Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 12-04-2011) 25-05-2011, n. 20991 Reato continuato e concorso formale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con la decisione in epigrafe la Corte d’appello di Napoli, giudice dell’esecuzione, accoglieva l’istanza avanzata ai sensi dell’art. 671 c.p.p. da Z.R. e riconosceva la continuazione tra i reati oggetto delle sentenze di condanna: (a) a quattro anni, otto mesi di reclusione e Euro 2.000,00 di multa, pronunziata a seguito di giudizio abbreviato dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Napoli il 22.3.2004 e confermata dalla Corte d’appello di Napoli quale giudice di rinvio il 27.11.2009, per i reati di cui all’art. 416 bis c.p.; art. 629 cpv. c.p.; artt. 718 e 719 c.p.;

commessi negli anni (OMISSIS); (b) a nove anni di reclusione e Euro 1.500,00 di multa, pronunziata a parziale riforma della sentenza di primo grado dalla Corte d’appello di Napoli il 10.2.2009, per il reato di cui all’art. 629 cpv. c.p., aggravato ai sensi del D.L. n. 152 del 1991, art. 7, commesso dal (OMISSIS).

Rideterminava per l’effetto la pena ai sensi dell’art. 81 c.p. in complessivi dodici anni di reclusione e Euro 2.500,00 di multa, così calcolando: pena base, per il più grave reato, individuato in quello oggetto della sentenza sub b, nove anni di reclusione e Euro 1.500,00 euro di multa; pena a titolo di continuazione per i reati oggetto della sentenza sub a), emessa a seguito di giudizio abbreviato, pari a tre anni di reclusione e Euro 1.000,00 di multa, derivante dalla somma, ridotta di un terzo, delle pene di due anni e Euro 800,00 per il reato di cui all’art. 629 cpv. c.p.; di un anno e sei mesi e Euro 500,00 per il reato di cui all’art. 416 bis c.p.; di un anno e Euro 200,00 per i reati di cui all’art. 81 cpv. c.p., artt. 718 e 719 c.p..

2. Ricorre Z.R. a mezzo del difensore, avvocato Gustavo Pansini, chiedendo l’annullamento della ordinanza impugnata.

Denunzia violazione di legge (in riferimento all’art. 81 c.p. e art. 671 c.p.p.) e vizio di motivazione dolendosi della erronea individuazione del reato più grave e, conseguentemente, della pena posta a base del calcolo per la rideterminazione della pena. La Corte d’appello avrebbe erroneamente fatto riferimento alla circostanza che una delle due sentenze era stata pronunziata a seguito di giudizio abbreviato, con ciò disattendendo l’orientamento consolidatosi attraverso una pronunzia delle Sezioni Unite per il quale il reato più grave deve essere individuata con riferimento alla pena edittale.

3. Il ricorso veniva fissato per l’udienza camerale del giorno 1.3.2011. All’esito il Collegio rinviava per la deliberazione al 12.4.2011. 4. La difesa produceva quindi note, datate 29.3.2011, in replica alle richieste del Procuratore generale, nelle quali osserva:

– la denunzia di violazione di legge, con riferimento all’individuazione del reato più grave, era riferita alla errata considerazione della maggiore gravità sulla base di criteri contingibili e variabili, anzichè sulla base della pena edittale;

– nello specifico, dunque, la riduzione della pena inflitta per uno dei reati a seguito del giudizio abbreviato, non poteva in alcun modo rifluire sul giudizio di gravità;

– andava all’opposto considerato che uno dei due reati era precedente alla modifica legislativa che aveva innalzato la pena edittale, con la conseguenza che non poteva prescindersi dalla circostanza della diversa sanzione (e implicitamente della diversa gravità) riferibile a volontà del legislatore;

– tale essendo il criterio da seguire, secondo la consolidata giurisprudenza di legittimità, con riguardo all’istituto dell’art. 81 c.p., non poteva ammettersi la legittimità di una deroga ad opera dell’art. 187 disp. att. c.p.p., introdotto con decreto legislativo, vuoi per il rispetto della gerarchia tra fonti vuoi per l’irragionevole discriminazione che ne deriverebbe a scapito di chi si veda riconosciuta la continuazione soltanto in fase esecutiva;

– occorreva di conseguenza adottare un’interpretazione conforme a canoni costituzionali di eguaglianza, ragionevolezza e soggezione alla legge;

– nell’eventualità che detta interpretazione non fosse ritenuta praticabile, si eccepiva l’illegittimità costituzionale dell’art. 187 disp. att. c.p.p. (che Impone al giudice dell’esecuzione di considerare "violazione più grave quella per la quale è stata inflitta la violazione più grave, anche quando per taluni reati si è proceduto con giudizio abbreviato"), per contrasto con l’art. 3 Cost. – per l’irrazionalità del differente vincolo, normativo e giudiziario, posto, in relazione alla medesima posizione, rispettivamente nel giudizio di cognizione e nella fase dell’esecuzione posto – con l’art. 101 Cost. – perchè stando alla norma denunziata il giudice dell’esecuzione sarebbe svincolato dalla legge e soggetto soltanto alla decisione di altri giudici.
Motivi della decisione

1. Osserva il Collegio che il ricorso appare infondato.

Il giudice dell’esecuzione ha correttamente individuato la pena base in quella, di anni nove di reclusione e Euro 1.500,00 di multa, inflitta per il delitto di estorsione aggravata oggetto della sentenza di condanna divenuta definitiva per prima, che, essendo altresì aggravato ai sensi del D.L. n. 152 del 1991, art. 7, era non soltanto quello per il quale era stato già in sede di cognizione inflitta la pena più severa, ma anche quello edittalmente più grave.

Ha quindi correttamente rideterminato la pena a titolo di continuazione per ciascuno dei restanti reati giungendo a complessivi quattro anni e sei mesi di reclusione e Euro 1.500,00 di multa e procedendo quindi, solo per detti reati, alla diminuzione di un terzo in considerazione del fatto che la condanna per essi era stata pronunziata a seguito di giudizio abbreviato. Soltanto a tale effetto è stata dunque evocata la specialità del rito; e il ricorrente non ha davvero ragione nè interesse per dolersene.

2. Le esposte considerazioni rendono altresì evidente l’assoluta mancanza di pertinenza e rilevanza delle deduzioni svolte con la memoria difensiva, per altro inammissibilmente depositata non prima dell’udienza, nei termini di cui all’art. 611 c.p.p., ma successivamente a questa, nelle more del rinvio della deliberazione ex art. 615 c.p.p., comma 1.

Basterà a tale proposito rimarcare che il reato posto a base della continuazione era ed è, tuttora, il reato edittalmente più grave in quanto aggravato dal D.L. n. 152 del 1991, art. 7. 3. Il ricorso non può dunque che essere rigettato e al rigetto consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.

La Corte, a scioglimento della riserva assunta il 1 marzo 2011, rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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