo cui la costituzione di parte civile nel processo penale ha effetto interruttivo permanente della prescrizione del diritto al risarcimento del danno per tutta la durata del processo penale (Cass. 6049/98, 9942/98, 10026/2000). Cosicchè il termine prescrizionale decorre dalla data della sentenza di proscioglimento per amnistia, anzichè dal provvedimento di clemenza, allorchè vi sia costituzione di parte civile (Cass. 6049/98, 9942/98).

Di tali principi la Corte di appello di Brescia, accertando sulla base degli atti l’intervenuta costituzione di parte civile del L. nel procedimento penale a carico di B.A., ha fatto corretta applicazione.

4.- Con il secondo motivo la società ricorrente nega l’applicabilità alla fattispecie delle norme del vecchio codice di procedura penale, ai sensi dell’art. 242 disp. att. nuovo cod. proc. pen., lett. a), in difetto del requisito della contestazione del fatto all’imputato. Con la conseguenza che il termine biennale di prescrizione dovrebbe farsi decorrere dal 13/3/91, data di emissione del provvedimento di archiviazione del GIP di Brescia per intervenuta amnistia, costituente provvedimento non più soggetto ad impugnazione dichiarativo dell’estinzione del reato.

4.1.- Il secondo motivo è infondato, nei sensi che seguono.

Questa Corte ha affermato che, qualora per un atto illecito, astrattamente configurabile come reato, sia intervenuto in sede penale decreto di archiviazione, non ne consegue l’applicazione, nel successivo giudizio civile, del termine di prescrizione previsto dal art. 2947 cod. civ., comma 3. Il decreto di archiviazione, infatti, come correttamente osservato dal giudice di merito, non può essere equiparato ad una sentenza irrevocabile, perchè a differenza di quest’ultima presuppone la mancanza di un processo, non determina preclusioni di nessun genere nè ha gli effetti caratteristi ci della cosa giudicata. Ne consegue l’applicabilità del termine ordinario di cinque anni, ex art. 2947 cod. civ., comma 1, a decorrere dal fatto- reato (Cass. 1346/09, 15699/10), tenuto conto degli effetti interruttivi permanenti della costituzione di parte civile.

La motivazione va pertanto corretta in parte qua, considerato che, alla data di proposizione dell’azione civile, non erano certamente decorsi cinque anni dal fatto, tenuto conto degli effetti interruttivi permanenti della costituzione di parte civile avvenuta – come si rileva dalla sentenza non definitiva – l’8/9/88 ed i cui effetti si sono prodotti sino al 13/3/91. 5.- Con il terzo motivo la Liguria lamenta la violazione delt’art. 345 cod. proc. civ., quanto al rigetto della eccezione di inammissibilità dell’appello del L. per novità dei motivi.

5.1.- L’eccezione è infondata.

Il L., con i due motivi di appello, ha censurato l’iter argomentativo che ha condotto il giudice di primo grado a dichiarare estinto per prescrizione il diritto al risarcimento del danno. Non può dunque parlarsi di non consentita mutatio libelli, in quanto il diritto fatto valere (quello al risarcimento del danno) non è mutato e d’altro canto la questione di prescrizione era stata introdotta in giudizio proprio dalla convenuta.

6.- Il primo ricorso va pertanto rigettato, restando quindi assorbite le questioni relative al regolamento delle spese dei gradi di merito ed alla eventuale restituzione della provvisionale del 29/6/89. 7.- A ragione della soccombenza, la ricorrente va condannata al pagamento delle spese di entrambi i ricorsi in favore del L., liquidate in Euro 7.200, di cui Euro 7.000 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge.

Non vi è invece luogo a provvedere sulle spese quanto agli altri intimati, non costituitisi.
P.Q.M.

La Corte riunisce al ricorso n. 25008/07 quello n. 4614/10; rigetta il ricorso n. 25008/07 e dichiara inammissibile quello n. 4614/10;

condanna la società ricorrente al pagamento delle spese di entrambi i giudizi in favore di L.A., liquidate complessivamente in Euro 7.200, di cui Euro 7.000 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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