Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 07-04-2011) 25-05-2011, n. 20893

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1 – D.R. ricorre contro sentenza del Tribunale di Pescara, che ha confermato la sua condanna con generiche ad Euro 200,00 di multa ed al risarcimento dei danni per i reati di cui all’art. 638 c.p., di danni al cane appartenente a D’.An. da lei colpito a calci e minaccia nei confronti dello stesso D’.

("devo ammazzare il cane ed il padrone"), a fronte del reato reciproco di percosse di D’..

Le prove poggiano oltre che su dichiarazioni degli offesi, di propri familiari e del veterinario.

Il ricorso (avv. P. Battisti) deduce:

1 – erronea applicazione di legge perchè i testi presenti hanno prospettato due dinamiche completamente diverse dei fatti, ritenute complementari dal Giudice di pace, sicchè si sarebbe dovuto applicare l’art. 530 cpv c.p.p., e perchè la pena appare eccessiva, in quanto computata nel massimo, forse in vista dell’indulto;

2 – mancanza ed illogicità di motivazione della sentenza di appello, che travisa che il Giudice di pace ha riconosciuto la posizione di parte dei testi, onde si sarebbe dovuto giungere alla formula assolutoria di cui all’art. 530 cpv. c.p.p..

2. Il ricorso è inammissibile.

Prima che ripetitivo dei postulati, manifestamente infondati e ripetitivi della tesi di fatto, è generico.

Non prende conto alcuno della puntuale analisi svolta dal Giudice di pace che, fatta propria dal Tribunale, si fonda per quanto riguarda i danni al cane, anzitutto sulle attestazioni del veterinario.

La condotta tenuta ai danni del cane spiega il contesto in cui si cala la minaccia, cui segue l’offesa reciproca di D’..

La condanna è dunque contestata con riferimenti di principio astratti dalla realtà evidente, ripetutamente presa in conto.

Oltre il ricorso travisa che la pena prescritta per il procedimento avanti al giudice di pace relativamente al delitto di cui all’art. 638 c.p., comma 1 varia da Euro 258,00 ad Euro 2.582,00 in alternativa alla permanenza domiciliare ed quella del lavoro di pubblica utilità.
P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ed alla somma di Euro 1000,00 alla Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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