Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 20-04-2011) 25-05-2011, n. 20826

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Roma ha confermato la pronuncia di colpevolezza di A.A.B. in ordine al reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 1 bis, e art. 80, comma 2, a lui ascritto per avere importato illecitamente nel territorio dello Stato grammi 2.507,2 di sostanza stupefacente del tipo eroina, con principio attivo pari al 55%, dalla quale sarebbe stato possibile ricavare 55.1S8 singole dosi.

La Corte territoriale ha rigettato il motivo di gravame con il quale l’appellante aveva contestato la configurabilità dell’aggravante dell’ingente quantità di sostanza stupefacente, già ritenuta equivalente alle attenuanti genetiche concesse all’imputato, mentre ha accolto la richiesta di riduzione della pena inflitta dal giudice di primo grado, rideterminandola nella misura precisata in epigrafe.

Avverso la sentenza ha proposto ricorso il difensore dell’imputato, che la denuncia per violazione di legge e vizi di motivazione.
Motivi della decisione

Con un unico mezzo di annullamento il ricorrente denuncia la violazione ed errata applicazione del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 80, comma 2, e vizi di motivazione della sentenza in ordine alla sussistenza della citata aggravante.

In sintesi, si deduce che l’aggravante si riferisce alla detenzione o importazione di quantitativi di sostanza stupefacente enormi e singolari tali da destare un profondo allarme. Inoltre la valutazione del carattere ingente del quantitativo di sostanza stupefacente deve essere rapportata ad un determinato mercato e periodo di tempo, elementi che non sono stati presi in esame dai giudici di merito. Il quantitativo di sostanza stupefacente, per definirsi ingente, deve rispondere a parametri di eccezionalità e determinare un pericolo per la salute pubblica di elevata intensità in relazione alle caratteristiche dell’offerta di droga, alla sua capacità di diffusione ed alle condizioni di assorbimento del mercato.

Si denuncia, quindi, la insussistenza delle condizioni indicate, la carenza di motivazione della sentenza sul punto e si aggiunge che nel caso in esame non sussisteva neppure la consapevolezza dell’ A., mero corriere della droga, in ordine alla natura e qualità della stessa. Il ricorso non è fondato.

E’ stato da tempo definitivamente affermato da questa Suprema Corte che "La circostanza aggravante speciale dell’ingente quantità di sostanza stupefacente prevista dal D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, art. 80, comma 2, la cui "ratio legis" è da ravvisare nell’incremento del pericolo per la salute pubblica, ricorre ogni qualvolta il quantitativo di sostanza oggetto di imputazione, pur non raggiungendo valori massimi, sia tale da creare condizioni di agevolazione del consumo nei riguardi di un rilevante numero di tossicodipendenti, secondo l’apprezzamento del giudice del merito che, vivendo la realtà sociale del comprensorio territoriale nel quale opera, è da ritenersi in grado di apprezzare specificamente la ricorrenza di tale circostanza." (sez. un. 21.6.2000 n. 17, Primavera ed altri, RV 216666; conf. sez. 4, 18.6.2009 n. 36585, Venturini, RV 244986; sez. 4, 21.6.2006 n. 30075, De Angelis e altri, RV 235180).

E’ stato, poi, ulteriormente precisato sul punto che, ai fini della sussistenza della aggravante della quantità "ingente" di sostanza stupefacente, non è necessario che il quantitativo sia in grado di determinare la saturazione del mercato in una determinata area, in quanto tale elemento è ultroneo rispetto alla "ratio" della norma, rappresentata dalla tutela della salute pubblica, e non è neppure suscettibile di positivo accertamento, in considerazione del carattere clandestino del mercato degli stupefacenti (sez. 5, 9.7.2008 n. 39205, Di Pasquale ed altri, RV 241694; sez. 4, 3.6.2010 n. 2457Z, Iberdemaj, RV 247823; sez. 6, 23.1.2008 n. 10384, Sartori, RV 239210; sez. 4, 15.5.2007 n. 43372, Hillalj, RV 238295; sez. 6, 19.10.2004 n. 7254 del 2005, disumano e altri, RV 231313; sez. 4, 28.9.2004 n. 47891, Mauro ed altri, RV 230570).

E’ il caso, poi, di precisare sul punto che la Corte non ritiene di seguire il recente ed isolato indirizzo interpretativo, che ha ritenuto opportuno stabilire, in sede di legittimità, limiti quantitativi solo superati i quali è configurabile l’aggravante di cui all’art. 80, comma 2 (sez. 6, 4.11.2010 n. 42027, Immorlano, RV 248740; sez. 6, 2.3.2010 n. 20120, Mtumwa, RV 247375).

L’accertamento dell’ingente quantitativo di sostanza stupefacente è frutto di una valutazione di fatto che non trova uno specifico riferimento, in relazione alla fissazione di limiti quantitativi, nel dato normativo che possa formare oggetto di indagine ermeneutica da parte di questa Corte, salva la indicazione di criteri generali, ai quali deve attenersi detta valutazione, come affermato più di recente da altra pronuncia, conforme all’indirizzo interpretativo consolidato (sez. 4, 1.2.2011 n. 9927, Ardizzone, RV 249076).

In sintesi, quindi, si deve riaffermare in punto di diritto che la valutazione dell’ingente quantitativo appartiene alla competenza del giudice di merito, sicchè la stessa non è censurabile in sede di legittimità quando ha formato oggetto di adeguata motivazione.

Inoltre, è sufficiente che il quantitativo di sostanza stupefacente costituisca un pericolo per la salute pubblica, in quanto idoneo a soddisfare un numero molto rilevante di consumatori, mentre è estraneo a detta nozione l’accertamento della effettiva saturazione del mercato clandestino degli stupefacenti che è di difficile accertamento.

Orbene, la motivazione della sentenza impugnata si palesa esaustiva e giuridicamente corretta in relazione ai citati principi di diritto, essendo stato affermato che il dato ponderale colloca il trasporto effettuato ai livelli più alti del traffico internazionale di sostanze stupefacenti, rivelandosi atto ad arrecare gravissime, plurime e reiterate lesioni dell’incolumità pubblica.

Infine, non può essere dedotta in sede di legittimità la questione della consapevolezza da parte dell’imputato della natura e qualità della sostanza stupefacente, trattandosi di questione di fatto, già risolta positivamente dalla motivazione della sentenza impugnata mediante il riferimento alle modalità di occultamento dello stupefacente.

Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato.

Ai sensi dell’art. 616 c.p.p. segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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