T.A.R. Calabria Reggio Calabria Sez. I, Sent., 25-05-2011, n. 446 Amministrazione pubblica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

to nel verbale;
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Nell’odierno giudizio, il Comune di Giffone (RC) impugna il piano di ridimensionamento della rete scolastica, nella parte in cui prevede l’accorpamento didattico ed amministrativo delle scuole del Comune stesso con i plessi di Anoia/Maropati, stabilendo un’unica dirigenza scolastica presso il Comune di Anoia.

Deduce (I) la violazione e falsa applicazione dell’ art. 2, comma 3 e 7 e dell’art. 3, comma 8 del DPR n. 233 18 giugno 1998, recepiti nell’art. 68 della LR Calabria 18 del 12 giugno 2009 (in quanto il Comune, interamente con territorio montano, avrebbe avuto diritto alla deroga degli indici di riferimento ed avrebbe quindi dovuto mantenere l’autonomia della propria sede scolastica), nonchè (II) la disparità di trattamento ed irrazionalità dei criteri di determinazione delle autonomie scolastiche (in quanto ad altri Comuni con popolazione scolastica di poco superiore, pur non avendo un territorio interamente montano è stata mantenuta l’autonomia), ed infine (III) eccesso di potere e violazione di legge (per violazioni di procedimento sotto diversi profili).

Si è costituito il Ministero intimato che resiste al ricorso, di cui chiede il rigetto.

Alla pubblica udienza del 4 maggio 2011 la causa è stata trattenuta in decisione.

Ad una più meditata disamina della fattispecie, nonostante l’istruttoria disposta con ordinanza nr.83 del 15 dicembre 2010, il ricorso si rivela affidato ad argomenti che non trovano la condivisione del Collegio, per come anche ritenuto con una precedente decisione del Tribunale, resa in fattispecie similare a quella odierna (TAR RC 17 novembre 2010, nr. 1330).

I) Invero, quanto all’aspetto relativo alla deroga degli indici derivanti dalla qualità di "comune montano" (I censura), il Tribunale ha avuto modo di chiarire che tale deroga spetta solo a quei Comuni (già) classificati (o comunque classificabili come) "montani" ai sensi della legge 25 luglio 1952, n. 991, perché "la legislazione scolastica…sia pur indirizzata a finalità di salvaguardia delle specificità delle aree montane, si pone in un rapporto di specialità rispetto alla generale normativa di tutela delle zone montane, optando per una definizione di comune montano molto più rigorosa, collegata ai contenuti del vecchio art.1 della legge 991/52, ed impermeabile all’evoluzione normativa che ha contraddistinto la generale salvaguardia del territorio montano".

In questo senso, a seguito dell’istruttoria appositamente disposta con la richiamata ord. nr. 83/10, è emerso che, effettivamente, il Comune ricorrente è classificato totalmente montano ai sensi della l. 991/1952. Tuttavia, la deroga non può egualmente concedersi, perché, a norma dell’art. 2 comma 3 del DPR 233/98, essa è condizionata alla sussistenza di almeno 300 alunni, circostanza che, nella fattispecie in esame non solo non è stata comprovata, ma è esclusa proprio dalle stesse deduzioni di parte ricorrente.

Più precisamente, in diritto si deve osservare che l’art. 2, comma 2 del DPR 233/98, al fine di acquisire o mantenere la personalità giuridica gli istituti di istruzione, sancisce l’obbligo del rispetto di specifici indici assunti (espressamente) dal legislatore come "termini di riferimento per assicurare l’ottimale impiego delle risorse professionali e strumentali" (e cioè una popolazione, consolidata e prevedibilmente stabile almeno per un quinquennio, compresa tra 500 e 900 alunni).

Tali parametri, nei Comuni montani ed ai fini del riconoscimento dell’autonomia didattica ed amministrativa, possono essere ridotti non oltre il limite di 300 alunni, limite che costituisce, secondo una corretta esegesi della norma (che non contiene alcun riferimento che consenta di attribuire all’indicazione numerica un valore meramente indicativo e non precettivo), una indicazione tassativa e non derogabile ulteriormente dall’Amministrazione, neppure in forza delle diverse ed ulteriori disposizioni contenute nel medesimo art. 2 al comma 7 (come sarà meglio oltre chiarito).

Trattandosi di una disposizione cogente, perché espressiva di un giudizio di valore reso dal legislatore, che individua un punto di equilibrio nella disciplina tra le esigenze generali e quelle per le quali la deroga può essere accordata, il suo rispetto è elemento costitutivo della fattispecie che fonda la pretesa azionata in giudizio, e dunque la prova che nell’organizzazione della rete scolastica – che costituisce il bene della vita che il Comune mira a tutelare – tale limite è rispettato o è assicurabile va assolta da parte di chi ne invoca l’applicazione.

Non solo tale prova, nello specifico contesto dell’odierno giudizio, non è fornita, ma è addirittura la stessa parte ricorrente che, nella trattazione del secondo motivo di gravame, afferma che dai dati rilevati dagli allegati alla delibera n. 444 del 30 dicembre 2008 della Giunta Provinciale la popolazione scolastica del Comune di Giffone è pari a n. 280 alunni.

La censura non è sorretta neppure dal richiamo alla pur diversa previsione contenuta nell’art. 68 della LR 18/2009, secondo la quale (recependo le analoghe previsioni di cui all’art. 2 comma 7 del DPR 233/98) nei Comuni il cui territorio è per almeno un terzo montano ed in cui le condizioni di viabilità sono disagevoli, sono concesse deroghe agli indici di riferimento.

Gli indici di riferimento che possono essere derogati, secondo il comma 7 dell’art. 2 del DPR 233/98, sono infatti pur sempre quelli di cui al menzionato comma 2, ossia i parametri generali che si sono richiamati prima, non quelli di cui al comma 3 che dei primi costituisce, a sua volta, deroga.

La disposizione in esame va, quindi, coordinata con il più volte menzionato comma 3 dell’art. 2 del DPR 233/98, il quale pone un limite numerico inderogabile che non può essere ulteriormente diminuito: nella corretta esegesi del rapporto tra le due diverse previsioni, il comma 7 dell’art. 2, cit. e l’art. 68 della LR 18/2009 hanno solo il valore di estendere la platea soggettiva dei Comuni che possono ottenere deroghe agli indici di riferimento (rispetto a quelli elencati nell’art. 2 comma 3 del DPR 233/98 già esaminati), perché non reca alcuna disciplina circa i limiti ed i contenuti di tali deroghe (che quindi va ricavata dalle altre disposizioni esistenti, tra le quali si annovera l’imposizione del limite minimo di n. 300 alunni con valore cogente e inderogabile).

Peraltro, a diversamente ritenere, si dovrebbe opinare che in un settore così densamente disciplinato in tutti i suoi aspetti dal legislatore, questa previsione andrebbe tradotta in una "delega" in bianco all’Amministrazione per il dimensionamento della rete scolastica, con evidente deficit del principio di tassatività e di legalità dell’azione amministrativa.

Per questi motivi, il ricorso sul punto è infondato e va respinto.

II) Quanto all’aspetto relativo alla violazione delle garanzie procedimentali, le censure sono parimenti da respingersi, perché nel procedimento in esame la fase della partecipazione e del contraddittorio tra gli Enti ed i Comuni interessati va assicurata al livello della sottoprogrammazione provinciale.

In questo senso, mancando specifica disposizione in proposito nella normativa di riferimento, alla deliberazione regionale trova applicazione il principio proprio degli atti generali di programmazione il cui procedimento, ai sensi dell’art. 3 comma 2 ed art. 13 della l. 241/90, non è soggetto alla partecipazione degli interessati, né ad uno specifico obbligo di motivazione in tal senso.

Più precisamente, si deve tenere presente che la ratio di escludere dalla funzione generale di programmazione della PA l’istituto della partecipazione nel procedimento amministrativo tipica dei provvedimenti ordinari è quella di contemperare l’esigenza di effettività delle attività generali e di programmazione che, stante la molteplicità dei suoi destinatari, da un lato rende arduo il compito di individuare gli eventuali interessati immediati e diretti di essa, dall’altro rischia di rendere eccessivamente appesantita una attività che è profondamente discrezionale e, come tale, si deve poter svolgere secondo un rigoroso apprezzamento di tutti gli interessi in gioco.

Questa esigenza di ordine generale è, poi, contemperata con le specificità di ogni singolo settore della PA dal legislatore che, volta per volta, prevede, a titolo di deroga, una espressa disciplina di organizzazione della partecipazione di settore, aperta ad enti rappresentativi o anche ai privati, a seconda dei casi, e che può essere variamente modulata.

Nel procedimento in esame, la partecipazione è assentita agli Enti locali ed a tutti i soggetti scolastici mediante un meccanismo territoriale di rappresentanza intermedia e comprensoriale, ossia mediante l’attività di esame e proposta che è affidata alla Provincia. Quest’ultima si esprime attraverso la deliberazione del proprio Consiglio, da assumersi previo un procedimento corale che è disciplinato, a livello nazionale, secondo il modello già proprio dell’art. 3 del DPR 233/98, e, nella legislazione regionale della Calabria, secondo le disposizioni di cui all’art. 139 della LR 34/02.

In base a quest’ultima disposizione è nella fase dell’ istruttoria in sede Provinciale che va assicurato il "concerto", e dunque la partecipazione ai Comuni del comprensorio, e così il coinvolgimento di "tutti i soggetti scolastici interessati", i quali, pertanto, sono legittimati a far valere contro il piano regionale definitivo i vizi di legittimità derivanti dal mancato recepimento della proposta elaborata con il loro apporto, ma non certo un autonomo diritto di partecipazione alla formazione del Piano regionale nel procedimento finale, posto in essere dopo la deliberazione del Consiglio provinciale, e ciò, naturalmente, ferma restando la legittimazione di quest’ultimo organo ad impugnare la programmazione regionale, nella parte in cui la reputi difforme dalla proposta a suo tempo licenziata e voglia far valere anche il difetto di motivazione rispetto alla propria deliberazione o la violazione del modulo procedimentale, che prevede l’obbligo per la Regione di acquisirne il parere, nel caso in cui intenda discostarsene (nel caso di specie, la Provincia non ha posto in essere alcuna controdeduzione a tale proposito).

III) La natura pianificatoria e generale dell’atto impugnato consente, poi, di ritenere che non è configurabile il vizio di disparità di trattamento per motivi sostanzialmente analoghi a quelli che la giurisprudenza ha individuato in relazione alla pianificazione urbanistica, e cioè per la ragione che, in sede di pianificazione, l’ambito di valutazione è troppo ampio per poter paragonare tra di loro la diverse situazioni, le quali presuppongono interessi sociali, territoriali ed organizzativi comunque non sovrapponibili (cfr. in tema di urbanistica, T.A.R. Sicilia Catania, sez. I, 07 luglio 2010, n. 2849, secondo cui la valutazione dell’idoneità delle aree a soddisfare, con riferimento alle possibili destinazioni, specifici interessi urbanistici, costituisce esercizio di potere di scelta, rispetto al quale non è ipotizzabile quell’identità di posizioni soggettive ed oggettive che costituisce il presupposto indispensabile per poter configurare, tra i vari soggetti interessati, il vizio di eccesso di potere per disparità di trattamento).

Peraltro, il vizio di disparità di trattamento è invocato a fronte di situazioni nelle quali i Comuni asseritamente oggetto di disposizioni di favore sono tutti con popolazione superiore ai 300 alunni (AfricoMontagna con 325, BagaladiSan Lorenzo con 367, Natile di CareriMontagna con 302) e quindi, già solamente per questo, rientrando nello schema della deroga di cui al più volte menzionato art. 2, comma 8 del DPR 233/89, si trovano in una condizione che non è possibile parificare o comparare con quella dell’odierno ricorrente.

Per tutte queste ragioni, dunque, il ricorso è infondato e come tale va respinto; la complessità della fattispecie, peraltro, costituisce giustificata ragione per disporre la piena compensazione delle spese di lite tra le parti.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria Sezione Staccata di Reggio Calabria

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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