Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 15-04-2011) 25-05-2011, n. 20902

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

B.S. ricorre avverso la sentenza 29.4.10 della Corte di appello di Genova che ha confermato quella in data 6.6.07 del Tribunale di Chiavari con la quale è stato condannato alla pena di mesi quattro di reclusione per il reato di cui all’art. 495 c.p..

Deduce il ricorrente, nel chiedere l’annullamento dell’impugnata sentenza, con il primo motivo violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. c) ed e) per avere la Corte genovese ritenuto legittimo il provvedimento con il quale il tribunale aveva aperto il dibattimento e pronunciato sentenza nei confronti dell’imputato senza la presenza del difensore di fiducia, impedito a comparire e nominato pochi giorni prima della data dell’udienza, mentre la nomina del difensore di ufficio aveva inciso negativamente sulla effettiva esplicazione del diritto di difesa in quanto privo della adeguata conoscenza degli atti processuali.

Con il secondo motivo si deduce violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) in quanto l’imputato, pur riconosciuto seminfermo di mente al momento della commissione dell’omicidio della propria compagna, avvenuto poche ore prima della commissione del reato de quo, non era stato ritenuto al momento dell’interrogatorio in stato confusionale tale da non rendersi conto di fornire una dichiarazione falsa circa i propri precedenti penali, anche perchè in quella stessa circostanza aveva ammesso l’esistenza di carichi pendenti a suo carico e comunque non risultava dalla lettura del verbale dell’interrogatorio del 23.9.04 che rispetto alla domanda concernente i propri precedenti lo stesso fosse stato reso pienamente edotto di non essere obbligato a rispondere, così come chiarito dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 108/76.

Con motivi aggiunti pervenuti alla cancelleria di questa sezione l’1.4.11, il difensore del ricorrente ha insistito nella richiesta di annullamento della sentenza impugnata, sottolineando, circa l’eccezione di nullità per violazione del diritto di difesa, che il giudizio di appello si era svolto nonostante sia il difensore di fiducia che quello di ufficio avessero reiterato la richiesta di rinvio previa concessione di un termine a difesa e, nel merito, che quello dell’imputato era stato un comportamento dettato da errore di fatto, ex art. 47 c.p., determinato da colpa, con conseguente esclusione della punibilità atteso che il reato di cui all’art. 495 c.p. è punito solo a titolo di dolo.

Osserva la Corte che le doglianze dell’imputato, meramente reiterative di quelle già avanzate in sede di appello, sono da ritenersi infondate.

Con motivazione congrua ed esente da vizi di illogicità, la Corte genovese ha infatti evidenziato, quanto alla prima censura, la ritualità del dibattimento di primo grado essendo la nomina del difensore di fiducia del B., avv. Pepe, avvenuta 15 giorni prima dell’udienza del 6.6.07, fissata dal giorno 7.2.07, mentre la data della concomitante udienza – dedotta quale impedimento nell’istanza di rinvio – era stata fissata il 23.5.07 e costituiva quindi impegno sopravvenuto e non prioritario, in quanto nel presente procedimento l’imputato era detenuto per omicidio.

Inoltre – evidenzia questa Corte – dal verbale dell’udienza del 6.6.07 non risulta la richiesta di un termine a difesa avanzata dall’Avv. Enrico Razzaboni, nominato difensore di ufficio dell’imputato ai sensi dell’art. 97 c.p.p., comma 4 ma soltanto una sollecitazione avanzata dal medesimo al tribunale di accoglimento dell’istanza di rinvio fatta pervenire dall’avv. Pepe, legittimamente disattesa dal giudice per le ragioni sopra rappresentate.

Quanto al secondo motivo, i giudici territoriali hanno sottolineato come non vi fossero elementi per ritenere che al momento dell’interrogatorio il B. si trovasse in stato confusionale, poichè il detto incombente era stato espletato diverse ore dopo che l’imputato si era costituito ed a tutte le domande egli aveva risposto in maniera corretta, solo relativamente a quella concernente l’esistenza di precedenti penali avendo risposto in maniera contraria al vero (l’imputato aveva infatti riportato ben sei condanne, di cui solo tre per reati poi depenalizzati), ma non a quella circa l’esistenza di pendenze a suo carico, per cui era stato consapevole di rendere dichiarazioni non veritiere che, nella sua ottica – hanno condivisibilmente affermato i giudici genovesi -, potessero comportargli un beneficio immediato come quello del presentarsi dinanzi all’autorità procedente immune da precedenti penali.

Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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