T.A.R. Lazio Roma Sez. I quater, Sent., 24-05-2011, n. 4636 Demolizione di costruzioni abusive

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

il presente giudizio può essere definito nel merito ai sensi degli articoli 60 e 74 del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, previo accertamento della completezza del contraddittorio e dell’istruttoria, e sentite sul punto le parti costituite;

RILEVATO che il ricorso appare manifestamente infondato;

ATTESO che con esso parte ricorrente impugna la determinazione

– del 3 febbraio 2011 con la quale l’Amministrazione comunale di Roma le ha ingiunto la demolizione "di un manufatto delle dimensioni di m. 6,00 x 2,00 circa mediante elevazione di muratura laterale da m. 0,35 a m. 2,10 privo di copertura; di un vano seminterrato delle dimensioni interne di m. 3,00 x 4,40 H m. 2,35 mediante scavo del terreno e successivo posizionamento di solaio di copertura, provvisto di un vano di accesso delle dimensioni di m. 1,40 x 1,60 privo di infissi";

– del 25 febbraio 2011 con la quale l’Amministrazione comunale di Roma le ha ingiunto la demolizione del primo manufatto giunto allo stato di rustico, privo di impianti tecnologici, dotato di aperture/finestre e porta di accesso e coperto da tavelloni e travetti in ferro con sovrastante guaina bituminosa; e del secondo manufatto situato nel seminterrato, completato con porta in ferro a doppia anta e di un piccolo vano per presa di aria e luce, oltre che dotato di un impianto elettrico funzionante e intonacato, ma privo di arredo e pavimentazione;" con la medesima ordinanza il Comune ha anche colpito il "cambio di destinazione di uso della cantina, al piano interrato, ad abitazione, il cambio di destinazione di uso del box interrato a magazzino vista la presenza di mobilia accatastata, il cambio di destinazione d’uso del box interrato a magazzino vista la presenza di mobilia accatastata ed il cambio di destinazione di uso del manufatto in legno presente nel giardino al piano terra del lotto con trasformazione dei vani in soggiorno con angolo cottura, camera da letto e bagno esistente. Al piano soffitta dell’abitazione principale realizzazione di un bagno dette trasformazioni d’uso sono emerse dal confronto dello stato dei luoghi con quelle riportate nella planimetria catastale depositata all’Agenzia del Territorio di Roma" il tutto in assenza di titolo abilitativo;

CONSIDERATO che la ricorrente in fatto rappresenta di avere presentato domanda di accertamento di conformità ex articoli 36 e 37 del d.P.R. n. 380 del 2001 relativamente alle opere di cui è causa;

RILEVATO che avverso tali provvedimenti l’interessata oppone:

1. violazione e falsa applicazione del d.P.R. n. 380 del 2001, della legge n. 47 del 1985, del d.lgs. n. 42 del 2004; violazione e falsa applicazione della L.R. Lazio n. 15 del 2008; eccesso di potere per errata valutazione dei presupposti, difetto di motivazione, illogicità e irragionevolezza. Oppone che il magazzino interrato esiste sin dalla costruzione dell’intero complesso immobiliare e l’opera realizzata consiste esclusivamente nell’apertura di una porta d’accesso di limitate dimensioni sul muro di contenimento e di una finestra; rappresenta altresì che in ordine all’altro manufatto colpito dalla prima determinazione a demolire si tratterebbe di una tettoia di modeste dimensioni ottenuta mediante lo stamponamento della parte frontale del locale e la chiusura dell’apertura formatasi tra il muro di contenimento e la struttura di copertura, anch’essa da considerarsi non influente sul carico urbanistico e quindi esente da permesso a costruire; insiste che semmai le due opere dovrebbero considerarsi pertinenze urbanistiche assoggettabili alla denuncia di inizio attività, con conseguente inapplicabilità degli articoli 27, 31 32, comma 3, 33, 34, 35, e 37 del d.P.R. n. 380 del 2001 ciascuna corrispondente ad un illecito edilizio che, tuttavia non ricorre nel caso in esame;

2. violazione e falsa applicazione del d.P.R. n. 380 del 2001, della legge n. 47 del 1985, della L.R. Lazio n. 15 del 2008; eccesso di potere per carenza di istruttoria, errata valutazione dei presupposti, difetto di motivazione, illogicità ed irragionevolezza: la ricorrente insiste di avere presentato domanda di accertamento di conformità per tutte le opere colpite dalla demolizione, con conseguente effetto sospensivo fino al termine del procedimento di valutazione della domanda;

RILEVATO che nessuna delle censure proposte appare suscettibile di accoglimento ed in particolare quella da ultimo prospettata ed insistita anche con il primo motivo, in quanto per giurisprudenza della sezione e di altri TAR "i presupposti dei due procedimenti di sanatoria – quello di condono edilizio e quello di accertamento di conformità urbanistica – sono non solo diversi ma anche antitetici, atteso che l’uno (condono edilizio) concerne il perdono ex lege per la realizzazione sine titulo abilitativo di un manufatto in contrasto con le prescrizioni urbanistiche (violazione sostanziale) l’altro (sanatoria ex art. 13 legge 47/85 oggi art. 36 DPR n. 380/2001) l’accertamento ex post della conformità dell’intervento edilizio realizzato senza preventivo titolo abilitativo agli strumenti urbanistici (violazione formale)", (TAR Campania, Napoli, sezione VI, 3 settembre 2010, n. 17282, ripresa in TAR Lazio, sezione I quater, 22 dicembre 2010 n. 38207 ed anche più di recente della sezione: 11 gennaio 2011, n. 124), con la conseguenza che dalla presentazione della domanda di accertamento di conformità non può trarsi la medesima necessitata conclusione della sospensione del procedimento sanzionatorio come accade per la presentazione della domanda di condono ex art. 32 della legge n. 326 del 2003 che al comma 25 richiama espressamente l’art. 44 della legge n. 47 del 1985, dalla cui applicazione scaturisce, appunto, il ridetto effetto sospensivo;

RILEVATO ancora che non può essere condivisa la qualificazione delle opere realizzate come non abbisognevole del permesso a costruire, dal momento che, tra le tante, la realizzazione di una porta nel vano seminterrato comporta la modificazione della sagoma dell’immobile, intervento ricompreso tra quelli di ristrutturazione che necessitano di permesso a costruire ex art. 10 del d.P.R. n. 380 del 2001;

E RILEVATO che a causa di tale osservazione, non appare condivisibile neppure la prospettazione per cui le opere realizzate sono da qualificarsi mere pertinenze dell’immobile cui afferiscono, a tacere dei cambi di destinazione di uso con opere, colpiti dal secondo provvedimento impugnato e che necessitavano, comunque, di un idoneo titolo abilitativo;

CONSIDERATO, infatti, che la nozione di pertinenza civilistica e quella urbanistico/edilizia sono da tenere distinti, sicché gli interventi che, pur essendo accessori a quello principale, incidono con tutta evidenza sull’assetto edilizio preesistente, determinando un aumento del carico urbanistico, devono ritenersi sottoposti a permesso di costruire (TAR Campania, Napoli, sezione VI, 3 dicembre 2010, n. 26788);

RILEVATO che, pertanto, il provvedimento va trovato scevro delle dedotte censure e che, pertanto, il ricorso non può che essere respinto;

CONSIDERATO che, quanto alle spese di lite, esse seguono la soccombenza e vanno liquidate come da dispositivo;
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Quater) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna Rita NEGRI al pagamento di Euro 1.000,00 per spese di giudizio ed onorari a favore di Roma Capitale.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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