Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 27-04-2011) 25-05-2011, n. 20803 Impugnazioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Tribunale di Nicosia, con sentenza in data 2 dicembre 2010, applicava, ex art. 444 c.p.p., nei confronti di R.A., imputato di due diversi episodi di rapina aggravata, furto aggravato di un autovettura Fiat Punto e porto ingiustificato di coltello, con la continuazione, concesse le attenuanti generiche equivalenti alla contestata recidiva, la pena di anni quattro di reclusione e Euro 1200 di multa, revocando il beneficio dell’indulto di cui l’imputato aveva beneficiato in precedenza.

Proponeva ricorso per cassazione l’imputato deducendo l’inosservanza ed erronea applicazione della legge penale avendo errato il giudice nel rievocare il beneficio dell’indulto, in quanto i reati per cui imputato era stato condannato sono stati commessi dopo il termine di cinque anni e non sono neanche della stessa indole di quelli oggetto del decreto penale di condanna.
Motivi della decisione

il ricorso è manifestamente infondato e va dichiarato inammissibile.

La sentenza di applicazione concordata della pena ( art. 444 c.p.p.), essendo equiparata, ai sensi dell’art. 445 c.p.p., comma 1 bis, salvo diverse disposizioni di legge, ad una pronuncia di condanna (Cass. Sez. Un. 23 maggio 2006, n. 17781, rv. 233518) ben può costituire titolo idoneo per la revoca di diritto dell’indulto, ai sensi della L. n. 241 del 2006, art. 1, comma 3, qualora colui che ne ha usufruito commetta, entro cinque anni dall’entrata in vigore della citata legge, un delitto non colposo per il quale gli venga inflitta una pena detentiva non inferiore a due anni.

Alla luce dell’interpretazione logico-sistematica dell’art. 444 c.p.p., art. 445 c.p.p., comma 1 bis, e L. n. 241 de 2006, art. 1, comma 3, il suddetto principio ha una valenza generale e più ampia rispetto alla specifica fattispecie (revoca di diritto della sospensione condizionale della pena) con riferimento alla quale è stato enunciata e trova, quindi, applicazione anche in materia di revoca di diritto del benefico dell’indulto ai sensi della L. n. 241 del 2006, art. 1, comma 3, (Cass, Sez. 1, 11 luglio 2008 n. 29959, rv. 240686). Poichè i reati oggetto della sentenza di patteggiamento sono stati commessi entro anni cinque dall’entrata in vigore della predetta legge è legittima la revoca de beneficio dell’indulto, richiesto dal PM e accordato dal Tribunale, in mancanze di opposizione da parte del prevenuto che, in sede di ricorso, si è limitato alla mera enunciazione, in violazione del principio di autosufficienza del ricorso, che non trattavasi di reati della stessa indole di quelli per la quale è intervenuta sentenza di condanna, senza allegare i precedenti decreti di condanna, al fine di giustificare le doglianze. Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende della somma di Euro mille, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della sommai di Euro mille alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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