Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 19-04-2011) 25-05-2011, n. 20821 Violenza sessuale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Torino ha confermato la pronuncia di colpevolezza di I.A.I. in ordine al reato: a) di cui all’art. 609 bis c.p., art. 61 c.p., n. 5 e art. 11 bis c.p., a lui ascritto per avere costretto con violenza P. I.M. a subire atti sessuali consistiti nel palpeggiamento della vagina.

Secondo la ricostruzione dei fatti riportata in sentenza la P., alle ore 4,40 circa, era in attesa alla fermata degli autobus quando era stata avvicinata dall’imputato, che la invitata a seguirlo per recarsi ad un vicino Luna Park, ricevendone un rifiuto.

La parte lesa, per sottrarsi alle insistenze dell’ I., si allontanava, ma veniva raggiunta dall’imputato che, afferratala per la vita, la scagliava per terra, le sollevava la gonna ed iniziava a palpeggiarle la vagina.

In quel momento sopraggiungeva un uomo, che si qualificava poliziotto e invitava la P. a ruggire. La donna si allontanava, ma poco dopo veniva nuovamente raggiunta dall’imputato, che la afferrava per un braccio. La P. riusciva a chiamare il 113 con il cellulare e, accortosi di ciò, l’aggressore desisteva nuovamente da condotte violente. Subito dopo, però, l’ I. raggiungeva nuovamente la donna, ma in quel frangente sopraggiungeva un’auto della polizia.

L’imputato, datosi alla fuga, veniva raggiunto ed arrestato mentre tentava di nascondersi tra le auto in sosta.

La Corte territoriale ha ritenuto pienamente attendibile il narrato della persona offesa, rigettando le deduzioni difensive, con le quali l’imputato aveva sostenuto la tesi che la P. fosse animata da spirito di vendetta nei suoi confronti, poichè aveva rifiutato di darle una dose di sostanza stupefacente che ella aveva chiesto.

La Corte ha, però, assolto l’ I. dal tentativo di violenza sessuale, contestata al capo b) dell’imputazione, in relazione al secondo episodio in cui l’imputato, raggiunta nuovamente la persona offesa, la aveva afferrata per un braccio.

La sentenza ha, poi, escluso che potesse essere riconosciuta in favore dell’imputato la diminuente di cui all’art. 89 c.p.; escluso la configurabilità del vincolo della continuazione tra il fatto oggetto del giudizio e quello di cui a precedente pronuncia di condanna passata in giudicato; escluso l’applicabilità della diminuente di cui all’art. 609 bis c.p., u.c..

All’imputato sono state, però, concesse le attenuanti generiche, dichiarate equivalenti alle ggravanti, tra cui la recidiva, specifica reiterata, infraquinquennale, e, per l’effetto, la pena è stata rideterminata nella misura precisata in epigrafe.

Avverso la sentenza ha proposto ricorso l’imputato, che la denuncia per violazione di legge e vizi di motivazione.
Motivi della decisione

Con il primo mezzo di annullamento il ricorrente denuncia la violazione ed errata applicazione dell’art. 533 c.p., comma 1 e art. 192 c.p.p., comma 2, nonchè contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione della sentenza.

Si deduce, in sintesi, che le dichiarazioni della P. non potevano essere ritenute credibili, in quanto la stessa avrebbe reso versioni contrastanti nella viarie sedi e riferito particolari inverosimili, quali il fatto che l’imputato la avrebbe lanciata in aria prima di commettere la violenza sessuale. Si deduce che la sentenza ha illogicamente svalutato elementi di giudizio negativi in ordine alla attendibilità della persona offesa, quali il fatto che il numero dell’autobus di cui la donna aveva asserito di essere in attesa non portava nella località che la stessa aveva dichiarato di voler raggiungere; egualmente è stato ritenuto in modo illogico irrilevante il fatto che la persona offesa potesse essere dedita al meretricio; elementi di valutazione che avrebbero avvalorato l’affermazione dell’imputato secondo il quale l’accusa era stata determinata da motivi ritorsione per avere l’ I. negato una dose di stupefacente alla P..

Con il secondo mezzo di annullamento si deduce la sopravvenuta declaratoria di illegittimità costituzionale dell’art. 61 c.p., n. 11 bis; l’inosservanza ed erronea applicazione dell’art. 81 c.p., comma 2, art. 609 bis c.p., u.c., art. 89 c.p. e art. 69 c.p., comma 4, nonchè contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione della sentenza.

Sul primo punto si fa rilevare che con sentenza della Corte Costituzionale n. 249 dell’8.7.2010 è stata dichiarata la illegittimità costituzionale dell’aggravante di cui all’art. 61 c.p., n. 11 bis.

Con riferimento alla violazione dell’art. 81 c.p. si censura, anche per vizi di motivazione, la esclusione del vincolo della continuazione tra l’episodio di cui alla affermazione di colpevolezza e quello di cui a precedente condanna per analogo reato. Si fa rilevare che tra tali fatti è intercorso un brevissimo lasso di tempo, in quanto non deve tenersi conto del periodo intermedio di carcerazione subita dall’imputato, e che gli stessi sono stati posti in essere con modalità analoghe.

In ordine alla diminuente della seminfermità di mente si osserva che la stessa era stata riconosciuta in un precedente procedimento sulla base della perizia psichiatrica ivi espletata, che aveva accertato la malattia mentale dell’imputato. Si deduce che il perito, nel presente procedimento, pur essendo pervenuto alle medesime conclusioni in ordine alla malattia di mente dell’imputato ha escluso che la stessa abbia inciso sulla capacità di intendere e di volere con conclusione illogica e contraddittoria ed egualmente illogica risulta la motivazione della sentenza sul punto.

Si osserva ancora che, stante la natura non invasiva degli atti sessuali, durati pochi secondi, doveva essere riconosciuta la diminuente del fatto di minore gravità.

Si afferma, infine, che i giudici di merito, prima di procedere al giudizio di comparazione delle circostanze, avrebbero dovuto escludere gli effetti della recidiva sul trattamento sanzionatorio) e, per l’effetto, giudicare le attenuanti generiche e le altre diminuenti prevalenti sulle aggravanti.

Il ricorso non è fondato.

Il primo motivo di gravame corrisponde esclusivamente alla prospettazione di una diversa vantazione delle risultanze probatorie rispetto a quella effettuata dai giudici di merito.

Peraltro, la vantazione della attendibilità della parte lesa ha formato oggetto di adeguata motivazione, immune da vizi logici, essendo stati esaminati tutti gli elementi addotti dall’imputato a sostegno della diversa versione dei fatti e della asserita inattendibilità della P..

In particolare, è stata sostanzialmente esclusa l’esistenza di elementi di contrasto tra la narrazione dei fatti resa dalla P. alla polizia giudiziaria e quella esposta in denunzia.

E’ stato valorizzato, ai fini della valutazione della attendibilità della persona offesa, lo stato di agitazione in cui venne trovata la donna dagli agenti di Polizia e lo stesso contenuto del narrato in ordine alla natura degli atti sessuali subiti. La sentenza ha inoltre preso in esame tutti gli elementi di dubbio dedotti dall’appellante, ritenendoli inconferenti con motivazione immune da vizi logici.

Anche la esclusione della diminuente di cui all’art. 89 c.p. ha formato oggetto di adeguata motivazione, assolutamente immune da vizi logici.

A parte il tempo trascorso tra gli elaborati peritali espletati in procedimenti diversi, la Corte territoriale ha osservato che la natura della malattia mentale riscontrata dal perito (disturbo schizofreniforme) non è in rapporto di connessione causale con il reato ascritto all’imputato, non determinando una diminuzione della capacità cognitiva ed ideatìva correlabile alla commissione di fatti determinati esclusivamente dall’impulso sessuale.

Sicchè la motivazione sul punto si palesa giuridicamente corretta, esaustiva ed immune da vizi logici.

Anche la diminuente di cui all’art. 609 bis c.p., u.c. è stata esclusa con motivazione giuridicamente corretta, in relazione ai criteri stabiliti dall’art. 133 c.p., comma 1, avendo la sentenza evidenziato sul punto il carattere brutale della aggressione posta in essere dall’imputato nei confronti della persona offesa, la compromissione della libertà sessuale della stessa, che non è stata ritenuta di lieve entità, il danno subito dalla P., che venne trovata in stato di shock dagli organi di Polizia intervenuti sul posto.

La esclusione del vincolo della continuazione tra il fatto di cui al presente procedimento e quello per il quale vi è stata pronuncia di condanna, divenuta irrevocabile, ha anche essa formato oggetto di motivazione giuridicamente corretta, essendo stata esclusa l’esistenza di una ideazione e programmazione unitaria di tali fatti criminosi, mentre la contestazione del ricorrente sul punto è solo fondata su deduzioni di natura fattuale.

La doglianza in ordine alla mancata esclusione della aggravante della recidiva specifica reiterata ed infraquinquennale è del tutto carente di argomentazioni che la sostengano ed è, perciò, inammissibile.

Peraltro, anche sul punto la sentenza è adeguatamente motivata.

Infine, la doglianza relativa alla aggravante di cui all’art. 61 c.p., n. 11 bis, anche se fondata, si palesa irrilevante nel caso in esame.

Infatti, poichè non è stata esclusa la recidiva – mancata esclusione peraltro fondata sulla vantazione dei gravi precedenti specifici dell’imputato -, la intervenuta declaratoria di illegittimità costituzionale dell’art. 61 c.p., n. 11 bis si palesa irrilevante, ai fini della determinazione del trattamento sanzionatorio, in quanto, ai sensi dell’art. 69 c.p., comma 4, il giudizio di comparazione tra le circostanze attenuanti ed aggravanti non può che essere di equivalenza, con la conseguenza che, anche escludendosi l’aggravante di cui all’art. 61 c.p., n. 11 bis, tale esclusione non esplicherebbe effetti sulla determinazione della pena.

Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato.

Ai sensi dell’art. 616 c.p.p. segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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