Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 28-04-2011) 25-05-2011, n. 20843 Intercettazioni telefoniche

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1) Con sentenza in data 28.3.2008, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Catania del 18.3.2004, con la quale S. F. e C.A. erano stati condannati alla pena di anni 4, mesi 6 di reclusione ed Euro 1.200,00 di multa per il reato di cui agli artt.81 e 110 c.p., L. n. 75 del 1958, art. 3, nn.4, 6 e 8 e art. 4, n. 7 ("per aver reclutato, al fine di far loro esercitare la prostituzione, un numero imprecisato di donne straniere, inducendole a recarsi dai luoghi di loro abituale residenza a Catania, ove ne favorivano e sfruttavano la prostituzione"), concedeva le circostanze attenuanti generi che e rideterminava la pena inflitta in primo grado in anni 2 e mesi 8 di reclusione.

Riteneva la Corte territoriale, disattendendo i motivi di appello, che dagli atti emergessero elementi inequivocabili (desumibili dalle intercettazioni telefoniche, dai comportamenti stessi dei prevenuti e da quanto già evidenziato nella sentenza di primo grado) a carico degli imputati in ordine al reato ascritto.

Apparendo, però, il ruolo degli imputati secondario e per adeguare la pena all’entità dei fatti riteneva di concedere le circostanze attenuanti generiche.

2) Ricorre per cassazione S.F., a mezzo del difensore, deducendo, con il primo motivo la inosservanza di norme processuali stabilite a pena di nullità, nonchè la mancanza di motivazione.

Con memoria, depositata in data 28.3.2008, veniva eccepita la inutilizzabilità ex art. 191 c.p.p. del materiale probatorio acquisito e con il consenso del PG, venivano depositati i decreti di autorizzazione delle intercettazioni telefoniche. La Corte territoriale ometteva completamente di esaminare la memoria e la documentazione prodotta (peraltro l’eccepita inutilizzabilità era rilevabile anche d’ufficio). Con il secondo motivo denuncia la inosservanza di norme processuali stabilite a pena di nullità in relazione ai decreti di autorizzazione delle intercettazioni telefoniche perchè carenti di un minimo apparato motivazionale ex art. 268 c.p.p., comma 3. Dopo aver richiamato la Giurisprudenza di legittimità sul tema e gli interventi delle sezioni unite (per ultimo con la sentenza n. 30347 del 12.7.2007) eccepisce la inutilizzabilità dei decreti autorizzativi n. 101/94 perchè privi dei requisiti motivazionali minimi (in particolare sul ricorso ad impianti esterni), essendo stato utilizzato un modulo prestampato che ricalca pedissequamente la lettera della legge. Con il terzo motivo denuncia la inosservanza di norme processuali stabilite a pena di inutilizzabilità in relazione all’annotazione di servizio del 12.4.1994 Con il quarto motivo denuncia la inosservanza di norme processuali stabilite a pena di inutilizzabilità in relazione alle dichiarazioni acquisite ex art. 512 bis c.p.p., sia perchè non è stato accertato in modo rigoroso la irreperibilità dei testi, sia perchè, comunque, esse costituiscono le uniche fonti di prova su cui è fondata la pronuncia di condanna.

2.1) Ricorre per cassazione C.A., a mezzo del difensore, denunciando con il primo motivo la inutilizzabilità delle intercettazioni telefoniche per le modalità di acquisizione non autorizzate; non vi è prova, peraltro, della attribuibilità delle conversazioni all’imputata. Con il secondo motivo denuncia la mancanza e manifesta illogicità della motivazione in ordine all’affermazione di responsabilità fondata solo su una incerta conversazione telefonica.

Con memoria, depositata in data 12.4.2011, il difensore del S. reitera l’eccezione di inutilizzabilità delle intercettazioni autorizzate con Decreto n. 101 del 1994 R.I. (che si allega), carente assolutamente di motivazione in ordine alla necessità di ricorrere ad impianti esterni.

3) Non c’è dubbio alcuno che, a norma dell’art. 271 c.p.p., i risultati delle intercettazioni non possano essere utilizzati qualora le stesse siano state eseguite fuori dei casi consentiti dalla legge o qualora non siano state osservate le disposizioni previste dall’art. 267 e art. 268, commi 1 e 3. E tale inutilizzabilità, ai sensi dell’art. 191 c.p.p., è rilevabile anche di ufficio in ogni stato e grado del procedimento. Come ricordato dalle sezioni Unite, con la sentenza n. 30347 del 26.7.2007, in ordine alla motivazione dei decreti autorizzativi circa la indisponibilità degli impianti della Procura, "ciò che rileva è … che si possa dedurre l’iter cognitivo e valutativo seguito … e se ne possano conoscere i risultati che siano conformi alle prescrizioni di legge" ed "è l’esistenza di una obiettiva situazione di insufficienza o di inidoneità che deve emergere dalla motivazione del Decreto e non la sola valutazione conclusiva operata in proposito dal pubblico ministero"; e ciò in ossequio alla esigenza che la motivazione debba "dimostrare la corrispondenza tra la fattispecie concreta considerata dal giudice o dal pubblico ministero e la fattispecie astratta, che legittima il provvedimento", dovendosi perciò indicare "i dati materiali e le ragioni che all’autorità giudiziaria hanno fatto ritenere esistente la fattispecie concreta". La indicazione di tali dati materiali e delle ragioni apprezzate nel ritenere realizzata la fattispecie concreta costituiscono, quindi, compendio ineludibile del provvedimento del p.m. al riguardo per ritenere assolto l’obbligo motivazionale; la mera enunciazione di un conclusivo giudizio, avulso da quei dati fattuali ritenuti sussistenti unitamente alle ragioni che hanno indotto al consequenziale divisamente espresso, non da affatto contezza dell’iter cognitivo e valutativo seguito dal magistrato, e sottrae "a chi ha titolo di impugnare o contestare la decisione … il diritto di critica e all’organo della valutazione o dell’impugnazione … l’attività di verifica che gli compete". L’uso di una formula che si limiti a ripetere quella legislativa non è, di per sè, idonea ad assolvere all’obbligo motivazionale al riguardo, perchè si limita ad esprimere, in maniera apodittica ed autoreferenziale, un conclusivo giudizio, ma non indica alcun concreto e fattuale percorso argomentativo, che a quel conclusivo giudizio deve presiedere e che deve dialetticamente giustificare. Ed in tale contesto neppure può sfuggire all’obbligo motivazionale una congrua indicazione delle ragioni della deroga alla regola generale in riferimento alla tipologia delle indagini da svolgersi. Se, difatti, va confermata e ribadita quella nozione di inidoneità di tipo funzionale di tali impianti, di cui sopra si diceva – comprendente non solo una obiettiva situazione di fatto che renda necessario il ricorso ad impianti esterni, ma anche la concreta inadeguatezza al raggiungimento dello scopo, in relazione al reato per cui si procede ed alla tipologia di indagine necessaria all’accertamento dei fatti, in relazione, cioè, alle caratteristiche concrete delle operazioni captative e alle finalità investigative perseguite – rimane che di tali esigenze il magistrato debba, comunque, dare motivata contezza, certo senza "particolari locuzioni o approfondimenti", come evoca l’ordinanza di rimessione, ma nondimeno in maniera comunque idonea ad assolvere all’obbligo di congruamente esplicitare le ragioni della deroga in relazione a tale ritenuta inidoneità funzionale: non può, quindi, che confermarsi e ribadirsi, anche al riguardo, che i ravvisati e ritenuti motivi della deroga "non possono essere taciuti nei casi… in cui l’inidoneità viene fatta dipendere non dalle condizioni materiali degli impianti, ma da particolari esigenze investigative".

La Corte territoriale non ha svolto alcun esame in ordine all’eccezione di inutilizzabiiità delle intercettazioni telefoniche pur dovendolo comunque effettuare d’ufficio, una volta acquisiti i decreti medesimi) ed in particolare se essi dessero conto motivatamente dell’esistenza di una situazione di insufficienza degli impianti di Procura e quindi della necessità di ricorrere ad impianti esterni.

3.1) La forza propulsiva degli atti di impugnazione (non manifestamente infondati per le ragioni in precedenza esposte) consente di rilevare la prescrizione, maturata dopo la emissione della sentenza impugnata.

Il termine massimo di prescrizione di anni 15 è, infatti, maturato alla data del 15.4.2009, essendo stato il reato commesso, come recita la contestazione, fino al 15.4.1994 e non essendovi cause di sospensione.

Non ricorrono, certamente, le condizioni per applicare il disposto di cui all’art. 129 cpv. c.p.p..

Le sezioni unite, con la sentenza n. 35490 del 28.5.2009, hanno ribadito che "In presenza di una causa di estinzione del reato il giudice è legittimato a pronunciare sentenza di assoluzione a norma dell’art. 129 cod. proc. pen., comma 2 soltanto nei casi in cui le circostanze idonee ad escludere l’esistenza del fatto, la commissione del medesimo da parte dell’imputato e la sua rilevanza penale emergano dagli atti in modo assolutamente non contestabile, cosi che la valutazione che il giudice deve compiere al riguardo appartenga più al concetto di "constatazione", ossia di percezione "ictu oculi", che a quello di "apprezzamento" e sia quindi incompatibile con qualsiasi necessità di accertamento o di approfondimento".
P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata per essere il reato estinto per prescrizione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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