Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 19-04-2011) 25-05-2011, n. 20819 Violenza sessuale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza del 12 febbraio 2010, la Corte d’Appello di Palermo riformava parzialmente la pronuncia di condanna emessa il 13 maggio 2008 dal Tribunale di Palermo nei confronti di J.B., dichiarando prescritto il reato di cui all’art. 572 c.p. e confermando la condanna per i reati di cui agli artt. 81, 609 bis, 609 ter e 600 bis c.p. in danno della minore infraquattordicenne M.S., rideterminando la pena.

Lo J. era stato infatti accusato di aver costretto, in tempi di versi e con violenza, la predetta minore a compiere atti sessuali consistiti in masturbazioni, rapporti orali e rapporti sessuali completi e, in concorso con F.J., di aver sottoposto a maltrattamenti la predetta e la minore D.D. nonchè di aver costretto M.S. a prostituirsi.

Avverso la menzionata decisione lo J. proponeva ricorso per cassazione.

Con un primo motivo di ricorso deduceva il vizio di motivazione e la violazione di legge, affermando che la sentenza impugnata era connotata da contraddittorietà.

Precisava, a tale proposito, che la Corte di merito si era limitata a dare credito alle dichiarazioni di un Maresciallo dei Carabinieri, escusso come teste e della minore D.D., sentita mediante incidente probatorio, senza dar conto delle contraddizioni esistenti tra il narrato della persona offesa e la testimonianza della predetta D..

Aggiungeva che doveva essere data una diversa valutazione della condotta tenuta dalla parte offesa la quale, rendendosi irreperibile dopo aver denunciato i fatti, non temeva ritorsioni per quanto accaduto, come ritenuto dai giudici dell’appello, ma piuttosto per il fatto di essere consapevole della falsità della denuncia presentata.

Negava, inoltre, che le dichiarazioni della minore avessero trovato riscontro nel corso dell’istruzione dibattimentale ed osservava che la Corte territoriale non aveva neppure considerato che, trattandosi di minori infraquattordicenni, ben avrebbero potuto fantasticare su circostanze apprese da altri o avere frainteso su fatti a loro non noti.

Con un secondo motivo di ricorso deduceva il vizio di motivazione e la violazione di legge in relazione alla mancata concessione delle attenuanti generiche.

Rilevava che la Corte di merito aveva negato le attenuanti sul presupposto che i fatti commessi in danno della minore per la loro gravità ne avrebbero compromesso seriamente lo sviluppo psicofisico e che tale affermazione era priva di riscontro in quanto, essendosi la minore resa irreperibile, era mancata una diretta constatazione di quanto affermato.

Insisteva, pertanto, per l’accoglimento del ricorso.
Motivi della decisione

Il ricorso è fondato.

Occorre preliminarmente osservare che, pur avendo il ricorrente richiamato anche l’art. 606, lett. b) in entrambi i motivi di ricorso, gli stessi sono incentrati unicamente sul vizio di motivazione.

Ciò premesso, deve rilevarsi come la decisione impugnata sia fondata su un apparato argomentativo cedevole.

La Corte d’appello ha invero evidenziato come i fatti vennero casualmente accertati dopo che la minore, in occasione di un controllo, si rifugiò all’interno di una vettura della Polizia di Stato dichiarando di non voler tornare a casa a causa delle violenze subite che, successivamente, denunciò formalmente.

Viene valorizzata la spontaneità del racconto e la precisione di contenuti, evidenziando come lo svolgimento dei fatti abbia trovato riscontro nelle dichiarazioni rese dal maresciallo dei Carabinieri che ebbe a ricevere la denuncia di scomparsa della bambina presentata da uno zio della stessa.

La Corte territoriale chiarisce anche che le dichiarazioni della minore trovano riscontro in quelle rese in sede di incidente probatorio da D.D.g., la quale con la stessa aveva convissuto e che non si limitano alla narrazione di quanto appreso dalle confidenze della M., perchè sono anche riferite a fatti direttamente appresi, tanto che la stessa aveva dichiarato di aver assistito ad un rapporto sessuale tra il ricorrente e la M. che vide inginocchiata davanti all’uomo mentre gli toccava i genitali.

Nessun rilievo viene inoltre mosso sulla capacità a testimoniare e sull’attendibilità delle minori e viene anche fornita adeguata risposta alle denunciate contraddizioni attraverso congrue considerazioni sul dato temporale nonchè osservando come l’avere la D. negato di essere a conoscenza di alcuni fatti fosse compatibile con la circostanza che la teste, dopo una certa data, si trovava detenuta e non aveva più convissuto con la minore.

Va però rilevato che, da quanto emerge dalla decisione impugnata, le dichiarazioni della M. riguardano esclusivamente i maltrattamenti dalla stessa subiti e non contengono alcun riferimento diretto ad abusi sessuali in ordine ai quali le dichiarazioni della D. non hanno quindi trovato alcun riscontro.

Anche la testimonianza del maresciallo dei Carabinieri in precedenza menzionato risulta essere attinente ai riferiti maltrattamenti e non anche ad episodi di abuso sessuale.

La posizione dello J. rispetto a tale ipotesi di reato non risulta pertanto adeguatamente esaminata e la lacuna motivazionale dovrà essere colmata nel successivo giudizio di rinvio.

La natura assorbente del primo motivo di ricorso esonera il Collegio dalla trattazione dell’ulteriore motivo di ricorso.
P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte d’Appello di Palermo per nuovo esame della posizione di J. B..

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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