Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 20-04-2011) 25-05-2011, n. 20829 Intercettazioni telefoniche

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Venezia ha confermato la pronuncia di colpevolezza di Y.M. in ordine al reato: 4) di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 a lui ascritto per avere acquistato, detenuto e ceduto a F.L. cinquanta dosi di sostanza stupefacente del tipo cocaina.

La Corte territoriale ha rigettato i motivi di gravame con i quali l’appellante aveva eccepito la inutilizzabilità delle intercettazioni telefoniche ed ambientali per carenza di motivazione dei decreti autorizzativi; contestato che l’interlocutore del F., di cui alle intercettazioni telefoniche, si identificasse con lo Y.; contestato che si fosse effettivamente verificata la ritenuta cessione di sostanza stupefacente e chiesto, in subordine, la concessione della diminuente di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5.

La sentenza ha, però, dichiarato le concesse attenuanti generiche prevalenti sulla recidiva, rideterminando la pena inflitta all’ Y. nella misura precisata in epigrafe.

Avverso la sentenza ha proposto ricorso l’imputato, che la denuncia per violazione di legge e vizi di motivazione.
Motivi della decisione

Con il primo mezzo di annullamento il ricorrente denuncia la violazione ed errata applicazione dell’art. 267 c.p.p., commi 1 e 2, e art. 271 c.p.p., comma 1, nonchè vizi di motivazione della sentenza. Riproponendo l’eccezione di inutilizzabilità delle intercettazioni telefoniche ed ambientali, per carenza di motivazione dei relativi decreti autorizzativi, il ricorrente deduce, in sintesi, che si tratta di ipotesi di inutilizzabilità patologica del mezzo di prova, rilevabile di ufficio in ogni stato e grado del processo, sicchè la scelta del rito abbreviato da parte dell’imputato non si palesa ostativa alla deduzione di tale vizio nel corso del giudizio.

Si sostiene, inoltre, che i predetti decreti non risultano motivati neppure per relationem in ordine alla indispensabilità delle intercettazioni e alla stessa sussistenza degli indizi di reato.

Con il secondo mezzo di annullamento si denuncia la violazione ed errata applicazione dell’art. 191 c.p.p., nonchè vizi di motivazione in ordine alla identificazione dello Y. quale interlocutore del F. ed alla conseguente affermazione di colpevolezza dell’imputato. Sostanzialmente si denuncia il travisamento di alcune risultanze probatorie da parte dei giudici di merito, in particolare per avere la sentenza attribuito valore di certezza alla identificazione da parte della polizia giudiziaria della voce dell’imputato, quale interlocutore del F., mentre tale identificazione era stata indicata come probabile e non si era proceduto ad alcun accertamento tecnico sul punto; avere attribuito allo Y. la disponibilità di una sim card utilizzata per le conversazioni con il F., senza tener conto che la stanza, nella quale detta sim card era stata trovata nel corso di una perquisizione, veniva utilizzata sia dall’imputato che da P. A., che presumibilmente aveva avuto rapporti con il F. per questioni di stupefacenti; avere affermato che il F. si era limitato a non menzionare l’ Y., ritenendo corretta una valutazione frazionata della chiamata di correo, mentre il primo aveva escluso il coinvolgimento dell’imputato nella cessione di stupefacenti.

Con il terzo mezzo di annullamento si denuncia la violazione ed errata applicazione dell’art. 192 c.p.p., della norma incriminatrice, nonchè vizi di motivazione della sentenza in ordine all’accertamento della avvenuta cessione della sostanza stupefacente.

Sostanzialmente si denuncia anche in questo caso la carenza di elementi probatori dimostrativi che vi fosse stata effettivamente una cessione di sostanze stupefacenti dall’ Y. al F..

Si denuncia, in particolare, contraddittorietà della motivazione della sentenza per essere stata ritenuta irrilevante la assenza di riferimenti, nelle conversazioni telefoniche, alla natura, quantità e prezzo della sostanza stupefacente, luoghi e tempi della consegna e per avere i giudici di merito ritenuto egualmente provata la avvenuta cessione, peraltro, fondando l’accertamento sul punto su un giudizio espresso in termini probabilistici in una annotazione di polizia giudiziaria.

Con l’ultimo mezzo di annullamento si denunciano, infine, vizi di motivazione in ordine alla esclusione della diminuente di cui al D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, art. 73, comma 5.

Si deduce contraddittorietà tra l’affermazione che lo stupefacente oggetto di cessione sarebbe stato di rilevante quantità e le precedenti argomentazioni in ordine alla irrilevanza della carenza di accertamento della natura, quantità e prezzo della sostanza stupefacente. Si contesta anche che l’ Y. potesse ritenersi inserito in un traffico internazionale di stupefacenti.

Il ricorso non è fondato.

Il primo motivo di gravame è inammissibile.

Il ricorrente ha esattamente rilevato l’esistenza di un errore di diritto nell’affermazione della sentenza impugnata, secondo la quale il giudizio abbreviato preclude la possibilità di eccepire la inutilizzabilità delle intercettazioni telefoniche o ambientali per carenza di motivazione dei relativi decreti autorizzativi, ai sensi degli art. 267 e 271 c.p.p..

Sì tratta, invero, di ipotesi di inutilizzabilità cosiddetta patologica, rilevabile anche di ufficio in ogni stato e grado del procedimento (sez. un. 21.6.2000 n. 16, Tammaro, RV 216246; sez. 6, 30.1.2007 n. 14099, Caruso e altri, RV 236211 ed altre).

Costituisce, però, ulteriore consolidato principio di diritto, reiteratamente affermato da questa Suprema Corte, che incombe sul ricorrente, ti quale eccepisca la inutilizzabilità dei risultati delle intercettazioni, un onere di allegazione dei relativi decreti, anche provvedendo a produrli in copia nel giudizio di cassazione, se non puntualmente indicati nel fascicolo di ufficio, con la conseguenza che in assenza di tale allegazione il motivo di ricorso risulta inammissibile per genericità, (sez. 5, 15.7.2008 n. 37694, Rizzo, RV 241300; sez. 4, 7.6.2006 n. 32747. Pizzinga, RV 234809;

sez. 4, 3.11.2005 n. 2375 del 2006, Tamarisco e altri, RV 232972;

sez. 4, 9.6.2004 n. 33700, Campisi, RV 229098).

Orbene, nel caso in esame non sono stati allegati al ricorso i decreti di autorizzazione e convalida delle intercettazioni, di cui si contesta la legittimità; nè il ricorso contiene altre indicazioni utili per la loro individuazione nel fascicolo processuale, in cui peraltro non si rinvengono.

Gli ulteriori motivi di ricorso, che sono anche essi al limite dell’ammissibilità, esaurendosi prevalentemente nella censura delle risultanze probatorie da parte dei giudici di merito, sono, in ogni caso, infondati.

Non sussistono, invero, i denunciati vizi di motivazione in ordine alla affermazione di colpevolezza dell’imputato e, tanto meno, violazione di legge nella valutazione delle risultanze probatorie.

Entrambe le sentenze di merito, le cui motivazioni si integrano per l’uniformità del giudicato, hanno dimostrato, sulla base di una serie di argomentazioni logiche, che non possono essere censurate in sede di legittimità in relazione al loro contenuto valutativo, sia la identificazione dell’ Y. quale interlocutore del F., in relazione alla cessione della sostanza stupefacente di cui alla contestazione, identificazione che – si afferma in sentenza – essere fondata dalla polizia giudiziaria anche sul riconoscimento vocale dell’imputato, sia il possesso da parte dell’imputato della carta sim utilizzata per le conversazioni con il F., sia la effettiva intervenuta cessione della sostanza stupefacente.

Nè, come già rilevato, la motivazione su tali punti può essere "Misurata in sede di legittimità mediante la prospettazione di valutazioni alternative delle risultanze probatorie.

Anche l’accertamento del dato quantitativo della sostanza stupefacente (50 dosi di cocaina) ha formato oggetto di motivazione esaustiva mediante la puntuale indicazione delle risultanze delle intercettazioni telefoniche dalle quali è stato desunto.

Sicchè il diniego della diminuente di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5, è stato correttamente fondato sulla valutazione del rilevante quantitativo di sostanza stupefacente oggetto di cessione (sez. un. 21.9.2000 n. 17, Primavera ed altri).

Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato.

Ai sensi dell’art. 616 c.p.p. segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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