Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 18-04-2011) 25-05-2011, n. 20905 Risarcimento in forma specifica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

M.S. ha proposto ricorso per cassazione avverso la, sentenza del tribunale di Castrovillari del 19 ottobre 2010, che aveva confermato la decisione del giudice di pace di Trebisacce del 18 luglio 2008, con la quale era stato condannato, anche al risarcimento dei danni, per il delitto di minaccia, avendo profferito all’indirizzo di G.L. nel corso di una conversazione telefonica la frase non farti vedere in giro perchè ti passo sopra con il mio camion, non mi costa niente farti fuori.

Il M. ha dedotto la inosservanza dell’art. 612 c.p., trattandosi di espressione generica, sprovvista di attitudine ad intimorire, tenuto conto anche del contesto di relazioni commerciali tra i due soggetti, la non configurabilità del danno morale immotivatamente ritenuto e la omessa verifica della attendibilità della persona offesa.

I motivi posti a sostegno del ricorso proposto da M.S. sono infondati, ed anzi ai limiti della ammissibilità perchè sembrano risolversi in non consentite censure di merito della decisione impugnata.

Il delitto di minaccia è un reato di pericolo, cosicchè esso non presuppone la concreta intimidazione della persona offesa, ma la idoneità della condotta dell’agente ad intimidirla (tra le tante, Cass., Sez. 5, 2-17 dicembre 2008, n. 46528, CED 242604).

Ebbene i giudici del merito hanno correttamente rilevato che la frase pronunciata contenesse una minaccia per nulla astratta, essendo il ricorrente proprietario di camion, cosa che era a conoscenza della parte offesa, e tale da concretamente intimorire; nè il contesto di relazioni commerciali poteva attenuare la portata minacciosa di una espressione oggettivamente intimidatoria. Le osservazioni del ricorrente non consentono di superare le considerazioni dei giudici di merito sul punto del tutto logiche e rispettose degli indirizzi giurisprudenziali in materia.

Quanto alla pretesa non configurabilità del danno morale, pur volendo prescindere dalla evidente genericità del motivo, va detto che la condanna generica al risarcimento dei danni del ricorrente è dipesa dalla applicazione dell’art. 185 c.p., essendo non contestabile che la frase minacciosa abbia compromesso – sarà il giudice civile a stabilire in che misura ed a determinare conseguentemente l’entità del risarcimento – la sfera della libertà morale della parte offesa.

Quanto, infine, alla dedotta inattendibilità della parte lesa, perchè portatrice di un interesse all’esito della causa, essendosi costituita parte civile, bisogna ricordare che la giurisprudenza di legittimità ha riconosciuto che anche la parte civile possa assumere l’ufficio di testimone ed ha richiesto in casi siffatti una valutazione particolarmente rigorosa da parte del giudice.

Ebbene nel caso di specie il tribunale ha sottolineato che le dichiarazioni rese da G.L. ……erano chiare, logicamente coerenti, sostanzialmente conformi (a quelle rese dal teste D.L. V.), e, quindi, in assenza di elementi contrari da cui desumere rancore ed astio nei confronti del M., si doveva ritenere pienamente attendibile la persona offesa.

Trattasi di motivazione rispettosa dei canoni interpretativi della prova non censurabile in sede di legittimità.

Per le ragioni indicate il ricorso deve essere rigettato ed il ricorrente condannato a pagare le spese del procedimento.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a pagare le spese del procedimento.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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