T.A.R. Lombardia Milano Sez. III, Sent., 24-05-2011, n. 1296

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

le stesse parti ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm.;

1. Con ricorso depositato il 30 marzo 2011, il ricorrente ha impugnato il decreto del Prefetto di Milano in epigrafe, con il quale è stato respinto il ricorso gerarchico presentato contro il decreto di ammonimento adottato del Questore di Milano, ex artt. 7 e 8 della Legge 38/2009, in ragione del compimento di atti persecutori nei confronti della sig.ra M.S.. Il ricorrente ha chiesto al Tribunale di disporne l’annullamento, previa sua sospensione incidentale, perché viziato da eccesso di potere e violazione di legge.

Si è costituito in giudizio il MINISTERO DELL’INTERNO, chiedendo il rigetto del ricorso.

2. Preliminarmente, ritiene il Collegio che il giudizio possa essere definito con sentenza in forma semplificata, emessa ai sensi dell’art. 60 c.p.a., adottata in esito alla camera di consiglio per la trattazione dell’istanza cautelare, stante l’integrità del contraddittorio, l’avvenuta esaustiva trattazione delle tematiche oggetto di giudizio, nonché la mancata enunciazione di osservazioni oppositive delle parti, rese edotte dal Presidente del Collegio di tale eventualità.

3. Il ricorso è infondato.

3.1. Ritiene il Collegio che sussistano, nella specie, i presupposti per le misure amministrative introdotte dal d.l. 23 febbraio 2009 n. 11 (convertito, con modificazioni, in legge 23 aprile 2009 n. 38), al fine di assicurare una maggiore tutela della sicurezza della collettività, a fronte dell’allarmante crescita degli episodi collegati alla violenza sessuale, attraverso l’introduzione di una disciplina organica in materia di atti persecutori.

3.2. In particolare, ai sensi dell’art. 8, fino a quando non è proposta querela per il reato di atti persecutori di cui all’articolo 612bis del codice penale (introdotto dall’articolo 7 dello stesso decreto legge), la persona offesa può avanzare richiesta al Questore di ammonimento nei confronti dell’autore di condotte persecutorie. Sono considerate tali quelle reiterate con cui chiunque minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita.

3.3. La richiesta è trasmessa senza ritardo al questore il quale, assunte se necessario informazioni dagli organi investigativi e sentite le persone informate dei fatti, ove ritenga fondata l’istanza, ammonisce oralmente il soggetto nei cui confronti è stato richiesto il provvedimento, invitandolo a tenere una condotta conforme alla legge e redigendo processo verbale. Copia del processo verbale è rilasciata al richiedente l’ammonimento e al soggetto ammonito. Il questore valuta anche l’eventuale adozione di provvedimenti in materia di armi e munizioni. Si prevede che la pena per il delitto di cui all’articolo 612bis del codice penale sia aumentata se il fatto è commesso da soggetto già ammonito e che si proceda d’ufficio al suo accertamento.

3.4. La finalità dell’ammonimento è di dissuadere il persecutore dal persistere nel suo atteggiamento in una fase prodromica in cui, pur non attingendo la sua condotta la soglia della rilevanza penale, tuttavia, già si intravedono elementi di rischio di una possibile escalation criminale; ovvero ancora, per dare alla vittima, familiare del persecutore o comunque ad egli legata da vincolo affettivo, restia ad una denuncia penale per motivi di solidarietà ed affetto, la possibilità di richiamare l’aggressore ad una condotta più prudente e non lesiva.

3.5. Con riguardo ai rapporti con il procedimento penale, è stato sottolineato come il ben diverso peso delle conseguenze dell’ammonimento e dei provvedimenti del giudice penale giustificano il diverso spessore dell’attività investigativa che si richiede nelle due ipotesi. Non è necessario, ai fini dell’ammonimento, che si sia raggiunta la prova del reato, essendo sufficiente fare riferimento ad elementi dai quali è possibile desumere un comportamento persecutorio o gravemente minaccioso che ha ingenerato nella vittima un forte stato di ansia e di paura. Diversamente opinando, ovvero se si richiedesse alla vittima di fornire prove tali da poter resistere in un giudizio penale, la previsione dell’ammonimento avrebbe scarse possibilità di applicazione pratica, atteso che le condotte integranti lo stalking, per loro natura, si consumano spesso in assenza di testimoni. La disciplina normativa è infatti chiara nel delimitare i poteridoveri del Questore in materia, prescrivendo che questi assuma "se necessario informazioni dagli organi investigativi" e senta "le persone informate dei fatti", al fine di formarsi un prudente convincimento circa la fondatezza dell’istanza (TAR SICILIA – CATANIA, SEZ. IV – sentenza 29 aprile 2010 n. 1289). In definitiva, il Questore deve soltanto apprezzare discrezionalmente, sulla base dei fatti esposti e degli elementi probatori forniti dal richiedente e degli altri che ritiene di acquisire dagli organi investigativi e dall’audizione delle persone informate sui fatti, la fondatezza dell’istanza, raggiungendo una ragionevole certezza sulla plausibilità e verosimiglianza delle vicende ivi esposte, senza che sia necessario il compiuto riscontro dell’avvenuta lesione del bene giuridico tutelato dalla norma penale incriminatrice (nel caso in esame, la libertà morale, compromessa dallo stato di ansia e timore che impedisce alla vittima di autodeterminarsi senza condizionamenti).

4. Tanto premesso, ritiene il Collegio che il caso concreto qui in discussione sia pienamente sussumibile nella fattispecie legale. Il provvedimento impugnato, adottato dal Questore e confermato dal Prefetto, trova origine nella richiesta della sig.ra M.S. del 10 giugno 2010 ed è stato motivato in ragione del fatto che il ricorrente, a partire dal settembre del 2009, ha posto in essere nei confronti della prima una serie di condotte persecutorie consistenti in pedinamenti eseguiti sia a piedi che in automobile, appostamenti presso l’abitazione, la palestra ed altri luoghi frequentati dalla stessa; la signora S. denuncia, inoltre, di aver ricevuto numerosi contatti telefonici sia sul suo cellulare, in orario di lavoro, sia sull’utenza fissa e che, in compagnia di un’amica, ha subito un’aggressione verbale in metropolitana ed un’altra in data 2 giugno 2010 (nel provvedimento del Prefetto si fa erroneamente riferimento all’anno 2009 ma la data esatta risulta dai documenti della Questura), in occasione della quale il ricorrente, pur avendo intimato alla signora Saracini di non avvertire i Carabinieri, è stato identificato compiutamente dai militari del Comando Stazione Carabinieri di Sesto San Giovanni, intervenuti su sua richiesta.

L’attendibilità dei fatti denunciati è corroborata: – dalle indagini svolte dal Comando della Stazione Carabinieri di CORMANO che (con riguardo ai pedinamenti in automobile) hanno confermato in capo al ricorrente la disponibilità dell’auto portante la targa rilevata dalla denunciante (intestata, infatti, alla "G.T. SNC" di cui uno dei due soci è appunto il ricorrente che ha anche confermato di esserne stato l’unico utilizzatore nel periodo in questione: cfr. sommarie informazioni in atti); – dalle dichiarazioni raccolte dalla sig.ra B.C., escussa a sommarie informazioni dal personale delle forze dell’ordine (la quale, ha riferito che una sera lei e l’amica M.S. si erano accorte di essere spiate da un uomo che si era nascosto tra le siepi del condominio di via Archimede; di avere rilevato la targa dell’autovettura che continuava a seguirle e che era parcheggiata in molti luoghi da loro frequentati; di aver raccolto una telefonata dell’amica piangente perché seguita dallo stesso uomo; di aver notato quest’ultimo all’uscita di una sala cinematografica che fingeva di leggere un giornale); – dalle dichiarazioni di B.S., anch’egli escusso a sommarie informazioni dal personale delle forze dell’ordine (il quale ha dichiarato di aver raccolto da M. e dalla figlia C. i sopra riferiti episodi di pedinamento; ha dichiarato, inoltre, del terrore nel quale versa M. inducendola a cambiare le proprie abitudini); – dalle dichiarazioni di Z.E., madre di M.S. (la quale ha confermato lo stato di grande paura in cui versa la famiglia in ragione di tali accadimenti; di ricevere a casa telefonate alle quali nessuno risponde; che in data 3 giugno 2010, alle tre di notte, qualcuno aveva bloccato il citofono con uno stuzzicadenti); – a ciò si aggiunge il dato che lo stesso ricorrente ha riconosciuto di aver avvicinato M.S., sebbene motivando di essere stato a ciò indotto da un normale e sano interesse.

4.1. Orbene, quelle ascritte al ricorrente, senza dubbio, sono condotte che, per numero e modalità, sono verosimilmente suscettibili di comportare un "perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero il fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva". Sussistono, dunque, sia il profilo della reiterazione ossessiva di condotte vessatorie, sia l’idoneità a ingenerare il fondato timore per l’incolumità propria e del prossimo congiunto. La decisione resa su ricorso gerarchico così come il provvedimento di ammonimento, oltre che adeguatamente motivati con la sintetica descrizione delle manifestazioni vessatorie ascritte, sono del tutto coerenti con le risultanze della scrupolosa istruttoria svolta dalle Forze dell’Ordine.

4.2. Sotto altro profilo, lo strumento amministrativo dell’ammonimento, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, non era precluso dalla precedentemente denuncia sporta contro ignoti. In termini generali, la querela è negozio processuale, con il quale la vittima del reato manifesta la volontà che l’autore sia penalmente perseguito; essa va interpretata ricostruendo la effettiva volontà del querelante, desumibile, tanto dal testo del documento, quanto dalla sua condotta, anche successiva, purché, ovviamente ricollegabile alla originaria manifestazione di volontà (Cassazione penale, sez. V, 26 febbraio 2003, n. 19827). Nel caso di specie, in disparte le formule di stile contenute nella denuncia, la successiva richiesta di emissione del provvedimento di ammonimento, intervenuta soltanto a seguito della identificazione del presunto responsabile delle molestie, esclude la definitiva volontà dell’interessata di dar corso all’azione penale, avendo evidentemente la stessa ritenuto più confacente alle proprie necessità l’adozione della misura.amministrativa

4.3. Con riferimento, da ultimo, alla istanza ostensiva, osserva il Collegio che ben può l’amministrazione non fornire motivazione in caso di diniego di accesso relativo ad un documento ricompreso nelle categorie dei documenti inaccessibili indicate all’art. 3 d.m. n. 415 del 1994, relativamente: alle relazioni di servizio ed altri atti o documenti presupposti per l’adozione degli atti o provvedimenti dell’autorità nazionale e delle altre autorità di pubblica sicurezza, nonché degli ufficiali o agenti di pubblica sicurezza, ovvero inerenti all’attività di tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica o di prevenzione e repressione della criminalità, salvo che si tratti di documentazione che, per disposizione di legge o di regolamento, debba essere unita a provvedimenti o atti soggetti a pubblicità (lett. a); agli atti e documenti attinenti ad informazioni fornite da fonti confidenziali, individuate od anonime, nonché da esposti informali di privati, di organizzazioni di categoria o sindacali (lett. c.). Categorie di atti riconducibili a quella più ampia contemplata nella lett. d) del comma 6 dell’art. 24 L. 241/1990 che prevede la possibilità di esclusione dall’accesso quando i documenti riguardino le strutture, i mezzi, le dotazioni, il personale e le azioni strettamente strumentali alla tutela dell’ordine pubblico, alla prevenzione e alla repressione della criminalità con particolare riferimento alle tecniche investigative, alla identità delle fonti di informazione e alla sicurezza dei beni e delle persone coinvolte, all’attività di polizia giudiziaria e di conduzione delle indagini. Nondimeno, la materia del contendere è cessata dal momento che l’intero materiale è stato depositato in giudizio.

5. Le spese di lite seguono la soccombenza come di norma, pur dovendo il Collegio, ai fini della liquidazione, tener doverosamente conto del fatto che la difesa erariale si è costituita con memoria di puro stile.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto:

RIGETTA il ricorso;

CONDANNA il ricorrente al pagamento delle spese di lite in favore dell’amministrazione resistente che si liquida in Euro 250,00;

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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