Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 15-04-2011) 25-05-2011, n. 20951

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Svolte preliminari indagini, il procedente p.m. presso il Tribunale di Udine ha esercitato l’azione penale nei confronti di M.L., chiedendone il rinvio a giudizio per il delitto di calunnia, avendo falsamente accusato, con denuncia-querela del 13.11.2009, S.D. del reato di furto plurimo aggravato, affermando che lo stesso si sarebbe reso autore il 7.11.2009 della sottrazione di alcune biciclette, compresa la sua, dei residenti del complesso immobiliare denominato condominio (OMISSIS), collocate nell’apposita rastrelliera condominiale, pur sapendo che lo S. nella sua qualità di amministratore del condominio aveva attuato la preventivata rimozione, idoneamente comunicata a tutti i condomini, delle biciclette lasciate in stato di abbandono a tutela del decoro delle parti comuni della residenza.

2. Instauratosi il contraddittorio camerale, all’esito dell’udienza preliminare il g.u.p. del Tribunale di Udine ha emesso l’indicata sentenza in data 26.10.2010, con la quale ha dichiarato – ai sensi dell’art. 425 c.p.p. – il non luogo a procedere nei confronti della M. perchè il fatto ascrittole non costituisce reato.

Decisione imperniata sulla asserita carenza di persuasive prove della sussistenza nel contegno di denuncia dell’imputata dell’elemento soggettivo del reato di calunnia ascrittole ("…non pare vi sia spazio per configurare a suo carico il dolo"). Ha argomentato in sintesi il giudice di merito che, pur verosimilmente informata al pari degli altri condomini dell’iniziativa di rimozione dei velocipedi in stato di abbandono davanti al condominio, la M. avrebbe agito nella convinzione della patita indebita sottrazione della propria bicicletta, ritenendola non rientrare nella ridetta categoria di mezzo abbandonato.

3. Il pubblico ministero presso il Tribunale di Udine ha proposto ricorso per cassazione ex art. 428 c.p.p. avverso la sentenza di improcedibilità del g.u.p., col denunciarne la violazione dell’art. 368 c.p. e la illogicità e contraddittorietà manifeste, focalizzando l’attenzione sugli specifici contenuti descrittivi dei fatti enunciati nella incriminata denuncia-querela della M. (riportandone i brani salienti nel ricorso) e sulla sua "maliziosamente ambigua formulazione".

In vero l’imputata ha dedotto l’avvenuta sottrazione ad opera dello S. della sua bicicletta, che avrebbe lasciato chiusa con apposito lucchetto sulla rastrelliera dello stabile, tacendo sia la qualità di amministratore del condominio dell’accusato S., sia la sua previa conoscenza dell’opera di rimozione che costui – in adesione alle doglianze di più condomini – avrebbe attuato.

Circostanza, quest’ultima, accreditata da diversi testimoni (altri condomini), che hanno chiarito come in concreto siano state rimosse biciclette da considerarsi "rottami pieni di ruggine", al pari della bicicletta da donna della denunciante, per sua stessa ammissione in cattivo stato e molto vecchia.

Nel presentare la denuncia-querela la M. ha scientemente taciuto il rilevante particolare della qualità di amministratore condominiale esercitata dall’autore del supposto furto. Elemento che avrebbe sin dall’inizio, sottolinea il ricorrente p.m., potuto orientare gli inquirenti, rendendoli edotti di essere in presenza non di un furto o di altri fatti penalmente rilevanti, ma "al più di una non condivisa iniziativa condominiale". Di tal che illogica si rivela la tesi del g.u.p., che ha basato la propria liberatoria decisione sulla presunta assenza del dolo di calunnia nel contegno dell’imputata, supponendo l’eventuale dibattimento non idoneo a dissolvere ogni profilo di incertezza sul reale atteggiamento volitivo della prevenuta.

4. L’illustrato ricorso del pubblico ministero è assistito da fondamento e l’impugnata sentenza deve essere cassata.

Giova premettere che, in tema di calunnia, perchè possa escludersi la consapevolezza dell’innocenza dell’incolpato, intesa come momento rappresentativo e volitivo dell’enunciato accusatorio, occorre accertare che il denunciante abbia agito basandosi su circostanze di fatto non solo non vere, ma la cui efficacia rappresentativa sia tale da indurre una personale di normale cultura e discernimento a ritenere la colpevolezza dell’accusato (Cass. Sez. 6, 6.11.2009 n. 3964/10, De Bono, rv. 245849). Sicchè l’individuazione dell’elemento soggettivo del reato (dolo generico), vale a dire la consapevolezza dell’innocenza dell’accusato da parte del denunciante, è di norma evidenziata dalle concrete modalità esecutive e dalle circostanze che qualificano la condotta criminosa (denuncia), così da poter risalire – con processo logico deduttivo – alla sfera intellettiva e volitiva dell’accusatore e della sua rappresentazione dei fatti esposti in denuncia (cfr., ex plurimis: Cass. Sez. 6,24.5.2004 n. 31446, Prandelli, rv. 229271).

Ciò precisato, è agevole constatare che l’analisi dell’atteggiamento psicologico dell’imputata M. svolta nella sintetica sentenza impugnata si rivela affatto deficitaria e generica, traducendosi nell’assertivo assioma della carente prova del dolo del reato di calunnia, senza alcuna puntuale verifica degli elementi storici e circostanziali che hanno scandito la denuncia- querela dell’imputata e segnatamente la taciuta qualità di amministratore del condominio del denunciato S.. Non trascurandosi del pari l’implicita, ma non meno impropria, prognosi di inutilità del dibattimento, non conforme ai canoni normativi referenziali della decisione prevista dall’art. 425 c.p.p. (Cass. Sez. 4, 6.10.2009 n. 43483, P.C. in proc. Pontessilli, rv. 245464;

Cass. Sez. 5, 15.5.2009 n. 22864, P.G. in proc. Giacomin, rv.

244202). A ciò dovendosi altresì aggiungere la palese incongruenza e contraddittorietà, rispetto all’impugnato esito decisorio, dell’assunto in virtù del quale lo stesso decidente g.u.p. riconosce sia la significatività del silenzio della denunciante M. sul ruolo di amministratore condominiale dello S. (silenzio che il g.u.p. riduttivamente sussume nella mera "inopportuna vis polemica" caratterizzante l’atto di denuncia dell’imputata), sia la verosimile conoscenza ("forse sapeva") da parte dell’imputata del preannunciato "sgombero" delle biciclette da rottamare presenti nella rastrelliera condominiale (dato che appare univoco alla luce delle testimonianze richiamate nel ricorso del p.m.).

Per l’effetto l’impugnata sentenza deve essere annullata con rinvio – per nuovo giudizio (udienza preliminare) al Tribunale di Udine, che – per i fini di cui all’art. 627 c.p.p., comma 3 e art. 173 disp. att. c.p.p., comma 2 – si uniformerà alle indicazioni ermeneutiche e metodologiche dianzi illustrate ed ai criteri valutativi postulati dalle decisioni di legittimità sopra richiamate.
P.Q.M.

La Corte di Cassazione annulla la sentenza impugnata e rinvia al Tribunale di Udine per nuovo giudizio.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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