Cons. Stato Sez. III, Sent., 25-05-2011, n. 3144 Regolamenti

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. L’appellato, già ricorrente in primo grado, cittadino kosovaro (Serbia) entrato irregolarmente in Italia, aveva chiesto il riconoscimento dello status di rifugiato.

L’apposita Commissione si è pronunciata in senso negativo e l’interessato ha proposto ricorso al Tribunale Civile. Ha inoltre fatto richiesta al Prefetto di Trieste per ottenere un permesso temporaneo di soggiorno, per la durata del giudizio civile, come previsto dall’art. 17 del d.P.R. n. 303/2004.

Il Prefetto ha respinto la domanda, con una motivazione pertinente ai criteri indicati nel citato art. 17.

2. L’interessato ha proposto ricorso al T.A.R. Friuli-Venezia Giulia, lamentando il difetto di motivazione, ovvero l’incongruità della motivazione dell’atto prefettizio impugnato.

Il T.A.R., con la sentenza ora appellata, ha accolto il ricorso dell’interessato, osservando, in sintesi, che il provvedimento appariva, bensì, coerente con il disposto dell’art. 17 del regolamento n. 303/2004, ma che le disposizioni regolamentari, al contrario, non sono coerenti con quelle della norma primaria: in concreto l’art. 1-ter, comma 6, del decreto legge n. 416/1989, come modificato, da ultimo dall’art. 32 della legge n. 189/2002.

Di conseguenza il T.A.R. ha ritenuto di dover "disapplicare" il regolamento, e conclusivamente accogliere il ricorso annullando l’atto impugnato.

3. L’Amministrazione dell’Interno appella la sentenza del T.A.R., deducendo innanzi tutto che non si poteva "disapplicare" il regolamento, stante la mancanza non solo di una domanda in questo senso, ma altresì di una qualsivoglia censura riferita alla (supposta) illegittimità del provvedimento. In secondo luogo deduce che non si ravvisa un vero contrasto fra la legge e il regolamento, sicché quest’ultimo non può essere considerato illegittimo.

L’interessato non si è costituito.

4. I termini del problema sono i seguenti.

L’art. 1-ter, comma 6, del decreto legge n. 416/1989, come modificato, da ultimo dall’art. 32 della legge n. 189/2002, dispone che nel caso che il diniego di riconoscimento dello status di rifugiato venga impugnato davanti al Tribunale civile, l’interessato può chiedere al Prefetto un permesso temporaneo per la durata del giudizio. Il regolamento emanato con d.P.R. n. 303/2004 indica i criteri, assai restrittivi, in base ai quali il Prefetto deve esaminare tale richiesta. Il T.A.R. ha ritenuto che operando in tal modo il regolamento abbia eccessivamente ristretto i margini della discrezionalità attribuita dalla legge al Prefetto. Donde l’illegittimità e la disapplicazione del regolamento.

In proposito, il T.A.R. ha osservato anche che la norma primaria prevede l’emanazione di un regolamento attuativo avente per oggetto altri aspetti della normativa, ma non quello di cui si discute.

5. Il Collegio osserva che l’art. 17, comma 1, della legge n. 400/1988 attribuisce in via generale al governo il potere di adottare regolamenti, da emanare con d.P.R., per l’attuazione delle norme di legge; si ritiene comunemente che la potestà regolamentare sussista e possa essere esercitata anche quando nella legge che si vuol attuare manchi una espressa previsione in tal senso.

La previsione espressa occorre, invece, a norma dello stesso art. 17, comma 2, per i regolamenti detti di "delegificazione" e, a norma del comma 3, per i regolamenti emanati nella forma del decreto ministeriale o interministeriale.

Di conseguenza, anche se si vuole ammettere che nella legge n. 416/1989 i riferimenti ad un emanando regolamento non attengano al problema di cui ora si discute, non per questo si deve ritenere insussistente la potestà regolamentare.

D’altra parte, lo stesso T.A.R. afferma che la norma primaria attribuisce al Prefetto una discrezionalità molto estesa, senza indicarne in alcun modo i criteri. Orbene, pare questa proprio una situazione nella quale è consentito al governo emanare disposizioni regolamentari rivolte a disciplinare l’esercizio della discrezionalità dettandone i criteri. Una delle funzioni tipiche della fonte regolamentare è infatti quella di fornire i criteri orientativi della discrezionalità attribuita dalla legge alla pubblica amministrazione.

6. Escluso, quindi, che la disposizione regolamentare in questione sia stata emessa in carenza di potere, rimane l’ipotesi che il regolamento possa apparire comunque viziato quanto al merito delle scelte che esso esprime.

Ma questo genere di vizi, come correttamente dedotto dall’appellante Avvocatura dello Stato, doveva semmai formare oggetto di una specifica impugnativa da parte del ricorrente; il che non è stato fatto.

7. In conclusione, l’appello deve essere accolto e la sentenza del T.A.R. dev’essere annullata.

Si ravvisano giusti motivi per compensare le spese dell’intero giudizio.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto,

accoglie l "appello e, per l’effetto, annulla la sentenza impugnata.

Spese compensate per l’intero giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *