Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 28-09-2011, n. 19832 rapporto di lavoro

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza del 4 novembre 2008 la Corte d’Appello di Bari ha confermato la sentenza del Tribunale di Bari del 6 febbraio 2007 con la quale, in accoglimento della domanda di T.F., la s.r.l. Ferrovie del Sud Est è stata condannata al pagamento in suo favore della somma di Euro 1.758,86 a titolo di differenza di trattamento di fine rapporto conseguente all’inclusione nella base di calcolo, dell’indennità di presenza giornaliera di cui all’Accordo del 21 maggio 1981. La Corte territoriale ha motivato tale sentenza disattendendo l’assunto dell’appellante secondo cui l’indennità di presenza sarebbe un compenso nuovo denominato indennità di produttività istituita temporaneamente per particolari esigenze dovute a carenze di organico, sulla base dell’esame sia dell’assunto del ricorrente che dei conteggi analitici prodotti, da cui risulta che l’indennità in questione è collegata all’effettiva presenza del lavoratore. La Corte territoriale ha pure rilevato che va applicato il principio di onnicomprensività della retribuzione sancito dall’art. 2121 cod. civ. nel testo anteriore alla L. n. 297 del 1982, con conseguente nullità delle clausole contrattuali che escludono la computabilità dì indennità corrisposte in via continuativa dal calcolo del TFR, salvo espresse deroghe non rilevabili negli accordi sindacali che disciplinano la materia. Inoltre la Corte d’Appello ha poi riconosciuto l’applicabilità dell’art. 2120 cod. civ. nella formulazione antecedente all’innovazione legislativa intervenuta con la L. n. 297 del 1982 Ferrovie del Sud Est e Servizi Automobilistici s.p.a. propone ricorso per cassazione avverso detta sentenza articolandolo su tre motivi.

Resiste con controricorso il T..

Ferrovie del Sud Est e Servizi Automobilistici s.p.a. ha presentato memoria eccependo la nullità dell’avverso controricorso.
Motivi della decisione

Con il primo motivo si deduce motivazione insufficiente in ordine a circostanza decisiva per la risoluzione della controversia con riferimento alla natura dell’indennità di presenza che, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte d’Appello, costituirebbe una particolare e diversa indennità intesa a compensare un maggiore e temporaneo impegno del personale a fronte di carenze di organico come risulterebbe dal testo dell’accordo aziendale del 24 maggio 1986 che, essendo successivo al 1982, legittimamente contiene deroghe alla clausola derogatoria al principio di onnicomprensività della retribuzione.

Con secondo motivo si lamenta violazione degli artt. 1362 e 1367 cod. civ. In particolare si lamenta l’erronea interpretazione della disciplina contrattuale che avrebbe espressamente escluso ogni onere aggiuntivo alla previsione dell’indennità in questione a riprova della volontà di escluderla dalla base di calcolo del TFR. Con terzo motivo si lamenta violazione degli artt. 6 e 24 del CCNL 23 luglio 1976 degli autoferrotranvieri. In particolare si deduce che, a voler applicare l’art. 2120 cod. civ. nella sua vecchia formulazione, dovrebbe considerarsi che, nei confronti dei dipendenti delle imprese esercenti pubblici esercizi di trasporto, non si applicava la disciplina dell’indennità di anzianità ma quella dell’indennità di buonuscita di cui agli artt. 6 e 24 CCNL citato, per cui dovevano essere compresi nella base di calcolo di tale istituto solo i compensi espressamente indicati nel contratto collettivo stesso.

La ricorrente, con la memoria presentata ex art. 378 cod. proc. civ., ha eccepito la nullità del controricorso per violazione dell’art. 370 cod. proc. civ. essendo stato notificato in luogo diverso dal domicilio eletto. Tale eccezione è infondata. In tema di ricorso per cassazione, infatti, è nulla la notificazione del controricorso non già, come previsto dall’art. 370 cod. proc. civ., al domicilio dal ricorrente eletto nel ricorso bensì presso il procuratore non domiciliatario, giacchè in tal caso l’atto risulta consegnato, in violazione dell’art. 160 cod. proc. civ., a persona diversa da quella cui doveva essere effettuata; peraltro, alla declaratoria di nullità non può farsi luogo, ai sensi dell’art. 156 c.p.c., u.c., laddove lo scopo cui l’atto è destinato risulti comunque raggiunto, come nel caso in esame, in cui il ricorrente ha replicato al contenuto dell’atto, a tale stregua dimostrando di averne avuto piena conoscenza (Cass. 22 marzo 2005 n. 6152).

Il primo motivo del ricorso è ammissibile in quanto contiene una formale censura della sentenza impugnata relativa alla natura dell’indennità d presenza contestando la relativa motivazione sul punto. Il motivo è tuttavia infondato. Il carattere della continuatività di un determinato compenso non può essere concepito in modo assoluto, ma deve essere valutato in relazione alla particolare natura di ciascun compenso. Ne consegue che deve considerarsi fornita di tale carattere l’indennità di presenza corrisposta, in base alla disciplina aziendale, in quanto essa, ancorchè erogata nelle sole giornate di effettiva presenza, è casualmente correlata all’ordinaria prestazione lavorativa. La suddetta indennità, pertanto, è computabile nel trattamento di fine rapporto quale compenso continuativo causalmente collegato alla normale attività del lavoratore.

Anche il secondo motivo è infondato. Gli accordi aziendali non possono prevedere l’esclusione di un compenso dal trattamento di fine rapporto in deroga al principio dell’onnicomprensività della retribuzione di cui all’art. 2120 cod. civ., comma 2 anche nel testo novellato dalla L. n. 297 del 1982, se non in modo non indiretto ma chiaro ed univoco. Nel caso in esame la ricorrente deduce solo la previsione di cui all’art. 4 dell’accordo aziendale 24 maggio 1986 secondo cui gli importi da erogare in applicazione dell’accordo stesso, non possono comportare oneri riflessi sugli istituti contrattuali e di legge vigenti. La ricorrente intende dedurre da tale previsione una indiretta previsione di esclusione dell’indennità contrattuale dal computo del TFR in modo indiretto che, per il principio sopra enunciato, non costituisce modalità idonea per la deroga al suddetto principio dell’onnicomprensività della retribuzione.

Il terzo motivo è parimenti infondato. Come correttamente affermato dalla Corte territoriale, la precedente disciplina di cui all’art. 2120 cod. civ. anteriore all’entrata in vigore della L. n. 297 del 1982 è stata abrogata e sostituita da tale legge che, all’art. 4, espressamente prevede, fra l’altro, che sono abrogate tutte le norme di legge o aventi forza di legge che disciplinano le forme di indennità di anzianità, di fine rapporto e di buonuscita comunque denominate e da qualsiasi fonte disciplinate, e, nei casi in cui norme di legge o aventi forza di legge o clausole di contratti collettivi richiamino gli istituti di cui all’art. 4, comma 10 (indennità di anzianità, di fine rapporto e di buonuscita comunque denominate), il richiamo deve comunque intendersi riferito al trattamento di fine rapporto. Pertanto non appare corretta l’argomentazione della ricorrente relativa all’applicabilità della disciplina dell’indennità di buonuscita di cui al CCNL del 23 luglio 1976 per il periodo anteriore all’entrata in vigore della L. n. 297 del 1982.

Al rigetto del ricorso, peraltro conforme a SS.UU. 13 dicembre 2007, n. 26096 – consegue la condanna della società ricorrente al pagamento delle spese di giudizio liquidate in dispositivo.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; Condanna la società ricorrente alla rifusione delle spese del presente giudizio di cassazione che liquida in Euro 30,00 oltre Euro 2.000,00 (duemila/00) per onorari oltre spese generali, IVA e CPA. Così deciso in Roma, il 5 luglio 2011.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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