Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 15-04-2011) 25-05-2011, n. 20903

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

le in persona del Dott. GALATI G., che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

C.A. ha proposto appello avverso la sentenza 23.10.09 del Giudice di pace di Recco con la quale è stata condannata alla pena di Euro 20,00 di multa per il reato di cui all’art. 612 c.p., lamentando una errata ricostruzione dei fatti per non avere il giudice tenuto conto del contesto sociale in cui era stata pronuncia la frase incriminata, trattandosi di un rapporto di vicinato conflittuale contrassegnato da reciproche condotte lesive, per cui, in tale ambito, la prospettazione di un male ingiusto non aveva rilevanza penale anche perchè non era stata lesa la libertà di determinazione dei querelanti e, quindi, la loro libertà morale e, inoltre, il male minacciato si era mantenuto in un rapporto di proporzione con l’altrui comportamento ingiusto, rappresentato, nella specie, dalle frasi ingiuriose che i suoceri dell’imputata erano soliti rivolgerle ogni qualvolta citofonava loro per avere la disponibilità delle chiavi del magazzino del marito.

Con il secondo motivo si censurava l’eccessività della pena.

Ritenuta l’inammissibilità dell’appello, non risultando la p.o. essersi costituita parte civile, il tribunale disponeva la trasmissione degli atti a questa Corte.

Osserva la Corte che il ricorso appare infondato, dal momento che, incontestata la pronuncia da parte dell’imputata, all’indirizzo di M.M.L., della frase "vieni fuori che ti faccio vedere…ora spacco tutto", correttamente tale espressione è stata ritenuta integrare gli estremi del reato di cui all’art. 612 c.p., dal momento che la minaccia, come è noto, è un reato formale di pericolo, per la cui integrazione non è richiesto che il bene tutelato sia realmente leso, essendo sufficiente che il male prospettato possa incutere timore nel soggetto passivo, menomandone la sfera della libertà morale, dovendo la condotta risultare idonea ad intimidire la p.o. (v. Cass., sez. 1^, 6 novembre 2008, n. 47739).

Nella specie, come risulta e dal tenore delle imputazioni elevate sia alla C. che a M.M.L. (non impugnante e anch’essa condannata per minaccia, in danno di C.A.) e dal contesto in cui gli episodi in questione si sono svolti, è indubbio che i rapporti tra le parti fossero esacerbati e che quindi la condotta minacciata dalla C. fosse idonea, per la sua veemenza, ad incutere timore nella M..

Quanto al secondo motivo, le pena è stata contenuta in termini pressochè prossimi ai minimi edittali, per cui non si ravvisa alcuna violazione di legge al riguardo.

Al rigetto del gravame segue la condanna di C.A. al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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