Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 05-05-2011) 25-05-2011, n. 20816

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Tribunale di Pavia, con sentenza in data 7/5/2010, applicava a G.C., imputato di due rapine aggravate ai danni, rispettivamente, della Banca Popolare di Lodi, con un bottino o di Euro 20.035, e della Banca Popolare Commercio e Industria, con un bottino di Euro 4979,50, ricettazione di un’autovettura Renault Kangoo, ex art. 444 c.p.p., con la continuazione, la pena di anni quattro, mesi quattro di reclusione.

Proponeva ricorso per cassazione l’imputato deducendo la mancanza e manifesta illogicità della motivazione al fine di verificare la qualificazione giuridica del fatto e la congruità della pena, lamentando la mancata concessione delle attenuanti generiche.
Motivi della decisione

Il ricorso è manifestamente infondato e va dichiarato inammissibile.

Oltre ad essere precluso a questa Corte un giudizio di merito (quale sarebbe quello relativo alla ricostruzione della condotta posta in essere) va ricordato che "in tema di patteggiamento, una volta esclusa con adeguato apparato argomentativo la sussistenza di ipotesi di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen., tutte le statuizioni non illegittime, concordate dalle parti e recepite dal giudice precludono la successiva proposizione, in sede di impugnazione di legittimità, di eccezioni o censure attinenti al merito delle valutazioni sottese al prestato consenso, che, essendo frutto del generale potere dispositivo riconosciuto dalla legge alle parti e ratificato dal giudice, non può più dalle stesse essere rimesso in discussione mediante ricorso per cassazione". (Cass. pen., sez. 1, sent. 6898 del 18.12.1996, dep. 25.1.1997, rv 206642).

Le parti che sono pervenute all’applicazione della pena su loro richiesta non possono, quindi,proporre in sede di legittimità questioni incompatibili con la richiesta di patteggiamento formulata per il fatto contestato, anche con riferimento alle attenuanti generiche ove, come nella specie, non siano state considerate dall’accordo, e per la qualificazione giuridica risultante dalla contestazione; l’accusa, come giuridicamente qualificata, non può essere rimessa in discussione (Cass. 6 2.3.99 n. 2815, ud. 21.1.99, rv. 213471).

L’obbligo di motivazione da parte del giudice è assolto con la semplice affermazione dell’effettuata verifica e positiva valutazione dei termini dell’accordo intervenuto tra le parti (Cass. 28.2.00, P.M. in proc. Cricchi). L’ammissibilità di dedurre in sede di legittimità una erronea qualificazione del fatto non può spingersi fino al punto di sindacare la sussistenza degli elementi costitutivi del reato attraverso il riesame delle risultanze di merito, come proposto dal ricorrente, in quanto il potere dovere del giudice di verificare la correttezza della qualificazione giuridica deve esercitarsi nell’ambito del fatto contestato e quindi tale controllo si sostanzia e si esaurisce nel riscontro della astratta corrispondenza della fattispecie legale rispetto al fatto come risulta esposto nella contestazione (Cass, S.U. 28.4.00 n. 5, cc. 19.1.00, Neri, rv. 215825).

Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende della somma di millecinquecento euro, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro millecinquecento alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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