T.A.R. Abruzzo Pescara Sez. I, Sent., 25-05-2011, n. 325 Concessione per nuove costruzioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

o Paola per il Comune resistente;
Svolgimento del processo

La sig.ra M.L.C., avendo variato la destinazione d’uso da cantina ad abitazione del piano seminterrato di un edificio di suo proprietà sito in Pescara in via D’Avalos, 223, con istanza presentata il 28 marzo 1986 ha chiesto il rilascio di concessione edilizia in sanatoria ai sensi del capo IV della L. 28 febbraio 1985, n. 47. Tale richiesta è stata accolta ed il Dirigente del Settore edilizia privata del Comune ha assentito la concessione edilizia in sanatoria 27 aprile 2005, n. 6944, rilevando, tra l’altro, che – pur essendo l’edificio ricompreso nella Riserva naturale di interesse provinciale "Pineta Dannunziana", nel frattempo istituita con le LL.RR. 96/2000 e 19/2011 – non era richiesto, in relazione all’abuso da sanare, il parere dell’organo di gestione della Riserva.

Con il ricorso in esame la società ricorrente, che aveva acquistato nel 1999 l’immobile in questione, è insorta dinanzi questo Tribunale avverso la nota 15 febbraio 2008, n. 2291, con la quale il Dirigente dell’Area tecnica urbanistica del Comune di Pescara le ha comunicato che era in corso di riesame la concessione edilizia in sanatoria, in quanto era stata erroneamente ignorata la circostanza che il fabbricato era ubicato all’interno della predetta Riserva, per cui ha chiesto di far pervenire copie autentiche delle originarie planimetria catastali di tutti i piani del fabbricato per poter poi acquisire il parere del Comitato di Gestione della riserva.

Ha dedotto le seguenti censure:

1) che l’atto impugnato, che presupponeva l’avvenuto annullamento d’ufficio della concessione in sanatoria, non era stato preceduto dalla comunicazione di avvio del procedimento di autotutela;

2) che tale comunicazione avrebbe dovuto essere inviata anche alla sig.ra Cucullo, dante causa della ricorrente;

3) che non era stato assunto un espresso provvedimento di annullamento d’ufficio della concessione e che tale annullamento era privo di idonea motivazione;

4) che l’Amministrazione, in sede di rilascio della concessione in sanatoria, aveva in realtà considerato che l’edificio era ubicato all’interno della Riserva; peraltro, il parere del Comitato di Gestione della Riserva non era necessario in quanto si trattava di una variazione d’uso che non aveva modificato il volume, l’altezza e/o l’ingombro del fabbricato;

5) che, in ogni caso, era ingiusto gravare il privato della inerzia del Comune, che aveva atteso venti anni prima di esaminare la domanda, relativa ad un fabbricato che ben quindici anni dopo esecuzione delle opere da sanare era stato incluso nella Riserva.

Il Comune di Pescara si è costituito in giudizio e con memoria depositata l’11 aprile 2011 ha pregiudizialmente eccepito l’inammissibilità del ricorso in quanto l’atto impugnato era in realtà privo di contenuto provvedimentale; nel merito, dopo aver evidenziato che la concessione in sanatoria non era stata annullata, ha poi diffusamente confutato il fondamento delle censure dedotte.

La parte ricorrente con memoria di replica depositata il 20 aprile 2011 ha contestato tale eccezione.

Alla pubblica udienza del 12 maggio 2011 la causa è stata trattenuta a decisione.
Motivi della decisione

Il ricorso in esame – così come puntualmente eccepito dalla Amministrazione resistente – è inammissibile per essere diretto avverso un atto endoprocedimentale privo di diretta capacità lesiva.

Premesso che in base all’art. 100 del codice di procedura civile, applicabile anche al processo amministrativo, può ritenersi sussistente l’interesse a ricorrere solo quando si sia verificata una lesione, diretta ed attuale, della situazione soggettiva protetta, va rilevato che la giurisprudenza amministrativa ha costantemente escluso l’immediata impugnabilità degli atti endoprocedimentali perché privi di autonoma capacità lesiva, con la sola esclusione di quelli che producono un definitivo arresto procedimentale.

Ciò posto, va, innanzi tutto premesso che – così come ha espressamente chiarito il Comune – la concessione edilizia in sanatoria 27 aprile 2005, n. 6944, assentita alla dante causa della società ricorrente non è mai stata annullata dell’ufficio; mentre, con l’atto impugnato l’Amministrazione, al fine di sanare eventuali possibili vizi di legittimità che avrebbero potuto inficiare la legittimità di tale titolo edilizio (in quanto era stata erroneamente considerata la circostanza che il fabbricato era ubicato all’interno della predetta Riserva), si è limitata a comunicare di aver dato inizio ad un procedimento di riesame di tale concessione edilizia in sanatoria, per cui ha chiesto all’attuale proprietaria dell’immobile di far pervenire copie autentiche delle originarie planimetria catastali di tutti i piani del fabbricato per poter poi acquisire il parere del Comitato di Gestione della riserva.

Tale atto impugnato, ad avviso del Collegio, è un atto privo di diretta capacità lesiva.

Quanto, invero, alla circostanza che era stato inizio ad un procedimento di riesame della concessione in parola (che avrebbe potuto concludersi o con un atto di annullamento d’ufficio o con un atto di sanatoria del titolo edilizio in questione), va osservato che tale atto ha, come unica funzione, quella di portare a conoscenza del soggetto destinatario del futuro provvedimento amministrativo l’inizio nei suoi confronti dell’iter procedimentale all’esito del quale, mediante l’adozione dell’atto conclusivo di tale sequenza, si potrebbero produrre effetti giuridici pregiudizievoli per la sua situazione giuridica soggettiva. È, dunque, solo quest’ultimo provvedimento che, ove assunto, dovrà essere impugnato perché è l’unico dal quale potrebbero derivare effetti lesivi per il suo destinatario (T.A.R. Lazio, sede Roma, sez. III, 7 giugno 2010, n. 15699).

Di conseguenza l’atto con cui si è dato inizio ad un procedimento non è di certo idoneo a produrre alcuna lesione agli interessi del destinatario, in quanto tale lesione può, in ipotesi, derivare solo dall’atto conclusivo del procedimento (annullamento d’ufficio), che nella specie è pacifico che non sia ancora intervenuto.

Quanto, invece, alla richiesta di integrazione documentale, va ricordato che per costante giurisprudenza anche di questa Sezione (cfr., da ultimo, le sentenze 23 settembre 2011, n. 196, e 11 gennaio 2011, n. 22) il ricorso giurisdizionale proposto avverso tale richiesta non può non essere dichiarato inammissibile in quanto tale atto è privo di attuale lesività della situazione giuridica dell’interessato. Infatti, la richiesta di integrazione documentale formulata nell’ambito del procedimento sopra indicato è un mero atto interlocutorio, non avente alcuna efficacia lesiva immediata e quindi non è impugnabile, con conseguente inammissibilità del ricorso proposto.

Alla luce delle suesposte considerazioni il ricorso in esame deve, conseguentemente, essere dichiarato inammissibile.

Sussistono, tuttavia, in relazione alla complessità della normativa applicabile alla fattispecie e delle questioni interpretative che tale normativa pone, giuste ragioni per disporre la totale compensazione tra le parti delle spese e degli onorari di giudizio.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Abruzzo – Sezione staccata di Pescara (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile.

Spese compensate.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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