Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 20-04-2011) 25-05-2011, n. 20830 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Corte d’Appello di Bologna, con sentenza del 26 maggio 2010, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Ravenna del 30 giugno 2009, esclusa la recidiva, rideterminava la pena agli imputati A.k. e G.Y., per i reato di detenzione di grammi 195,2 di cocaina (D.P.R. n. 409 del 1990, art. 73, comma 5), rispettivamente in anni tre di reclusione e 14.000 Euro di multa e anni 2, mesi 4 di reclusione e 10.000 Euro di multa.

Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore generale della Corte di appello di Bologna lamentando carenza, contraddittorietà ovvero manifesta illogicità della motivazione, in quanto la Corte di appello aveva tralasciato di considerare il comportamento processuale degli imputati ai fini della considerazione della recidiva contestata. Inoltre, contraddittoriamente, aveva fatto riferimento ai precedenti penali per rigettare la richiesta di concessione delle attenuanti generiche, precedenti che non erano stati considerati ai fini del bilanciamento tra opposte circostanze.
Motivi della decisione

Il ricorso del Procuratore generale è infondato.

Nessuna contraddizione può evincersi nella sentenza impugnata che ha fornito sul punto una motivazione esaustiva delle valutazioni effettuate in relazione ai precedenti penali degli imputati, priva di smagliature logiche e rispettosa dei canoni ermeneutici da applicare.

La Corte di appello, infatti, effettuando una valutazione sul fatto, ha ritenuto che non sussistessero elementi concreti per ritenere il reato espressione di una maggiore pericolosità degli imputati ed ha ritenuto di dover escludere la recidiva reiterata specifica ed infraquinquennale, contestata agli imputati, la quale avrebbe precluso il giudizio di bilanciamento, e quindi la concreta operatività, nella dosimetria della pena da infliggere, della circostanza attenuante di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5 peraltro già riconosciuta dal giudice di primo grado.

Nell’esaminare invece la richiesta delle circostanze attenuanti generiche avanzata con i motivi di impugnazione di riconoscimento, i giudici di appello hanno esaminato sia i precedenti penali degli imputati che la gravità del fatto sotto il profilo specifico della quantità dello stupefacente detenuto ed hanno ritenuto di poterlo inquadrare "al limite" dell’ipotesi dell’attenuante di cui al citato comma 5. Non v’è stata alcuna contraddizione: nella prima valutazione, il fatto-reato è stato considerato nel suo complesso, nella seconda, sono stati esaminati gli elementi per il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, nella specie, i precedenti penali e l’entità dell’oggetto materiale del reato.

La giurisprudenza di questa Corte ha del resto precisato che "non è ravvisarle il vizio di contraddittorietà di motivazione nel caso di diniego delle circostanze attenuanti generiche per i precedenti penali dell’imputato e di contemporaneo giudizio di equivalenza tra una circostanza attenuante e la recidiva, trattandosi di due ben distinte valutazioni non necessariamente collegate ad identici presupposti" (Cfr. Sez. 2 n. 106 del 7 gennaio 2010, Marotta e altri, Rv. 246045). Pertanto il giudice di merito ben ha potuto utilizzare il dato relativo ai precedenti penali dell’imputato per finalità diverse e giudizi differenziati, al fine di negare la concessione delle attenuanti generiche, ma nel contempo escludere la recidiva, come avvenuto nel caso di specie, consentendo in tal modo l’operatività della circostanza attenuante di cui al D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, art. 73, comma 5.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso del Procuratore generale.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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