CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. III PENALE – SENTENZA 12 gennaio 2009, n.626 NON COMMETTE PIÙ REATI L’IMPRENDITORE CHE UTILIZZA FATTURE DIVERSE NELL’UNICA DICHIARAZIONE FRAUDOLENTA

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

In fatto

Il giudice dell’udienza preliminare presso il tribunale di Brescia, con sentenza del 14 febbraio del 2008, applicava nei confronti di Z. G. D. la pena concordata nella misura di mesi due di reclusione, in aumento di quella irrogata con la sentenza del 25 gennaio del 2007 per il medesimo reato, ritenuta la continuazione tra i due fatti.

Lo Z. era imputato del reato di cui all’articolo 2 del decreto legislativo n. 74 del 2000, per avere, quale legale rappresentante della società R. M. S.P.A., al fine di evadere le imposte sui redditi e sul valore aggiunto, avvalendosi di fatture ed altri documenti per operazioni inesistenti, indicava nella dichiarazione relativa a dette imposte per l’anno 2003 elementi passivi fittizi per un valore imponibile pari ad euro 1.526.466,20, IVA euro 305293,24, avvalendosi in particolare delle fatture emesse dalla “R. & R.” Italia Branch, con sede nel Venezuela. Fatto commesso nel 2004 al momento della presentazione della dichiarazione.

Ricorre per cassazione l’imputato per mezzo del difensore denunciando la violazione dell’articolo 649 c.p.p., in quanto per lo stesso fatto relativo al medesimo anno d’imposta era stato già condannato, a nulla rilevando la circostanza che la fattura oggetto del presente procedimento fosse diversa da quella di cui alla sentenza del 25 gennaio del 2007, posto che la dichiarazione era unica.

Il ricorso è fondato.

Nel presente procedimento al prevenuto si è contestato il delitto di dichiarazione fraudolenta per avere indicato nella dichiarazione presentata nel 2004 per l’anno d’imposta precedente elementi passivi fittizi avvalendosi di fatture emesse per operazioni inesistenti. Orbene con riferimento alla stessa dichiarazione annuale ed al medesimo anno d’imposta il prevenuto era stato già condannato con la sentenza n. 335 del 2007 dal tribunale di Brescia, utilizzata dal giudice dell’udienza preliminare per applicare la continuazione. Questa è stata ritenuta in base al rilievo che, anche se la dichiarazione era unica ed era relativa al medesimo anno d’imposta, le fatture indicate nei due procedimenti erano diverse (cfr. parere del procuratore generale). In realtà la diversità di documenti utilizzati per aumentare i costi, allorché la dichiarazione sia unica e relativa allo stesso periodo d’imposta non giustifica l’affermazione di responsabilità per due reati diversi. Invero, l’articolo 8 del decreto legislativo n. 74 del 2000 che punisce colui il quale emette fatture per operazioni inesistenti, al secondo comma, dispone che l’emissione o il rilascio di fatture per operazioni inesistenti nel corso del medesimo periodo d’imposta si considera come un solo reato. A fortiori quindi dovrebbe considerarsi unico il reato allorché si utilizzino più fatture per aumentare i costi se la dichiarazione è unica ed è relativa alla stessa imposta ed allo stesso periodo d’imposta. L’articolo 2 del decreto legislativo n. 74 del 2000 consente un’unica incriminazione per il soggetto che pone in essere una dichiarazione fraudolenta, sia che si avvalga di un solo documento, sia che utilizzi una pluralità di fatture o altri documenti, a nulla rilevando che le fatture o gli altri documenti siano diversi ed abbiano diversi destinatari e ciò perché il reato non si perfeziona con la semplice registrazione del documento che sarà poi utilizzato ma con la dichiarazione, riferita a quella specifica intera annualità e con l’indicazione, nell’ambito della suddetta dichiarazione, di elementi passivi fittizi inseriti nella contabilità. Di conseguenza è irrilevante il numero delle fatture o degli atti documenti utilizzati per abbattere i costi perché la registrazione di tali documenti rappresenta solo un’attività prodromica alla realizzazione del reato che si consuma nel momento in cui si presenta una dichiarazione fraudolenta mediante l’uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti e non nel momento in cui si registra in contabilità il singolo documento che poi sarà utilizzato per abbattere i costi. L’eventuale pluralità di reati non dipende dalla pluralità dei documenti utilizzati, ma dalla pluralità delle dichiarazioni relative a periodi d’imposta diversi. Se la dichiarazione è unica, unico è il reato commesso con quella dichiarazione anche se i documenti utilizzati sono diversi.

Il ricorrente assume che la questione anzidetta, sia pure oralmente nel corso della discussione, era stata prospettata in prime cure, ma è stata ignorata dal giudice. Ai fini che ora interessano non importa stabilire se la questione sia stata o no prospettata dal ricorrente, posto che il giudice, nel momento in cui ha acquisito la precedente sentenza per applicare la continuazione, avrebbe dovuto, anche ex officio, rilevare che trattavasi del medesimo reato.

Alla stregua delle considerazioni svolte la sentenza impugnata va annullata senza rinvio perché l’azione penale non avrebbe potuto essere iniziata per precedente giudicato.

P.Q.M.

La Corte

Letto l’articolo 620 c.p.p.
Annulla senza rinvio l’impugnata sentenza perché l’azione penale non avrebbe potuto essere iniziativa per precedente giudicato.

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *