Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 01-04-2011) 25-05-2011, n. 20887

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

rale in persona del Dott. IZZO Gioacchino, che ha concluso per l’inammissibilità.
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Propone ricorso per cassazione C.N. avverso la sentenza della Corte di appello di Messina in data 22 marzo 2010 con la quale è stata confermata quella di primo grado, di condanna per i delitti di tentato furto di un’auto e di furto di oggetti contenuti nel relativo abitacolo, commessi nel (OMISSIS).

Deduce:

1) Il vizio di motivazione per non avere la Corte considerato che quando fu riconosciuto dal M. si trovava a passare nel luogo ove il furto era in corso di consumazione ad opera di terzi;

2) La violazione di legge per non essere state concesse le attenuanti in regime di prevalenza;

3) Il mancato proscioglimento ai sensi del capoverso dell’art. 530 c.p..

Il ricorso è inammissibile.

L’art. 581 c.p. richiede che i motivi di gravame aggrediscano i punti o capi della sentenza impugnata e quindi consistano nella illustrazione delle ragioni in fatto e in diritto sulle quali si basa la censura alla sentenza impugnata.

Nel caso di specie l’impugnante prescinde del tutto dalle argomentazioni poste fondamento della decisione dei giudici dell’appello i quali hanno attribuito decisivo rilievo al fatto che l’appuntato M., il quale ben conosceva per ragioni di servizio il ricorrente, gravato infatti da precedenti penali anche specifici, lo aveva individuato come responsabile della azione e lo aveva visto fuggire a bordo di un ciclomotore, perdendo anche un cacciavite.

Sulla base di tale ineccepibile argomentazione appaiono dunque del tutto generiche le affermazioni della difesa che chiede, oltretutto, alla cassazione la valorizzazione di una circostanza di fatto (l’essere stato, l’imputato, di passaggio) che certamente non può essere devoluta al giudice della legittimità.

Manifestamente infondata si rivela dunque anche la terza censura mentre la richiesta di diverso bilanciamento delle attenuanti non può, per le stesse ragioni individuate sopra, essere devoluta alla cognizione del giudice della sola legittimità.

Alla inammissibilità consegue, ex art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al versamento, in favore della cassa delle ammende, di una somma che appare equo determinare in Euro 500.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ed a versare alla cassa delle ammende la somma di Euro 500.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *