Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 06-04-2011) 25-05-2011, n. 20817 Violenza sessuale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

In parziale riforma della decisione del primo Giudice, la Corte di Appello di Milano, con sentenza, 25 marzo 2010, ha ritenuto H. T. responsabile del reato continuato di atti sessuali con A.S. minore degli anni quattordici e – concesse le attenuanti generiche e quella del fatto di minore gravità ed applicata la diminuente per il rito abbreviato – lo ha condannato alla pena di anni tre e mesi quattro di reclusione.

A sostegno della conclusione,la Corte ha ritenuto attendibile il racconto accusatorio della vittima (cha ha riferito di atti sessuali subiti in tre occasioni nel (OMISSIS)) in quanto assolutamente credibile, genuino, coerente, privo di connotazioni di livore o di vendetta. La Corte ha escluso che il minore avesse potuto fraintendere dei gesti normali assolutamente privi di connotati sessuali; inoltre, il bambino aveva subito riferito i fatti ai parenti e, per l’ultimo reato (dopo il quale era apparso molto scosso ed agitato), l’imputato non ha negato un contatto fisico, pur dando una sua personale e lecita interpretazione. Per l’annullamento della sentenza, l’ H. ha proposta ricorso per Cassazione deducendo:

– che i Giudici non hanno sottoposto la narrazione del minore al doveroso controllo che era necessario in carenza di riscontri oggettivi;

– che la Corte ha escluso l’intento calunniatorio, ma non ha tenuto presente che i bambini possono raccontare cose non vere che ritengono tali per suggestione, manipolazione, fraintendimento o perchè interrogati in modo inidoneo; e tale situazione può essere determinata nelle interviste familiari subite dal minore;

– che manca una perizia psicologica sulla parte lesa che potesse escludere elaborazioni fantastiche della vittima;

– che l’episodio (OMISSIS) è sfornito di ogni tipo di riscontro, quello del (OMISSIS) è stato raccontato dal minore alla madre ed al fratello con modalità differenti e quello del (OMISSIS) è frutto di un macroscopico fraintendimento del ragazzo circa la natura del contatto;

– che la Corte non ha tenuto presente la genesi della notizia di reato (che proviene dall’imputato che intendeva dolersi delle affermazioni calunniose del padre della vittima).

– che non è congrua la motivazione sul quantum della pena.

E’ appena il caso di ricordare come la testimonianza dei bambini, specie se vittime di reati sessuali, debbano essere sottoposte ad un vaglio critico di particolare rigore in quanto molte variabili possono influire sulla attendibilità di questo fragile dichiarante, Sul punto, studi sulla memoria hanno evidenziato come i bambini in età infantile siano vulnerabili alle suggestioni e, se interrogati in maniera suggestiva o con inopportune domande inducenti, tendano a compiacere l’interlocutore ed a rispondere adeguandosi alle sue aspettative. Inoltre il bambino piccolo non è soggetto che padroneggia i propri processi cognitivi, segue percorsi narrativi che oscillano tra realtà e fantasia per cui non è in grado di decodificare i ricordi veri da quelli immaginati.

Pertanto, la tesi difensiva ha una sua astratta plausibilità; tale conclusione non esonera dal verificare se sia attuale nella concreta ipotesi che ci occupa nella quale è necessario effettuare una valutazione differenziata del compendio probatorio e delle dichiarazioni della giovane vittima in rapporto ai tre contestati episodi.

Per l’ultimo occorre tenere presente l’età non propriamente infantile di S. (che aveva dodici anni all’epoca del fatto) che lo rende poco influenzatole da eventuali comportamenti manipolatori o influenze eteroindotte degli adulti di riferimento. Inoltre , il minore ha riferito subiti e spontaneamente l’accaduto ai genitori che nulla sospettavano (e che, pertanto non avevano ragione di intervistarlo con domande inducenti) nei termini con cui lo ripeterà in seguito ; di conseguenza, nessuna evidenza consente di concludere che il ragazzo abbia riferito fatti in modo inesatto perchè manipolato. Pure da escludere è la tesi che il racconto sia frutto di una confabulazione di S. che, per la sua età anagrafica, era in possesso degli strumenti cognitivi e linguistici per descrivere i fatti ed era perfettamente in grado di distinguere la realtà vissuta da quella immaginata. Sempre per la ricordata ragione, è da scartare la prospettazione difensiva di un fraintendimento, da parte del minore, di un contatto fisico occasionale e lecito; la precisa trama narrativa del ragazzo, logica e plausibile, sullo snodarsi dell’episodio porta a concludere per un contatto fisico, in parti intime, intenzionale ed a sfondo erotico.

Non si dimentichi, a conforto della attendibilità del minore, che i suoi racconti sono sempre stati in sintonia con i sentimenti dimostrati (pianto, emozione) che difficilmente sono simulabili. Nè è ipotizzabile che S. abbia in modo consapevole reso dichiarazioni diverse dal vero. Sia la vittima sia i suoi genitori non avevano motivi di rancore nei confronti dell’imputato al quale erano legati da rapporti amichevoli di vecchia data ed anche la mancata costituzione di parte civile appalesa un uso non strumentale della giustizia; pertanto, non è sostenibile l’ipotesi di una calunnia del giovane o dei suoi familiari.

Per le esposte considerazioni, il convincimento della Corte di Appello sulla responsabilità dell’imputato per l’episodio del 2008 non merita censure in quanto sorretto da un apparato argomentativo congruo ed esaustivo.

A differente conclusione si deve pervenire per i residui reati.

S., a distanza di molti anni ha riferito di un toccamento dell’imputato (avvenuto quando aveva circa sei anni) nella parte basse della sua schiena precisando che l’atto non era casuale, ma libidinoso In presenza di questa tardiva rivelazione, i Giudici non si sono posti il problema della possibilità che il ragazzo, alla luce dell’ultimo accadimento, abbia posto in essere una rielaborazione ricostruttiva del vecchio ricordo interpretando la traccia mnenistica, che conservava del contatto fisico, come atto di valenza sessuale.

La tematica era di notevole rilievo dal momento che necessitava verificare se S., nonostante la nota amnesia infantile, potesse conservare intatto un ricordo tanto lontano nel tempo e se fosse in grado di dare all’atto un retroattivo connotato sessuale che non aveva percepito nell’immediato.

Per l’episodio nel (OMISSIS), il racconto effettuato da S., subito dopo il fatto, alla madre ed al fratello è riferita da costoro in maniera assolutamente divergente. La prima ricorda di un urto che il piccolo ha subito da parte dell’imputato mentre scendeva le scale ed il secondo di un episodio analogo a quello per cui si procede; i Giudici non hanno dato conto di queste diversificate versioni e del motivo per il quale quella della madre fosse inattendibile.

Se, poi, fosse esatta la narrazione del fratello (ripresa da S. al dibattimento) non è dato comprendere la ragione per la quale i familiari non abbiano preso iniziative per proteggere il bambino e per impedirgli di frequentare da solo la casa dell’imputato (ove è avvenuto l’ultimo episodio).

Anche per questo reato, è opportuno verificare se il ricordo di S. si sia conservato valido nel tempo o se sia stato contaminato da una sovrapposizione causata dalla violenza sessuale patita.

Pertanto, la Corte annulla la impugnata sentenza con rinvio ad altra Sezione della Corte di Appello di Milano perchè i nuovi Giudici effettuino un ulteriore vaglio sulla affidabilità della giovane vittima, relativamente ai reati del (OMISSIS); di conseguenza rimane impregiudicata ogni questione in punto pena.
P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla ritenuta responsabilità per i fatti addebitati come commessi nel (OMISSIS) con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Milano per un nuovo esame; rigetta nel resto il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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