Cass. civ. Sez. III, Sent., 27-09-2011, n. 19731

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza del 7 aprile 2009 la Corte di appello di Firenze accoglieva l’appello della B.N.L. e dichiarava pertanto l’inefficacia ai sensi dell’art. 2901 c.c., n. 1 delle vendite impugnate premettendo: a) con citazione del 30 maggio 1997 la s.p.a. B.N.L. aveva citato in giudizio V. e E.C. deducendo di esser creditrice della s.r.l. Filatura a pettine Corallo s.r.l. e del suo fideiussore E.V. della somma di L. 346.654.380,, oltre accessori, per titoli insoluti, per il cui pagamento aveva ottenuto decreto ingiuntivo n. 167/96 notificato alla debitrice principale ed ai cofideiussori e non opposto; b) Virgilio E., oltre non pagare il debito, il 28 ottobre 1993, con due atti notarili, aveva simulatamente venduto alla figlia C. la nuda proprietà esclusiva dell’appartamento situato a Firenze ed il 50% della nuda proprietà di altro appartamento in Prato (nonchè di altro appartamento in Viareggio di cui però non era stata chiesta l’inefficacia); c) in giudizio era intervenuta la Cassa di Risparmio di Firenze, formulando pretese analoghe; d) il Tribunale aveva rigettato la domanda per mancanza di prova, in particolare sulla scientia damni da parte dell’acquirente; e) il pregiudizio della Banca, per la configurabilità del quale è sufficiente la maggiore difficoltà o incertezza nell’esazione del credito della società finanziata per la quale aveva prestato garanzia l’ E., era costituito dalle predette alienazioni dei beni del debitore a sua figlia; f) la fideiussione del 16 luglio 1991 era anteriore a tali atti e la consapevolezza di sottrarre le garanzie ai creditori era desumibile da gravi indizi, precisi e concordanti,- quali: per l’alienante la conoscenza della crisi della Filatura Corallo s.r.l. – di cui era socio e Presidente – ancor prima del bilancio passivo del dicembre 1995 poichè la stessa figlia C. aveva ammesso che era collegata alle difficoltà del socio di maggioranza, D.F. M., sfociate nel suo fallimento del (OMISSIS) quale (socio di fatto della Bertilla Meneghetti, fallita fin dal (OMISSIS), e la vendita della nuda proprietà alla predetta figlia di tutto il patrimonio immobiliare a prezzi notevolmente inferiori a quelli di mercato senza logiche spiegazioni; per l’acquirente, l’interesse a mettere in salvo il patrimonio di famiglia essendo consapevole, quale figlia del venditore, delle ragioni dell’operazione, altrimenti inspiegabile.

Ricorre per cassazione E.C. cui resiste la s.r.l.

Calliope, cessionaria prò soluto di un pacchetto di crediti spettanti alla B.N.L. tra cui quello di cui è causa. V. E. non ha svolto attività difensiva.
Motivi della decisione

1.- Con il primo motivo la ricorrente deduce: "Violazione dell’art. 360 n. 3 in relazione all’art. 2901 c.c., n. 1" che conclude con il seguente quesito di diritto: "la presenza di una mera posizione di debito – ancorchè non esigibile – quale la garanzia fideiussoria integra il presupposto di cui all’art. 2901 c.c. che consente al creditore garantito (in particolare le banche) di esperire l’azione revocatoria ordinaria contro gli atti di disposizione del garante/debitore successivi al sorgere della posizione d’ obbligo di garanzia e prima che questa divenga escutibile ed esigibile anche quando, dopo tali atti di disposizione, il creditore ha continuato ad erogare credito al medesimo debitore principale pur sapendo dei medesimi atti di disposizione od ignorandoli con colpa, ovvero, in contrario, in tale caso (come quello in esame) l’azione revocatoria non è ammissibile (nè) esperibile poichè il creditore (banca) sapeva o ha ignorato, con colpa, la presenza di atti pregiudizievoli della garanzia tali da provocare la sopravvenuta insufficienza del patrimonio (in mìnor vantaggiosità di quello sostituito) del garante a soddisfare il credito (non ancora esigibile, escusso od escutibile) continuando invece ad erogare il credito al debitore principale quando il garante era divenuto insolvente ed aveva ridotto le proprie garanzia?". Il motivo, volto ad introdurre nuove questioni di diritto e di fatto rispetto a quelle dibattute nel merito – e cioè l’ambito di applicabilità dell’art. 1956 cod. civ. in relazione all’art. 2901 cod. civ. nella fattispecie concreta, neppure sintetizzata nel necessario quesìto, che pertanto è astratto in parte qua, e che implica nuovi accertamenti di fatto sulla data e l’ammontare dell’asserito ampliamento del fido alla garantita rispetto alla originaria cipertura in conto corrente – è inammissibile.

2.- Con il secondo motivo deduce:"Violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5, con riferimento alla sussistenza o meno (in capo alla ricorrente) dello stato soggettivo dell’azione revocatoria ex art. 2901 c.c., comma 1, n. 2" con cui sostanzialmente lamenta non aver la Corte considerato, a differenza del primo giudice, una possibile ricostruzione degli indizi diversa sì da esser insufficiente il quadro presuntivo ritenuto nella sentenza impugnata, che invece, con motivazione compiuta ed immune da vizi, ha motivato compiutamente l’esistenza della prova presuntiva della scientia fraudis della figlia nell’acquistare il patrimonio del padre.

Pertanto anche questo motivo è inammissibile.

3.- Concludendo il ricorso va respinto. Le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza.
P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente a pagare alla Calliope s.r.l. Euro 7.200 di cui Euro 200 per spese, oltre spese generali e accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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