T.A.R. Abruzzo L’Aquila Sez. I, Sent., 25-05-2011, n. 293 Servizi pubblici

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Alla gara in oggetto hanno presentato domanda di partecipazione soltanto la ricorrente e l’aggiudicataria.

La ricorrente veniva quindi esclusa poiché la relazione descrittiva del servizio contenuta nella busta relativa all’offerta tecnica consisteva di 241 cartelle, superiore al massimo di 30 previsto dal bando.

La stazione appaltante disattendeva la diffida della ricorrente diretta a riformare in autotutela il provvedimento e ad escludere la controinteressata sul presupposto che la stessa gestiva in affidamento diretto da parte di altra amministrazione servizi analoghi a quelli oggetto di gara.

Con il primo motivo di ricorso si deduce la violazione dell’art. 113 d.lg. 267 del 2000, posto che l’essere affidataria diretta di servizi analoghi avrebbe dovuto condurre all’esclusione della controinteressata (6° comma), non potendo la partecipazione essere consentita dall’essere quella in questione la prima gara indetta dalla stazione appaltante (comma 15quater), come invece ritenuto dall’amministrazione, visto che tale eccezione opera, secondo l’interpretazione prevalente, unicamente per la prima gara indetta dalla stessa amministrazione che aveva conferito l’affidamento.

Con il secondo motivo si sostiene che l’aggiudicataria dovesse essere comunque esclusa per non aver prodotto la dichiarazione attestante il possesso da parte del direttore tecnico dei requisiti di ordine generale di cui all’art. 38 d.lg. 163/2006.

Si è costituito in giudizio il Consorzio resistente che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Resiste anche l’impresa aggiudicataria che ha preliminarmente eccepito l’inammissibilità del ricorso in quanto la ricorrente, esclusa dalla gara in forza di atto non impugnato, sarebbe priva di legittimazione. Ha comunque insistito per il rigetto dell’impugnazione, essendo inapplicabile alla fattispecie la previsione di cui al richiamato art. 113.

2. Il collegio rileva che l’ammissibilità del ricorso, sostenibile sulla base dei principi affermati da Ad. Plen. 11 del 2008, viene ora rimessa in discussione alla luce di Ad. Plen. 4 del 2011, che ha ritenuto che la mera partecipazione (di fatto) alla gara non sia sufficiente per attribuire la legittimazione al ricorso, visto che la situazione legittimante costituita dall’intervento nel procedimento deriva da una qualificazione di carattere normativo, che postula il positivo esito del sindacato sulla ritualità dell’ammissione del soggetto ricorrente alla suddetta procedura. Cosicché, la definitiva esclusione o l’accertamento della illegittimità della partecipazione alla gara impedisce di assegnare al concorrente la titolarità di una situazione sostanziale che lo abiliti ad impugnare gli esiti della procedura selettiva, esito che rimane fermo in tutti i casi in cui l’illegittimità della partecipazione alla gara è definitivamente accertata, sia per inoppugnabilità dell’atto di esclusione, sia per annullamento dell’atto di ammissione.

In applicazione di tali principi, che il collegio non ha ragione di mettere in discussione scaturendo gli stessi da un’articolata riconsiderazione dell’orientamento formatosi a seguito della citata Ad. Plen. 11 del 2008, il ricorso in esame è quindi inammissibile. L’impresa ricorrente, infatti, è stata esclusa dalla gara con provvedimento ormai inoppugnabile e non ha pertanto la legittimazione a contestare il successivo sviluppo del procedimento, essendo stato esplicitamente escluso dalla richiamata decisione che la presenza di due sole ditte concorrenti possa mutare i termini della questione.

Può comunque incidentalmente considerarsi, riguardo al merito, che la più recente giurisprudenza del Consiglio di Stato (sez. V, 1° aprile 2011, n. 2012), ha esplicitamente escluso che l’art. 23bis, comma 9, d.l. 112/2008, come modificato dall’art. 15 d.l. 135/2009 (norma che preclude l’acquisizione della gestione di servizi ulteriori, con o senza gara, ai soggetti che gestiscono servizi pubblici locali ad essi affidati senza il rispetto dei principi dell’evidenza pubblica: cfr. Cons. St., sez. VI, 16 febbraio 2010, n. 850), applicabile ratione temporis alla fattispecie, possa trovare applicazione anche nelle gare, come quella in esame, che abbiano ad oggetto il mero appalto di un servizio.

"Partendo dalla nozione comunemente accolta da dottrina e giurisprudenza del servizio pubblico locale (in contrapposizione a quella di appalto di servizi)", è stato osservato che tale natura va riservata "a quelle attività che sono destinate a rendere un’utilità immediatamente percepibile ai singoli o all’utenza complessivamente considerata, che ne sopporta i costi direttamente, mediante pagamento di apposita tariffa, all’interno di un rapporto trilaterale, con assunzione del rischio di impresa a carico del gestore (cfr., fra le tante, Corte di giustizia CE, sez. III, 15 ottobre 2009, C196/08, Acoset; Cass. civ., sez. un., 15 giugno 2009, n. 13892; Cons. St., sez. V, 5 dicembre 2008, n. 6049)". Il requisito essenziale della nozione di servizio pubblico locale sta quindi nel fatto "che il singolo o la collettività abbiano a ricevere un vantaggio diretto e non mediato da un certo servizio, escludendosi, di conseguenza, che ricorre sevizio pubblico a fronte di prestazioni strumentali a far sì che un’amministrazione direttamente o indirettamente, possa poi provvedere ad erogare una determinata attività. In quest’ultimo caso si parla, infatti, di mero appalto di servizi e non di servizio pubblico locale", caratterizzato dal carattere bilaterale del rapporto e dall’assenza di qualunque diretto beneficio dell’utenza.

Il che porta ad escludere che il "mero appalto di servizi" rientri nell’ambito di operatività dell’art. 23 bis, che riguarda, invece, "l’affidamento e la gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica, nell’intento di garantire, da una parte, la più ampia diffusione dei principi di concorrenza e, dall’altra, un’adeguata tutela degli utenti, sicché non trova applicazione laddove il servizio dedotto in contratto non sia qualificabile come servizio pubblico locale".

La decisione in parola ha espressamente disatteso l’affermazione secondo cui, anche se quello oggetto di gara non fosse qualificabile come servizio pubblico locale bensì come appalto di servizi, nulla muterebbe rispetto al divieto di svolgere lo stesso e ciò per espressa previsione legislativa ("né svolgere servizi o attività per altri enti pubblici…né partecipando a gare"), visto che "tale interpretazione estensiva della norma si pone in contrasto con tutto l’impianto normativo dell’art. 23 bis e con la ratio stessa della norma", stabilendo il primo comma che le disposizioni del suddetto articolo "disciplinano l’affidamento e la gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica", sicché ne è esclusa l’applicazione agli appalti di servizi, trovando tale conclusione conferma "nella costante giurisprudenza che ha chiarito che solo in presenza di servizi pubblici locali si può applicare la speciale disciplina sancita prima dall’art. 113 e successivamente dall’art. 23 bis che lo ha di fatto sostituito".

Anche nella fattispecie in esame, al pari di quella richiamata, il rapporto si instaura infatti esclusivamente tra amministrazione appaltante ed appaltatore dei servizi senza in alcun modo coinvolgere la collettività, tant’è che la remunerazione è interamente a carico dell’amministrazione e non grava sugli utenti; ugualmente il rischio per la gestione del servizio è assunto dalla stazione appaltante e non si riflette sull’appaltatore che è remunerato a prestazione. Tale caratteristica è comune sia all’oggetto della gara che ai servizi a suo tempo affidati direttamente alla controinteressata: in entrambi i casi l’impresa non è chiamata a gestire un pubblico servizio, nell’accezione anzidetta, bensì a svolgere per conto delle amministrazioni le attività affidate e come tali remunerate.

Mentre, rispetto al secondo motivo, è stato chiarito che le cariche di direttore tecnico e legale rappresentante della controinteressata sono cumulate in un unico soggetto, che ha reso la dichiarazione in ordine al possesso dei requisiti di carattere generale di cui all’art. 38 del codice dei contratti.

3. Le spese di giudizio possono essere comunque interamente compensate tra le parti alla luce del suddetto recente cambio di indirizzo sulla questione pregiudiziale e delle perplessità indotte dalla formulazione della norma sostanziale applicabile alla fattispecie.
P.Q.M.

definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo dichiara inammissibile. Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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