Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 19-04-2011) 25-05-2011, n. 20909

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il ricorso si appunta avverso la Sentenza della Corte d’Appello di Torino che, così allineandosi – salvo che nella misura della pena – a quella del Tribunale di Alba del 22.9.2008, ha condannato B. E. perchè colpevole dei delitti di ingiurie, di minaccia, di lesioni personali volontarie commessi in danno di L.S., dapprima coimputata e poi assolta ed oggi Parte civile.

La vicenda tratta di un violento diverbio scoppiato tra due insegnanti, presso una scuola elementare di (OMISSIS). Essa era, tra gli altri, frequentata dal figlio dell’imputata. Nei confronti di quest’ultimo era stato corretto (per un errore di trascrizione) un voto sulla pagella.

Il primo grado di giudizio contemplò l’esame di numerosi testimoni, raccolse la certificazione medica del Pronto Soccorso e la Consulenza medico-legale sulle lesioni patite dalla L..

Con unico motivo la difesa di B. lamenta l’erronea applicazione della legge penale, la manifesta illogicità della motivazione, anche con riguardo alla lettura dei deposti testimoniali assunti.
Motivi della decisione

Il ricorso è inammissibile poichè le censure avanzate avverso la sentenza d’appello attengono al profilo di merito ed instano per una diversa ricostruzione della in gran parte, inoltre, riguardano aspetti del tutto secondari ai fini del decidere.

La decisione impugnata, ricostruendo la dinamica dei fatti – pur ammettendo l’assenza di diretta prova testimoniale – – sottolinea l’esistenza di un univoco corredo probatorio a favore della versione resa dalla L. e, per converso, rammenta la mancanza di attendibili verifiche in relazione alla versione della B. (mentre giustamente rammenta il complesso di riscontri documentali coerenti con le dichiarazioni ex adverso rese), priva di certificazioni mediche sulle pretese lesioni, ma della cui esistenza è stata data mera esposizione verbale, senza constatazione di alcuno.

Nel resto la decisione esprime una valutazione ragionevole e plausibile, mediante attenta ed anche meticolosa motivazione argomentativa.

Le contraddizioni – riscontrate per lo più con riguardo alla querela, atto in sè non dotato di valenza probatoria, se non per quanto attiene alla tempestività di presentazione – si riducono a modeste divergenze di contorno, mai riflesse sul cuore delle imputazioni, protese a screditare indirettamente la voce della persona offesa per l’imprecisione di alcuni particolari.

L’impugnazione si presenta, pertanto, inammissibile. La Corte, nel dichiarare l’inammissibilità del ricorso, condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento dell’ammenda di cui all’art. 616 c.p.p., che ritiene congruo fissare in Euro 500.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di Euro 500,00 a favore della Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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