Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 07-04-2011) 25-05-2011, n. 20935 Revoca e sostituzione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1 – C.D. ricorre contro ordinanza del Tribunale di Caltanissetta, che ha rigettato il suo appello avverso l’ordinanza del GIP che aveva respinto la sua richiesta di sostituzione della misura di custodia cautelare in carcere (art. 416 bis c.p.p.) con la misura meno grave degli arresti domiciliari, per la dedotta incompatibilità delle sue condizioni di salute.

Il Tribunale ha premesso che il D.A.P. aveva consigliato che il detenuto fosse trasferito in idoneo Centro penitenziario a fini terapeutici. Il Perito nominato dal GIP ha diagnosticante "disturbo dell’adattamento con ansia ed umore depresso (sindrome reattiva alla carcerazione) in soggetto distimico affetto da cefalea a grappolo".

Il C.T. di parte ha sostenuto l’esistenza di "un’emergenza di tipo psicologico che richiederebbe, e con urgenza, un adeguato trattamento psicoterapico e psicopedagogico", significando "che la permanenza in carcere non facilita certamente e per molti versi appare controindicata".

E, in osservanza di giurisprudenza (Cass, Sez. 6, n. 34433/2010 conf. a Sez. 1, n. 12716/08) ha ritenuto in effetti suggerito da entrambi gli esperti il ricovero di C. presso Comunità terapeutica assistita e che, al momento attuale, anche in assenza di suggerimenti, risulta specificamente idonea la Casa Circondariale "Lorusso e Cutugno" di (OMISSIS).

Il ricorso (Avv. A. Impellizzeri) deduce "mancanza e manifesta illogicità di motivazione" perchè il Perito ha in sostanza escluso la cura proficua in carcere. Ha dunque errato il GIP nel trasferire l’indagato in diverso istituto perchè "non esiste un centro clinico ad hoc", viepiù che il Tribunale ha travisato che "l’istante, continuando a permanere presso la struttura psichiatrica, possa mettere in atto altri tentativi di suicidio", come ha ripetuto il C.T.. Le terapie già apprestate presso il carcere di (OMISSIS) sono, difatti, risultate inadeguate e l’ordinanza tace circa la scelta degli arresti domiciliari, nella prospettiva che il ricorrente circondato dagli affetti più cari avrebbe potuto scegliere la comunità terapeutica più confacente.

2 – Il ricorso è infondato ed al limite del consentito.

Il Tribunale ha ritenuto che non vi è incompatibilità decisiva delle condizioni dell’indagato con lo stato di detenzione, posto che ne è intanto possibile la cura nell’Istituto nel quale si trova dopo il trasferimento disposto dal GIP, in quella che risulta "idonea struttura penitenziaria" (cfr. Cass., Sez. 5, n. 2297/08), come peraltro già rilevato da questa Corte in caso analogo (cfr.: Cass. Sez. 5, R.G. 2535/10), perchè dotata di reparto specialistico per il monitoraggio e la cura di "patologie di natura psichiatrica".

Pertanto l’obiezione relativa alle specifiche condizioni, psichiche non solo fisiche, del ricorrente risulta infondata.

Manifestamente infondata, oltre che ripetitiva della tesi di merito ritenuta apodittica nelle conclusioni oltre che infondata dal Tribunale, risulta la censura conclusiva del ricorso.

Gli affetti familiari non sono sufficienti a garantire la terapia prospettata come necessaria dagli esperti, nella mera ipotesi di rinvenire una "struttura confacente".

Viceversa, fermo il controllo del magistrato di sorveglianza, in caso di eventuale inidoneità terapeutica i competenti organi dell’amministrazione penitenziaria, responsabili dell’assistenza e cura del detenuto, debbono provvedere al ricovero esterno, espressamente contemplato dall’ordinamento penitenziario (art. 11;

cfr.: Cass., Sez. 5, R.G. 14212/07).
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento: manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p..

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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